Con un mese di ritardo rispetto a quasi tutto il resto del mondo, arriva finalmente anche nei cinema italiani Oppenheimer, l'attesissimo dodicesimo lungometraggio dietro la macchina da presa di Christopher Nolan. Il successo dell'ultimo film del regista inglese, dopo le prime quattro settimane di programmazione internazionale, è inequivocabile: 722 milioni di dollari incassati a fronte di un budget di 100 milioni (a cui aggiungere una cifra equivalente per le spese in marketing e pubblicità).
Solo un regista come Nolan sarebbe potuto riuscire a ottenere un risultato del genere, vale a dire incassi da blockbuster di successo con un film di oltre tre ore in buona parte in bianco e nero, pieno zeppo di dialoghi veloci e incalzanti e con i caratteristici salti in avanti e indietro nel tempo ormai abituali per il cineasta londinese. Un film senz'altro di non facile fruizione, per molti aspetti diverso dalle produzioni nolaniane degli ultimi 15 anni ma che ha convinto e coinvolto la gran parte della critica e del pubblico internazionali. Vediamo allora insieme quali sono le opinioni della redazione di Movieplayer.
La recensione di Antonio Cuomo
[...] Oppenheimer è la storia personale del personaggio storico che dà il titolo al film, quel Julius Robert Oppenheimer che ha condotto il Progetto Manhattan e viene considerato il Padre della bomba atomica. Ma è bene specificarlo da subito, anche se gli appassionati ed estimatori di Nolan dovrebbero saperlo: il film non ha la forma o i limiti del biopic classico, ma una costruzione narrativa che rifugge la linearità e il racconto pedissequo di eventi reali. È piuttosto un puzzle che spazia da un piano temporale all'altro, da un momento storico all'altro, per comporre il mosaico della figura che va a raccontare, dei presupposti e le conseguenze dell'opera di cui si è reso responsabile. [...]
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Le opinioni della redazione
L'energia della verità tra fissione e fusione narrativa
Quando un nucleo atomico pesante decade emette una quantità impressionante d'energia. È quello che in poesia si dice dei giganti: che quando rovinano al suolo, il colpo si avverte ovunque. Quando una goccia cade in uno stagno, le onde si propagano in modo piuttosto evidente.
Mettendo da parte la sua formazione intellettuale degli inizi, quando non sapeva ancora bene cosa essere, umanamente troppo fragile e culturalmente arrogante, nel raccontare vita e crescita di Oppenheimer il film di Christopher Nolan prende un nucleo caratteriale con una densità socio-politica ormai elevata e lo bombarda di quesiti e accuse atte a un impoverimento strutturale e funzionale della sua figura, scindendolo in nuclei narrativi di massa inferiore, ognuno di essi correlato all'altro. Ma un nucleo pesante più lo colpisci e più genera potenza, anche se invisibile all'occhio umano, intrinseca, analoga a una forza di tipo etico e morale pronta a implodere ed esplodere insieme.
La verità. Questa, di fatto, è l'energia radioattiva che Nolan tenta di liberare con la sua ultima e portentosa fatica; tanto su chi fosse concretamente il fisico "che portò la meccanica quantistica in America", quanto sulle paure, le ipocrisie e le contraddizioni di un paese che mentre lottava contro i nazisti già si preoccupava dei comunisti, tentando di aumentare il proprio arsenale senza timore "di usare qualsiasi arma in loro possesso, anche la peggiore".
Lo fa mediante un processo cinematografico votato alla causa, introducendo il contraltare della fusione alla fissione, lasciando scontrare il nucleo Strauss contro quello di Oppie per arrivare a quella nuova verità alla base di tutto, persino del mondo per come oggi lo conosciamo, cambiato nel profondo dal Progetto Manhattan, prima reazione a catena di una propagazione di massa delle armi atomiche, tante gocce in bilico incerto su di uno stagno.
