Esiste in noi un piccolo gene invisibile agli occhi; è un gene indefinito e mutante, che ci aiuta a definire il nostro essere, a stabilire la nostra identità. È un gene animato dalla TV che vediamo, dalla musica che ascoltiamo; un binomio identificativo che, tra le mani di Kevin Macdonald e Sam Rice-Edwards, genererà non più un essere vivente, ma una creatura cantante e pensante fatta di immagini in movimento come One to One: John & Yoko.
Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia il documentario esplora il mondo musicale, personale, artistico, sociale e politico di John e Yoko sullo sfondo di un'epoca turbolenta della storia americana. Partendo dal concerto di beneficenza One to One per bambini con bisogni speciali, il film include un'ampia gamma di materiali inediti dall'archivio Lennon, tra cui telefonate personali, filmati amatoriali girati da John e Yoko e filmati restaurati e rimasterizzati del concerto One to One con audio remixato sotto la supervisione di Sean Ono Lennon.
One to One: John & Yoko: la TV come finestra aperta sulla realtà
Possiamo negarlo, ignorarlo, ma quella in cui viviamo è a tutti gli effetti una società fondata sulla luce di uno schermo acceso. Ma quello che illuminava l'appartamento di Yoko Ono e John Lennon a New York era ancora un piccolo pertugio su una società in costante cambiamento. Una debole fessura destinata ad ampliarsi sempre più, raccogliendo vizi e virtù di un mondo sempre così diverso, eppure così uguale per errori, e per eccessi, al buio di un passato che si riversa inesorabile sull'ombra del presente. Non sorprende allora se i due registi compongano il proprio documentario alternando con fare simbiotico sprazzi del concerto evento di John Lennon, a canali di una TV immaginaria cambiati meccanicamente e senza apparente interesse. In questo zapping costante si ritrovano dunque barlumi di una società che Lennon e Ono volevano scuotere, e pensieri che intendevano combattere, dalla guerra in Vietnam, agli attacchi sul carcere di Attica, fino alla discriminazione razziale. Lo faranno con bed-in pacifisti, canzoni destinate all'eternità, e comunicati televisivi che la stessa opera recupera e restituisce con fare coerente, senza forzare la linearità di racconto, ma rafforzandola.
Quando la musica scuote l'anima (e il governo)
Diventare uno dei Fab Four significò per John Lennon barattare la propria sfera personale con quella pubblica. Osannato, amato, idolatrato: l'uomo lascia spazio al mito, e il mito alla leggenda. Un'unione (im)perfetta che perdurerà inesorabile, anche quando l'ultimo capitolo dei Beatles giungerà al proprio epilogo finale, e tutto poteva mutare, senza riuscirci del tutto. E se Lennon non sarà mai capace di separarsi da quell'icona divistica a lui affidata, riuscirà invece a sfruttarla a suo favore, sacrificandola sull'altare della denuncia morale di un'America al baratro, tra tecnologia e sacrificio, guerra e sogno illusorio. La sfera privata e pubblica torneranno dunque a unirsi sullo schermo, ricongiunte dalla forza di un urlo di Yoko Ono, o dalle note di chitarra di John Lennon, in un juke-box emozionale di brani chiamati a intensificare un dato passaggio storico, o infondere ritmo al capitolo di un'esistenza presa e data in pasto all'eternità.
Megafono di ingiustizie altrui
Non vogliono riabilitare il nome di Yoko Ono, i due registi, sebbene non manchino vari tentativi atti a rivalutare la figura dell'artista sotto nuove vesti. Se da una parte One to One: John & Yoko andrà infatti a colmare le lacune di curiosi posti alla scoperta di questa iconica coppia, dall'altra evidenzierà con colori accesi quanto ancora tremendamente attuali siano i messaggi di pace nascosti tra i versi usciti dalla fucina creativa di Lennon. I presidenti potranno cambiare, i governi cadere, gli anni passare, la tecnologia avanzare, ma la storia, quella è la stessa; un ritornello che si ripete uguale a se stesso; un vinile su un giradischi che suona all'infinito la stessa melodia.
Filtrati da un montaggio potente, dinamico, e coinvolgente, non sorprende se una coppia che chiedeva il potere al popolo faccia un passo indietro, limitandosi a porsi come megafono aperto di un pensiero condiviso ed enunciato da altre bocche, urlato da altre gole, minacciato da altri ideali. Una democrazia di pensiero e di presenza visiva che va a tradire la promessa intrisa nel titolo stesso: non solo One to One, altri mondi, altri spettacoli e performance andranno ad alternarsi al concerto newyorchese; per quanto criticati, giudicati, bistrattati, nel microuniverso generato da Yoko e John, non c'erano solo John e Yoko, ma molti altri sognatori, altri ribelli, altri sguardi che sopra di loro vedevano solo il cielo, denunciando l'inferno in terra.
Opera interamente di montaggio, One to one: John & Yoko si affida totalmente alle istantanee di un vicino passato per parlare del nostro precario presente. La perfetta combinazione tra brani eseguiti e i momenti storici di riferimento, sono una danza delle emozioni che non sempre però spingono lo spettatore al centro del ballo. Cantano, ma non urlano; denunciano, ma non si incatenano ribellandosi al centro della scena, le immagini del documentario. Ciononostante, nella sua semplicità, One to one raggiunge i propri obiettivi, sia dal punto di vista nozionistico che di condanna socio-morale.
Propaganda di pace
Non è un atto di propaganda, e non è nemmeno una semplice opera biografica, One to One: John & Yoko: è semplicemente la reiterazione di un messaggio di pace lungo 52 anni; un proclama che spinge gli uomini a dare alla pace una chance; una dichiarazione di cessate il fuoco racchiusa nello spazio di brani immortali, di parole ancora attuali, masticate e reiterate fino al giorno d'oggi. E se dopo anni di storia, e sangue sulle spalle, tutto ciò si compie significa forse che, al di là del genio di Lennon, forse qualcosa l'abbiamo sbagliata anche noi.
Conclusioni
Yoko Ono e John Lennon sono forse tra le coppie più contestate del loro tempo, eppure ai registi di One to One: John & Yoko tutto questo non interessa. Sfruttando il concerto omonimo tenutosi nel 1972 a New York, con il documentario presentato alla Mostra del cinema di Venezia si riesce a dimostrare quanto ancora attuali i versi di Lennon siano. Opera interamente di montaggio, alternando performance sul palco a contestazioni, dichiarazioni di pace, e proteste, si riesce a creare una comunità di pensieri condivisi da protrarsi fino ai giorni nostri. E così l'initmità della coppia rimane nel fuori campo, preferendo la portata sociale delle denunce portate avanti da John, Yoko, e tutti gli altri sognatori.
Perché ci piace
- Il montaggio.
- La volontà di non rivalutare la figura di Yoko Ono.
- La volontà di sottolineare l'attualità dei brani di Lennon, denunciando la reiterazione dei medesimi errori.
- L'idea dello zapping televisivo come strumento di narrazione.
Cosa non va
- Non aver mostrato molto del concerto One to One.
- La mancanza di quel coinvolgimento emotivo nei confronti dello spettatore.