Arriverà in Italia soltanto il 2 settembre, mentre negli USA l'uscita è prevista per il 17 Agosto. Ma è già uno dei più attesi, uno dei must-see della prossima stagione. Operazione U.N.C.L.E. é ambientato nei primi anni '60 ed è basato sulla popolare serie televisiva Organizzazione U.N.C.L.E. (andata in onda dal 1964 al 1968), e vede l'agente della CIA Napoleon Solo (Henry Cavill) opposto ad Illya Kuriakin (Armie Hammer) che invece è una spia del KGB.
Al culmine della Guerra Fredda i due saranno costretti a mettere da parte le ostilità di lunga data ed allearsi nello United Network Command for Law Enforcement (da cui l'acronimo U.N.C.L.E.) per una missione congiunta contro una misteriosa organizzazione criminale internazionale (Technological Hierarchy for the Removal of Undesirables and the Subjugation of Humanity, ovvero T.H.R.U.S.H., tanto per rimanere in ambito di acronimi semplici), intenzionata a destabilizzare il fragile equilibrio del potere attraverso la proliferazione delle armi nucleari e delle tecnologie. L'unica pista del duo è Gaby Teller (Alicia Vikander), la figlia di uno scienziato tedesco scomparso, che è la chiave per infiltrarsi nell'organizzazione criminale. Il film segna il ritorno alla regia di Guy Ritchie, che col suo stile adrenalinico e iper-stilizzato tenta di rinverdire i canoni classici degli spy movie ambientati in piena Guerra Fredda. Look stiloso, un regista di culto che si cimenta con una serie TV super popolare, un cast inedito con un grande potenziale in termini di sex appeal. Abbiamo avuto modo di vedere alcune scene del film in anteprima che hanno confermato la nostra sensazione: dopo questa sbirciatina esclusiva vi diciamo quali sono secondo noi cinque motivi per cui Operazione U.N.C.L.E. si trova di diritto tra i want to see della prossima stagione.
1. E' Guy Ritchie!
Con l'eccezione del remake di Travolti dal destino (ma anche in quello ha saputo distinguersi, un tale flop da diventare praticamente uno scult istantaneo), Guy Ritchie non ha praticamente mai sbagliato un colpo. Dall'esordio folgorante di Lock & Stock - pazzi scatenati bissato dopo due anni da Snatch - Lo strappo, fino al successo planetario di Sherlock Holmes, l'ex mister Madonna è diventato nell'arco di soli sette film un vero e proprio regista di culto; soprattutto uno di quelli il cui stile risulta per qualche motivo inconfondibile e riconoscibile già da pochi semplici fotogrammi, un'estetica che Ritchie ripropone in maniera costante e anche ripetitiva senza mai risultare monotono, prerogativa questa a suo modo dei grandi. Uno stile che è stato capace di mantenere anche quando si è allontanato dal suo mondo prediletto del sottobosco londinese di criminali, piccoli gangster e truffatori, reinventando insieme allo sceneggiatore Lionel Wigram la figura iconica di Sherlock Holmes. E ancora insieme a Wigram ha re-immaginato il mondo delle spie negli anni '60 della serie Organizzazione U.N.C.L.E. dandogli il suo personalissimo tocco: inseguimenti mozzafiato, ritmo serrato e dialoghi irriverenti conditi dall'immancabile black humour, sequenze action iper-stilizzate, una colonna sonora curatissima. Si, bastano pochi fotogrammi per dire che siamo decisamente in un film di Guy Ritchie!