Un incubo che noi - soprattutto oggi - viviamo giorno dopo giorno ad occhi aperti, mentre Nolan al suo Oppie consapevole e inorridito decide di farglieli chiudere, testimoniando concretamente le sue profetiche parole: che un futuro di questo tipo è semplicemente inimmaginabile. Eppure noi ci viviamo dentro.
(Luca Ceccotti)
Voto: ☆☆☆☆ ½
Una reazione a catena che diventa qualcosa di inarrestabile
Nelle mani di Christopher Nolan Oppenheimer diventa un film enorme, maestoso, complesso, il ritratto di una figura controversa, con mille sfaccettature, un film che si prende il tempo e lo spazio per raccontarle tutte. La bomba atomica ha preso vita dalle idee di Oppenheimer, ma è nata attraverso il lavoro e le scelte di tante persone, scienziati e poi politici. La storia è raccontata su vari spazi temporali, partendo dai suoi studi di fisica in Europa e introducendo una serie di personaggi che all'inizio ci stordiscono e ci confondono. Ma che non sono altro che quei legami tra elementi che porteranno a quella "reazione a catena" che è stata la nascita della bomba atomica.
L'esplosione atomica a Hiroshima e Nagasaki nel film non si vede mai. Ma quelle deflagrazioni devastanti sono ovunque. Immaginate, sognate, evocate. E poi portate per sempre dentro di sé come un incubo, un fantasma. In questo senso è emblematica la scena in cui Oppenheimer annuncia alle persone che vivono a Los Alamos dell'attacco alle due città dei Giappone. Mentre parla al pubblico, in sottofondo cominciamo ad avvertire i rumori sinistri dell'esplosione, il crepitio delle fiamme. Poi nella stanza arriva il bagliore accecante creato dal fuoco e le ustioni cominciano ad apparire sulla pelle dei presenti. È una visione da incubo in cui le conseguenze della bomba passano per la mente dello scienziato e arrivano ai nostri occhi.
Il cinema di Christopher Nolan è stato sempre centrato sul vedere e sul non vedere. E in questo senso una delle scene chiave è l'esplosione della bomba atomica nel test Trinity, a Los Alamos. A parte un attimo, la vediamo prima negli occhi di chi guarda, le persone presenti al test. Vediamo il loro stupore, la meraviglia, l'euforia. Si sono messi gli occhiali scuri, i vetri oscurati davanti agli occhi, si sono nascosti dietro le finestre o dietro un parabrezza. Ma non riescono a non guardare. Solo dopo averla vista attraverso i loro volti vediamo l'esplosione, il fuoco indimenticabile. Altissimo, denso, montante. Inarrestabile.
(Maurizio Ermisino)
Voto: ☆☆☆☆
Christopher Nolan: 6 scene iconiche di 6 capolavori del regista di Oppenheimer
Nolan al massimo è un Nolan al contrario
Arrivato alla dodicesima pellicola, Christopher Nolan decide di adattare una delle biografie più chiacchierate dei circuiti hollywoodiani e sfida la sua stessa idea di cinema, ribaltando il senso spaziale del blockbuster così come lo ha ideato.
Un'operazione, quella dell'organizzazione dello spazio come misura concettuale, che porta avanti da diversi film, cercando di legarlo all'altra forza che l'ha sempre ossessionato, il tempo.
Oppenheimer, prima di essere un film che testimonia un momento storico di rinnovata tensione atomica e un trattato sull'origine del mondo contemporaneo, è un ritratto intimo e intimista dell'archetipo del protagonista nolaniano.
Sfumato in mezzo ad un mondo diviso per colori. Fedele in mezzo agli scienziati. Amante in mezzo ai mariti. Solo in mezzo agli uomini. Per questo osannato, seguito, sfidato e poi invidiato, inquisito, rinnegato, umiliato. Infine ricordato.
Cillian Murphy interpreta un Prometeo moderno schiacciato da dilemmi morali di statura divina, raccontato secondo una doppia linea narrativa che contiene le tracce del suo terribile miracolo.
