Il venticinquenne Wes ha trascorso sei mesi in un carcere militare e sta cercando di lasciarsi il passato alle spalle e di ricominciare da zero. Decide così di mettersi sulle tracce del padre Dean, che aveva abbandonato sua madre poco prima che lui nascesse per coltivare il suo sogno - poi irrealizzato - di sfondare nel mondo delle moto da corsa. Ora l'uomo si esibisce in competizioni minori e gestisce un'officina insieme ad Abel, un veterano del settore.
In One Fast Move (disponibile su Prime Video), Dean è inizialmente restio ad istruire quel figlio mai conosciuto, ma dopo le prime reticenze si offre di insegnargli i trucchi del mestiere. Nel frattempo Wes stringe una relazione con la cameriera di un fast-food locale e sembra aver finalmente trovato un equilibrio. Ma come scoprirà ben presto i rischi non si trovano soltanto in pista e ancora una volta il ragazzo deve affrontare ostacoli e avversità, per arrivare sano e salvo non soltanto al traguardo ma anche nella vita.
One Fast Move: a tutto gas?
Nonostante un titolo che vorrebbe trasmettere il senso di velocità e il brivido della corsa, One Fast Move si rivela un'operazione fallace, incapace di restituire su schermo le premesse di partenza. La sceneggiatura d'altronde non offre molti spunti a livello agonistico, limitandosi a usare parallelismi più o meno banali tra ciò che avviene in pista e quanto nella vita reale, esplorando il contrastato legame padre-figlio su una metafora più o meno approssimativa. Un percorso di formazione fuori tempo massimo quello del giovane protagonista, che si ritrova schiavo di scelte sbagliate di un genitore ma anche colpevole di errori suoi, ancora incapace di comprendere quale sia il giusto percorso da seguire per trovare il proprio equilibrio.
Movimento lento
Secondo lavoro dietro la macchina da presa dell'attore Kelly Blatz, il cui esordio drammatico Senior Love Triangle (2019) lasciava intravedere ben alt(r)e aspettative, One Fast Move non ha una verve introspettiva tale da garantire il giusto substrato emotivo, seguendo anzi tutti i possibili stereotipi del filone. Dalla neo-fidanzata già madre di un bambino all'anziano e saggio mentore che ricompone quel legame familiare, da avversari da battere fino a quella corsa finale che mette le due figure principali di fronte alla propria coscienza: tutto è già scritto ampiamente in partenza, senza sorprese di sorta. E non mancano naturalmente frasi fatte ad hoc, del tipo "andare in moto è come ballare con una ragazza", ad uso e consumo di un immaginario maschilistica e nichilista del quale la figura di Dean ne è la perfetta incarnazione. Ma quando si danno vita a personaggi problematici, la sceneggiatura dovrebbe curare pienamente il contesto che qui invece è troppo superficiale e appannato per risultare accattivante.
Una chimica assente
La chimica tra gli attori è al minimo, sia per ciò che concerne la love-story tra Wes e Camila che per quanto riguarda il fulcro chiave del racconto. KJ Apa, musicista neozelandese che ha conosciuto il successo nella serie tv Riverdale, non ha il necessario carisma e allo stesso modo Eric Dane è vittima di una caratterizzazione dozzinale e schematica, che castra sul nascere le potenziali sfumature di un genitore tormentato dai rimorsi e dai rimpianti. Allo stesso tempo Maia Reficco, anch'essa con una carriera davanti al microfono, poco può fare per un personaggio "sacrificale", elemento femminile di mero appoggio all'evoluzione del protagonista. Al punto che il solo a spiccare nel cast è un "vecchio leone" quale Edward James Olmos nelle vesti dell'esperto proprietario dell'officina. L'adrenalina come detto è ai minimi storici e le scene in groppa a queste moto fiammanti non possono competere con i capisaldi del filone, prive di climax o di tensione ma anche di quell'afflato spettacolare che avrebbe potuto almeno intrattenere nelle fasi più ludiche della vicenda.
Conclusioni
Recentemente uscito di prigione, Wes riapre i conti con un passato mai affrontato, chiedendo aiuto a quel padre mai conosciuto. Il suo obiettivo è quello di sfondare nel motociclismo professionistico, con il genitore quale potenziale maestro in quanto gareggiante nei campionati minori, ma la strada verso il successo sarà costellata di vittorie e cadute. One Fast Move è un'operazione mediocre che cerca di far coesistere l'anima drammatica nella ricomposizione del travagliato legame familiare con lo sprint agonistico, fallendo purtroppo in entrambi i versanti. Un cast svogliato e poco in sintonia e una regia che non trasmette mai il giusto senso di velocità rendono i cento minuti di visione francamente evitabili.
Perché ci piace
- Edward James Olmos si salva in un cast anonimo.
Cosa non va
- Adrenalina e tensione drammatica ai minimi.
- Personaggi poco interessanti.
- Forzature e luoghi comuni in serie.