"Tree Hill è un posto come tanti altri nel mondo, forse somiglia al tuo di mondo, o forse non gli somiglia affatto. Ma se lo guardi con attenzione potresti vederci qualcuno come te. Che sta cercando di trovare la sua strada. Che sta cercando di trovare il suo posto. Che sta cercando di trovare sé stesso" ci raccontava Lucas Scott in uno degli episodi di One Tree Hill, uno dei teen drama di punta degli anni 2000. Ma se Tree Hill poteva davvero essere una cittadina come tante, popolata da persone che, come noi, cercavano solamente il proprio posto nel mondo, esattamente come afferma il nostro protagonista, non si può negare il fascino unico che la serie tv ideata da Mark Schwahn (The Royals, Coach Carter) riusciva ad esercitare nei confronti dei suoi spettatori. Qualcosa che potrà tornare a fare molto presto grazie a Prime Video, dato che dal 20 settembre la piattaforma renderà disponibili per la visione tutte le stagioni del telefilm.
Una formula vincente
Era il 2003 quando sui teleschermi americani da poco orfani di Dawson's Creek si facevano largo due capisaldi dei teen drama: The O.C. e One Tree Hill. Entrambi erano destinati ad entrare di diritto tra i must del genere, ma ovviamente all'epoca era difficile stabilire quanto successo avrebbero potuto avere questi show (leggenda narra, tuttavia, che Chad Michael Murray rifiutò il ruolo di Ryan Atwood, il protagonista di The O.C., in favore di quello di Lucas Scott). Certo è che sia la serie targata Fox (e distribuita in Italia dalle reti Mediaset), sia quella prodotta da The WB/The CW (arrivata qui da noi tramite le reti Rai), ebbero un ottimo corso, specialmente la seconda, che riuscì a raggiungere addirittura quota 9 stagioni (tre delle quali senza Murray).
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Ci sarà dunque stato (più di un) qualcosa che ha attirato gli spettatori e ha fatto venir loro voglia di restare al fianco di questi personaggi per tutti questi anni, di proseguire in loro compagnia il percorso che li ha portati dall'adolescenza all'età adulta.
Ma questo qualcosa, nel caso di One Tree Hill, è davvero difficile da quantificare, perché lo show si basa su una combinazione tale di elementi, tutti perfettamente incastrati tra loro, che è quasi impossibile scinderli senza diminuirne in un qualche modo il valore.
Fin dal primo episodio della serie sono infatti evidenti alcune componenti fondamentali che, al contrario di tante altre produzioni che ne fanno uso solo in parte, trattandoli tutt'al più come elementi aggiunti, qui assumono un ruolo imprescindibile, come se fossero personaggi a sé.
Stiamo parlando delle passioni dei nostri protagonisti - dallo sport alla musica alla letteratura, e più in là nel tempo anche moda e cinema -, intessute finemente nella narrazione, utilizzate quindi sì come mezzo per raccontare la storia, ma anche come parte integrante di essa (sapevate ad esempio che, dei 187 episodi di cui è composto lo show, tutti a eccezione del pilot portano il titolo di una canzone?).
Così abbiamo il basket, e in particolare rappresentanza di esso possiamo ricordare il Rivercourt, il campetto dove giocavano Lucas e gli altri (che era anche lo stesso dove giocava Michael Jordan!), il quale non fungeva solo da luogo per gli allenamenti, ma è andato pian piano ad assumere un ruolo topico nelle vite dei ragazzi, fino a diventare teatro di tanti momenti chiave della serie, proprio come la palestra della scuola; lo stesso si potrebbe dire della musica e del Tric, il locale di proprietà di Karen (Moira Kelly) dove si sono esibiti tanti celebri artisti, incluso l'autore della sigla di One Tree Hill Gavin DeGraw (a proposito, avete già dato un'occhiata al nostro approfondimento sulle sigle dei telefilm anni '90/2000?), ma anche Nick Lachey, Tyler Hilton e i Fallout Boy (tra l'altro molti di questi furono brillantemente inseriti all'interno di varie storyline); e poi la letteratura, a cui era fortemente legato il nostro protagonista, che ci accompagnava nel corso degli episodi anche grazie a tante suggestive citazioni dalle più svariate opere letterarie, capaci di rendere alla perfezione il contenuto rappresentato.