Quella scelta per il film è una messa in scena quasi teatrale, pensata per tentare di trasportare tutta la potenza del cinema del cineasta britannico all'interno di un solo uomo, fino a renderlo a sua volta spazio per l'esplosione stessa della bomba atomica. La magnificenza esplosiva che mira all'estetica, allo stupore, alla catarsi immaginativa si trasfigura così in senso concettuale, divenendo esistenziale, filosofica, ma comunque, se non di più, epidermica e significativa.
Così il profeta dagli occhi spiritati viene fatto, al fine, mondo, metafora e allegoria.
Il suo è il volto in cui leggere i peccati che hanno segnato il nostro passato e le paure che potrebbero indirizzare il nostro futuro.
Un film fondamentale per questi anni.
(Jacopo Fioretti)
Voto: ☆☆☆☆ ½
Un biopic originale e stimolante, ma un po' troppo verboso e freddo
Christopher Nolan è uno di quei registi nati per stupire e spiazzare. Proprio quando, nell'ultimo decennio abbondante, ci aveva abituati a blockbuster d'autore pieni d'azione e molto complessi sul piano della gestione della dimensione temporale (in alcuni casi anche fin troppo cerebrali e autocompiaciuti), con Oppenheimer, pur confermando la propria passione per la narrazione non lineare, si cimenta per la prima volta nel film biografico. Il dodicesimo lungometraggio di Nolan però, come si può facilmente immaginare, è ben lontano dall'essere un biopic tradizionale: il regista londinese racconta la storia dello sviluppo della prima bomba atomica nell'ambito del Progetto Manhattan guidato da Robert Oppenheimer giocando su più situazioni e piani temporali e puntando moltissimo - forse troppo - su dialoghi incalzanti e in diverse occasioni un po' verbosi.
Il risultato è un film molto apprezzabile per come si prefigge di proporre un approccio originale al film biografico ma anche a tratti difficile da seguire (il rischio di perdersi nelle varie "digressioni" è concreto) e soprattutto privo di quelle componenti emotive ed empatiche che sarebbero state necessarie per sostenere adeguatamente la durata di 3 ore e 7 minuti. In ogni caso, siamo di fronte a un'opera stimolante, con un'interpretazione maiuscola del protagonista Cillian Murphy e almeno un paio di sequenze magistrali che da sole valgono il prezzo del biglietto.
(Luca Ottocento)
Voto: ☆☆☆ ½
Christopher Nolan ha dato fuoco all'atmosfera
La sequenza centrale, in cui viene detonata la bomba atomica "di prova", nel bel mezzo delle terre sacre ai nativi americani (quindi violate), è la summa dell'intero cinema di Christopher Nolan. Un momento spartiacque, tanto per la Storia del genere umano, quanto per la poetica del regista britannico che, dopo Dunkirk (tutt'ora il suo miglior film, almeno per chi scrive), si cimenta raccontando un altro anfratto - molto meno nobile, e tristemente molto più significativo - della Seconda Guerra Mondiale. Nel farlo, si concentra sugli occhi di una figura talmente complessa che non bastano le tre ore di Oppenheimer per delimitare le sue ossessioni, le sue scoperte, la sua insana spregiudicatezza morale e scientifica. Questo, però, è (per fortuna) un film: la Storia ha ampiamente giudicato (e continuerà a farlo) J Robert Oppenheimer, e allora Christopher Nolan sceglie un approccio sbilenco, riferendosi ad un doppio binario temporale che si alterna nel solito montaggio incrociato. Ben presenti, in un bianco e nero che si alterna, gli occhi del protagonista, quasi sempre al centro della scena. Sono gli occhi di Cillian Murphy, volutamente a disagio nei completi troppo larghi dello scienziato, a ritmare l'umore di una pellicola pensata per il cinema, senza che abbia, se non per il Trinity Test, la giusta esplosività visiva. Non c'è dubbio, parafrasando la più grande paura dello scienziato, che Nolan abbia "dato fuoco all'atmosfera" con un film maestoso, enorme, complesso nei suoi riverberi artistici e morali. Dall'altra parte, Oppenheimer, dietro una montagna di parole, risulta davvero potente solo quando si sofferma sull'intimità, sui fantasmi e sui dubbi, spezzando una certa freddezza tonale e riflettendo, con eccellente linearità, sui concetti di giusto e di sbagliato.