2. Un'inedita coppia di spie
E pensare che il ruolo di Napoleon Solo, "l'agente più operativo della CIA", doveva essere Tom Cruise ad interpretarlo: trattandosi di un film che omaggia e gioca con i canoni classici degli spy movie tradizionali, la presenza di Cruise (che ha rinunciato proprio per girare Mission: Impossible - Rogue Nation) averebbe rappresentato un curioso paradosso. Ma dalle scene viste ci sentiamo di dire che l'inedita coppia formata da Armie Hammer e Henry Cavill non solo appare perfettamente assortita (e visti i 196 centimetri di Armie lo spilungone, per Cruise sarebbe stato un po' un problema tenergli testa), ma rischia di rivelarsi addirittura esplosiva: l'ex ranger solitario e il nuovo Superman sembrano potersela disputare alla grande in termini di atletismo e sex appeal, a giudicare dalle prime scene viste.
3. Il fascino dei Sixties
Il fatto che il film richiedesse la ricostruzione fedele delle atmosfere degli anni '60 in cui era ambientata la serie originale, sembra essere il motivo che all'epoca scoraggiò Steven Soderbergh, inizialmente al timone del progetto, facendogli poi abbandonare definitivamente l'idea di fare il film. Dalle prime immagini, l'ambientazione nei ruggenti anni '60 sembra invece essere uno dei punti di forza e di maggiore appeal del film che si candida decisamente alla palma per il più stiloso dell'anno: i costumi della veterana Joanna Johnston, le scenografie di Oliver Scholl, tra coppole Borsalino ed elegantissimi gilet in doppiopetto, tailleur e tubini coloratissimi e le mitiche Trabant immancabili in qualsiasi ambientazione d'Oltrecortina, il fascino dei sixties è servito e pronto a tornare di moda.
4. Roma non fa' la stupida... di nuovo
Buona parte del film è ambientato in Italia con location tra Roma e Pozzuoli. Ci sono Piazza di Spagna, San Pietro e tutte le cupole della capitale, nonché una scena notturna ad alta tensione proprio sotto il Colosseo: e c'è anche l'ex naufrago (sic!) Luca Calvani come italianissimo villain. Quando grandi produzioni hollywoodiane come questa raccontano casa nostra per noi è sempre motivo di maggior curiosità e di notevoli aspettative. Purtroppo l'ambientazione italiana, specialmente rivista sullo schermo da noi che ci viviamo, spesso è un arma a doppio taglio: l'effetto cartolina patinata è sempre in agguato e troppe volte è risultato stucchevole se non addirittura irritante, per non parlare dei luoghi comuni che ci riguardano e che per gli americani sembrano proprio essere insuperabili. Speriamo che il britannicissimo Guy Ritchie, con l'irriverenza e la ruvida sensibilità di chi è nato e cresciuto nella working class, sappia sfruttare l'ambientazione italiana per rendere il film ancora più affascinante al di la degli stereotipi.
5. Hugh comprimario di lusso... e occhio alla svedesina!
Francamente eravamo stufi di vederlo sempre nello stesso ruolo romantico nell'ennesimo film fotocopia di Mark Lawrence: per cui quando Hugh Grant compare nel ruolo dell'agente speciale Weaver, oltre ad impennarsi l'indice di britishness presente del film, aumenta anche la nostra curiosità nel vederlo finalmente in un ruolo una volta tanto inedito, in cui sembra però essersi calato al meglio stando alle prime scene. E la sensazione è che si sia anche divertito un mondo a farlo, un new look iper stiloso con occhiale nero vintage e abito grigio impeccabile che ce lo restituisce in grande forma e pieno di fascino, talmente in parte che sugli spalti del centrale di Wimbledon durante la recente finale del torneo è comparso vestito esattamente allo stesso modo. Forse è l'effetto Guy Ritchie, in fondo è la prima volta che i due si incontrano. E a proposito di comprimari, occhio alla svedesina Alicia Vikander: volto emergente nella hollywood che conta, ha già stregato tutti nel bellissimo Ex Machina di Alex Garland dove interpreta Ava, la nuova forma di intelligenza artificiale protagonista del film. Oltre al fascino, anche grinta da vendere, vedendo come si azzuffa con Armie Hammer mettendo a soqquadro una lussuosa suite d'albergo. Sentiremo tanto e molto presto parlare ancora di lei.