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I pezzi forti
Potremmo davvero andare avanti per ore nell'elogiare i meriti di queste scelte creative, così come tanti altri dettagli e guizzi artistici che sicuramente avrete già notato o noterete facendo un rewatch (o guardando per la prima volta la serie, per chi non lo avesse ancora fatto), ma la verità è che sarebbe inutile proseguire oltre senza menzionare due fattori chiave dello show e, alla fin fine, forse i più importanti in assoluto: il cast e la scrittura.
Sembrerebbe un'ovvietà, ma se ci pensate, non lo è affatto: quante produzioni sono state influenzate negativamente o addirittura rovinate da un ensemble di interpreti che di ensemble aveva davvero poco?
Non che di drammi sul set e al di fuori di esso non ve ne siano stati anche qui (dal matrimonio lampo tra Chad Michael Murray e Sophia Bush alle accuse di molestie da parte di alcuni membri del cast nei confronti dello showrunner, oltre ad esperienze negative raccontate solo in seguito da diverse star della serie), ma bisogna ricordarsi che questo fu uno show in grado di perseverare e addirittura migliorare per certi versi anche una volta persi diversi dei membri principali del cast, incluso il protagonista (Murray e Hilarie Burton abbandonarono la serie sul finire della sesta stagione, mentre avevamo già salutato Craig Sheffer, l'interprete di Keith, nella quarta).
Cosa ha portato, dunque, a rinnovare ancora e ancora One Tree Hill? Di certo una fidelizzazione del pubblico, dovuta per lo più a uno sviluppo caratteriale dei personaggi davvero ben costruito - persino di quelli secondari che si erano visti molto meno di altri - unito a delle performance del cast sempre più convincenti man mano che si andasse avanti con la serie. Perché, come ricordava in un'intervista l'interprete di Brooke Davis (uno dei personaggi meglio scritti dello show) Sophia Bush, per molti quella in One Tree Hill fu tra le prime esperienze recitative di un certo calibro (se non anche la prima), e molti dei ragazzi hanno letteralmente imparato a recitare davanti le telecamere della serie. Difficile da credere se si ripensa a tante delle scene più avvincenti o commoventi dello show, ma dopotutto non così impossibile da immaginare, guardando al percorso fatto da ognuno di loro e mettendo a confronto gli inizi con il loro punto d'arrivo al concludersi della serie.
Ma con una base solida come quella fornita da una sceneggiatura che sapeva portare sullo schermo l'ordinario e lo straordinario, il particolare e l'universale, che aveva sempre qualcosa da dire o un messaggio da trasmettere - sebbene di scivoloni, voli pindarici e scelte di comodo non fosse certo manchevole (basta guardare come vanno a finire di norma i matrimoni nello show, o quanto tempo in media trascorrono in ospedale i vari personaggi) - e un impegno più che evidente da parte degli attori, era difficile non arrivare a ritenere Brooke, Nathan, Haley e il resto dei ragazzi di Tree Hill degli amici, delle persone care per quanto fittizie, e forse addirittura anche una famiglia. Una famiglia che ora avremo finalmente occasione di riabbracciare.
A volte ti sembra di essere l'unico al mondo che sta lottando, che è frustrato o insoddisfatto o che non riesce ad andare avanti. Ma è una falsa sensazione. E se solo tieni duro, se solo trovi il coraggio per affrontare tutto per un altro giorno qualcuno o qualcosa ti troverà e metterà tutto a posto. A volte tutti abbiamo bisogno di un piccolo aiuto. Di qualcuno che ci aiuti ad ascoltare la musica del mondo e ci ricordi che non sarà sempre così. Che li fuori c'è qualcuno, e quel qualcuno ti troverà.
Lucas Scott, One Tree Hill 4x01 "Un posto come tanti"