(Damiano Panattoni)
Voto: ☆☆☆ ½
Aspettando Oppenheimer: 7 film che hanno raccontato la minaccia atomica
Oppenheimer: un film maestoso, poliedrico e mutevole
Immagini potenti come solo Nolan sa fare, questo è Oppenheimer, un film dove il sonoro è importante tanto quanto i dialoghi. Nel dividere idealmente la pellicola in tre parti il regista, che ha fatto della narrazione non lineare il suo marchio di fabbrica, gioca non solo con lo spettatore, come sua consuetudine, ma con i generi, confezionando un lungometraggio poliedrico e mutevole. Non è il Christopher Nolan cervellotico e intricato di Inception ma intatta è comunque la sua cifra stilistica usata a servizio di una figura tanto controversa quanto affascinante: il ritratto di un uomo ambiguo e sfuggente oltre che di un'America in cui la sanguinosa fine di una guerra spalanca le porte ai conflitti del futuro. Anche se con qualche problema di ritmo in alcuni segmenti, Oppenheimer è sinonimo di un cinema ancora in grado di affascinare, un cinema non semplice, maestoso e seducente.
(Erika Sciamanna)
Voto: ☆☆☆☆
La relatività di Nolan
Che fosse tutta una questione di relatività, Nolan lo aveva già abbondantemente raccontato. Certo, principalmente poiché ossessionato dal tempo, ma in realtà sono molti altri gli esempi presenti nella sua filmografia che ricadono in questa analisi (il sonno e la veglia, l'uomo e la maschera, la morte e la rinascita, la magia e la finzione...). In Oppenheimer il tutto viene condensato e fatto esplodere, guarda un po', alla massima potenza. Abbiamo a che fare con un eroe o un traditore? Un fisico o un militare? Un padre di famiglia o un donnaiolo? Un costruttore di pace o un distruttore di mondi? Chi è Julius Robert Oppenheimer? Probabilmente è l'insieme di tutte le sue caratteristiche, i suoi affetti, le sue sfumature, i suoi difetti. A seconda di chi, come, quando, dove e perché lo si incontri, raccoglie al suo interno le complessità e la totalità di un mondo non più capace di riconoscersi. Tutto è relativo. Nolan usa quindi il cinema come fosse una tela cubista, mostrandoci ogni singolo dettaglio del totale. Ogni singolo atomo.
(Simone Soranna)
Voto: ☆☆☆☆☆
Il suono assordante di un'esplosione silenziosa
Presentazione; svolta; inganno. È il modello di The Prestige che si ripete, insidiandosi nella forma mentis del cinema di Christopher Nolan, fino a tracciarne i punti cardini della sua ultima opera, Oppenheimer. L'apparato biografico lascia qui spazio a un ripiegamento personale di tempi, spazi e sguardi distribuiti a proprio piacimento dal regista al fine di ingannare ancora una volta lo spettatore. E così, la lunga dialettica che accompagna i primi novanta minuti di Oppenheimer non è altro che la presentazione di fatti, personaggi ed eventi da rivelare sotto nuove forme in un epilogo narrativamente sorprendente, ma emotivamente d'impatto. Perché in questo conto alla rovescia fatto di parole che scorrono in attesa di una bomba lasciata a esplodere in un silenzio assordante, ciò che investe lo spettatore è soprattutto un senso di colpa che lacera l'anima come una scarica di radiazioni. Sono piccoli sintomi di un'umanità che galleggia sulle rive fredde di un cinema razionale. Ma forse è proprio questo il più grande inganno di Nolan: farci credere di assistere a burattinai del fato, corpi apatici trascinati da pensieri, elucubrazioni, tecnicismi e infinite spiegazioni, quando in quel labirinto mentale, tra esplosioni atomiche lasciate nello spazio di un fuori campo, e suoni roboanti sottratti della propria potenza, ciò che implode è un'emotività celata, nascosta, ingoiata da personaggi che si rivelano umani quando meno ce lo aspettiamo; è un'umanità esplosiva e (auto)distruttiva, che tutto prende e investe nella propria onda d'urto... proprio come farebbe una bomba atomica.
