Tra i primi a dare la notizia fu la CBS, sospendendo Così gira il mondo, una delle soap opera più in voga del momento. Il leggendario anchorman Walter Cronkite, dopo una diretta all'ultimo respiro durante la quale si alternarono un'infinità di voci discordanti, togliendosi gli occhiali e prendendosi un attimo di tempo per sostenere il momento, annunciò ad un paese angosciosamente in attesa ciò che era "apparently official": il presidente John Fitzgerald Kennedy era stato assassinato. È il 22 novembre 1963 e, da quel momento, i fatti di Dallas determineranno il destino degli Stati Uniti creando un sentimento globale di sconfitta e, soprattutto, un dolore nazionale capace di andare oltre oceano e coinvolgere anche un'Europa affascinata dal nuovo mito di Camelot. Giovane, abbronzato, dotato di senso dell'umorismo e di una apparente ottima forma fisica, nonostante i suoi costanti problemi di salute, Jack, come veniva chiamato dalla famiglia e dagli amici più intimi, sembrava a prima vista più simile ad un attore del cinema che ad un serio e noioso politicante. Lo stesso può dirsi di sua moglie Jacqueline, che, con abiti d'alta sartoria ed uno stile riconoscibile, riuscì a conquistare le prime pagine dei magazine insegnando ad un paese concentrato sulla paura atomica il valore di raffinatezza e cultura. Eppure, nonostante i modelli esclusivi disegnati per lei da Oleg Cassini, la prima donna d'America è passata alla Storia per quel tailleur rosa indossato durante la parata di Dallas e macchiato dal sangue di un marito colpito a morte. Gli storici fotogrammi dell'attentato, registrati per puro caso da Abraham Zapruder, vennero comprati da Life Magazine per cinquantamila dollari e da quel momento la tragedia improvvisa, la fine di un uomo apparentemente invincibile e la disperazione di una donna fecero il giro del mondo diventando, più che una documentazione ufficiale, immagini dalla potenza cinematografica.
Se poi, a questo si aggiunge l'identificazione frettolosa di Lee Harvey Oswald come solo colpevole, la successiva uccisione di questo a sole quarantotto ore di distanza, i risultati non convincenti della Commissione Warren e il consolidarsi di teorie complottiste, si comprende il potenziale spettacolare della vicenda. Il fatto è che, a cinquant'anni di distanza, il caso Kennedy è ancora aperto portandosi dietro ombre, dubbi e necessità di chiarezza oltre, naturalmente, ad una drammaturgia eccezionale. Tutti elementi, questi, che il cinema non poteva lasciarsi sfuggire riproponendoli, quasi periodicamente, in diverse forme. Il primo esperimento in questo senso è stato il film The Trial of Lee Harvey Oswald diretto da Larry Buchanan che, ad appena un anno dall'assassinio, tenta di portare sullo schermo l'ipotetico e mai accaduto processo sui fatti di Dallas. Un progetto, però, che non lascia il segno, al contrario del documentario storico The Men Who Killed Kennedy. Prodotta dalla BBC per il canale History Channel nel 1988 e diretto da Nigel Turner, quest'opera monumentale è composta da nove capitoli, l'ultimo mandato in onda nel 2004, in cui si cerca di scandagliare ogni possibile dettaglio. Il punto di partenza è la tomba dal Presidente nel cimitero Nazionale di Arlington. Da questa immagine prende il via un'indagine storica in cui si cerca di ricostruire motivazioni politiche, rivalità interne ed interessi economici che possono aver portato all'assassinio di