(Elisa Torsiello)
Voto: ☆☆☆☆
Oppenheimer, torna il Nolan dei viaggi mentali, anche se terreni
Oppenheimer è un ordigno cinematografico pronto ad esplodere, proprio come la storia (vera) che racconta. Ovvero quella del creatore della bomba atomica e del Trinity Test che doveva servire a determinarne l'efficacia e la portata. Nolan è riuscito ad unire le sue due anime e a mettere in scena un biopic complesso e sfaccettato, che gioca col tempo come aveva fatto in Dunkirk (per rimanere in tema di racconti di guerra) ma anche con l'aspetto legale della vicenda che coinvolgerà il protagonista, magistralmente interpretato da Cillian Murphy, che riesce a donargli quella complessità interiore e quell'eterna lotta che deve aver provato davvero Oppenheimer. Sono davvero tanti i personaggi (e relativi interpreti) presenti nella pellicola, ma proprio come in Barbie nessuno è fuori posto: ognuno col proprio minutaggio (anche quando esiguo) fa esattamente ciò che deve fare ed è esattamente dove deve essere. Tutti lavorano insieme per ottenere il risultato finale, proprio come le parti di una bomba, che non colpisce per l'immediato fragore, ma per il devastante silenzio che fa fischiare le orecchie. E solo in un secondo momento si percepisce il rumore assordante, le urla, la fine. Quando è troppo tardi.
(Federico Vascotto)
Voto: ☆☆☆☆
Il peso di un atomo, il peso di una vita
Chi l'avrebbe mai detto che le lezioni di chimica dei tempi della scuola sarebbero state utili per analizzare un film? Il peso specifico, per esempio.
Dato un campione di un materiale, il rapporto tra il peso e il volume di quel materiale è il suo peso specifico.
L'osmio, per esempio, ha il peso specifico più alto in natura (grazie, Wikipedia!), ma anche l'uranio e il plutonio non scherzano. E, come si vede, il peso di questi due elementi diventa un elemento fondamentale nell'innesco e nell'esplosione della storia, non solo metaforicamente.
Qual è il peso specifico di una vita umana, invece?
Sembra una domanda oziosa, ma ricordiamoci che stiamo parlando di un regista che, sul concetto di gravità, e di come questa alteri tempo e spazio, ha molto da dire.
Quindi prendiamo un campione rappresentativo dell'umanità: intelligente, fragile, complesso, mosso in egual misura da dubbio e ambizione, da ragione e sentimento (poi diamogli gli occhi di Cillian Murphy e, già che ci siamo, circondiamolo pure di attori titanici, perché sì).
Vediamo quanto la sua vita abbia pesato sul mondo.
Quanto le sue decisioni, le sue scelte, abbiano cambiato la vita e il modo di vivere, e di pensare, degli altri.
Poi concentriamoci sul volume della sua esistenza, sullo spazio-tempo che ha percorso. Osservando lo svolgersi degli eventi, come spettatori, da un punto a un altro della sua vita, come se questa fosse una particella subatomica in un sistema quantistico non lineare ma coerente, fatto di contrasti luce/ombra, verità/menzogna, suono/silenzio, vita/morte.
Mettiamo in relazione il peso e il volume dell'esistenza di questo esemplare umano, e avremo, sotto forma di narrazione drammaturgica, un peso specifico fenomenale.
Capace di alterare la realtà, nel senso letterale del termine.
Pensateci: il peso specifico di una sola persona che cambia il mondo, come un singolo atomo che può generare una gigantesca reazione a catena.
Uno spaventoso, bellissimo gioco di prestigio.
(Massimiliano Ciotola)
Voto: ☆☆☆☆ ½