Dallas. Il risultato è efficace, tanto che nel 1989 il film viene nominato per il Flaherty Documentary Award, ma i consensi non sembrano destinati a durare molto. Gli ultimi tre capitoli, infatti, cominciano ad andare troppo in profondità e, indagando sulle bizzarre falle della sicurezza da parte dell'FBI, presuppongono responsabilità e premeditazione da parte di un sistema disposto ad esporre il suo maggiore rappresentate. In modo particolare l'ultima puntata, The Guilty Man, solleva un gran vespaio identificando l'allora vice presidente Johnson come uno dei principali mandanti del delitto. A puntare il dito è Barr McClellan che, dopo il successo editoriale del suo Blood, Money e Power: How LBJ killed JFK, diventa una delle fonti più importanti su cui costruire questo capitolo. Alle prevedibili reazioni legali da parte della vedova Lady Bird Johnson, la BBC risponde con l'organizzazione di una commissione formata da tre storici per analizzare il contenuto della puntata. Il risultato dell'inchiesta, naturalmente, porta a scuse ufficiali da parte dell'emittente ammettendo, così, la scarsa qualità del documentario e screditando le dichiarazioni di McClellan.Anni dopo, la teoria del complotto sembra essere sempre più accolta con favore, e il cinema ne ha dato prova con uno dei film più efficaci e innovativi sul caso Kennedy. È il 1991 e Oliver Stone dirige JFK - un caso ancora aperto prendendo in prestito il lavoro e l'esperienza personale di Jim Garrison, all'epoca dei fatti procuratore distrettuale di New Orleans. Ispirato dal libro JFK - Sulle tracce dell'assassino in cui lo stesso Garrison ricostruisce la sua indagine, Stone si immerge completamente nella vita di un uomo il cui scopo è perseguire la giustizia e la verità, per quanto scomoda possa essere. L'inchiesta capita tra le mani del regista quasi casualmente mentre è sul set di Nato il quattro luglio. Immediatamente Stone ne viene conquistato e si affretta ad acquistare i diritti pagando personalmente duecentocinquantamila dollari. Ma perché riaprire una ferita ancora così delicata e rischiare di diventare un bersaglio per la stampa nazionale? " L'assassinio Kennedy ha turbato profondamente la mia generazione e la nostra cultura - ammette Stone - _penso che molti dei nostri problemi, come la sfiducia nel governo, siano iniziati nel 1963. Da allora non abbiamo più creduto ai nostri leader. Gli americani sono diventati sempre più cinici. Il paese ha conosciuto scontri razziali e una vera guerra civile". _
Ma, si sa, che il cinema è un business con delle regole economiche ben precise. Per questo, a delle forti motivazioni storico sociali devono corrispondere delle qualità artistiche capaci di giustificare l'impegno produttivo della Warner Bros. Così, mentre giornali come il New York Times, Washington Post e Chicago Tribune si affannano a screditare il progetto, JFK va avanti arruolando un cast eccezionale composto dall'attore del momento Kevin Costner nei panni scomodi di Garrison, e da Tommy Lee Jones, Gary Oldman e Joe Pesci. Grazie a loro e alla ricostruzione pragmatica di una teoria capace di designare motivazioni e colpevoli basandosi su fatti comprovati, il film guadagna 205 milioni di dollari nel mondo e conquista duepremi Oscar tecnici, per fotografia e montaggio, ed un Golden Globe attribuito a Oliver Stone per la regia (qui la nostra recensione del blu-ray del film di Stone, fresco di release).
Confrontarsi con un successo simile, però, non è certo semplice. Sarà per questo che per molto tempo nessun altro si è avventurato in un terreno ricco d'insidie. Si deve aspettare il cinquantesimo anniversario dell'attentato e la volontà di cavalcare una ricorrenza di tale importanza per tornare a vedere sul grande schermo una ricostruzione di quegli avvenimenti. Così, prendendo il coraggio a due mani, il giornalista Peter Landesman firma la sua prima regia per Parkland in esclusiva mondiale alla settantesima edizione della Mostra del cinema di Venezia. Questa volta, però, non viene presunta nessuna nuova teoria, né si amplificano concetti già espressi. Nell'interesse di Landesman e del suo numeroso cast, in cui figurano Zac Efron, Paul Giamatti e Billy Bob Thornton, c'è l'idea di porre l'attenzione sull'emotività che in pochi minuti travolse un paese intero. Per questo motivo il regista concentra gran parte della vicenda all'interno del Parkland Memorial Hospital dove uomini comuni e sconosciuti, loro malgrado, si trovano al centro di una tragedia dalle proporzioni storiche, chiamati, oltre tutto, a dare le prime essenziali risposte. Si tratta, in particolare, del team di medici del pronto soccorso che, nel giro di quarantotto ore si trovano ad intervenire disperatamente sul corpo del Presidente e su quello del suo presunto assassino. Questo mentre fuori il mondo scalpita per ricevere assicurazioni, sempre che sia possibile, gli agenti dell'FBI picchettano il cadavere di Kennedy e la famiglia di Oswald cerca di ricomporre i pezzi di una vicenda incomprensibile, Al di sopra di tutto, poi, ci sono loro, John e Lee, entrambi vittime ma destinati ad occupare posti diversi nella memoria collettiva.
A Parkland, che verrà trasmesso in esclusiva il 22 novembre da RaiTre, si affianca un altro progetto che sta facendo molto parlare di se. Si tratta di Killing Kennedy, il film TV mandato in onda dal National Geographic Channel proprio in questi giorni. Prodotto da Ridley Scott e basato sul best seller di Bill O'Reilly e Martin Dugard, il film segue in parallelo gli avvenimenti che caratterizzano la vita di John Fitzgerald Kennedy e di Lee Harvey Oswald negli anni precedenti l'assassinio fino a riunirli a Dallas. Tutto parte dal 1959, una data importante per entrambi. In quel periodo il Senatore Kennedy annuncia la sua candidatura alla presidenza, mentre Lee si trova all'interno dell'ambasciata americano a Mosca pronto a rinunciare alla sua cittadinanza. Lo scopo del film è di raccontare la quotidianità di due uomini, in questo caso interpretati da Rob Lowe e Will Rothhaar, lontani anni luce l'uno dall'altro e di mettere in evidenza elementi fino ad ora trascurati, come Marina, la moglie sovietica di Oswald. La Gossip Girl Michelle Trachtenberg ha vinto il provino per questo ruolo grazie, soprattutto, alla sua conoscenza del russo, e si è impegnata a ricostruire una personalità che la cronaca del tempo non sembra aver considerato molto. A differenza della collega Ginnifer Goodwin, chiamata direttamente dal mondo fantastico di C'era una volta per sostenere l'impegno non facile di interpretare un'icona come Jackie Kennedy, la Goodwin si è sentita molto più libera di esplorare e tentare. " Dalle pagine del libro, come dalla sceneggiatura, lei viene fuori come una donna fortissima - dichiara l'attrice - _e mi ha stupito che la Storia la riporti quasi come un personaggio invisibile. Questo ha reso il mio lavoro più facile, visto che non dovevo confrontarmi con una figura già troppo determinata ma, allo stesso tempo, durante la lavorazione non ho fatto che pensare a lei e a come avrebbe considerato il mio lavoro vedendolo in TV. Perché lei è ancora viva e non si è mai mossa dal Texas". _ Nonostante questi progetti pronti per celebrare il cinquantesimo anniversario, l'interesse cinematografico e storico di molti è concentrato sul film ancora in produzione Legacy of Secrecy, prodotto e interpretato da Leonardo DiCaprio. Anche in questo caso la prima scintilla d'interesse di deve ad un libro d'inchiesta, Legacy of Secrecy - The Long Shadow of the JFK Assassination, in cui si esaminano nuovi documenti dell'FBI che dimostrerebbero l'implicazione del boss della mafia Carlos Marcello, interpretato da Robert De Niro, nel complotto contro Kennedy. In questo caso DiCaprio vestirà i panni dell'agente sotto copertura Jack Van Laningham che, infiltratosi nel gruppo di Marcello, riuscirà a carpire la confessione riguardo all'implicazione della mafia nei fatti di Dallas. Tra fantascienza e cronac, invece, si collocherà l'adattamento cinematografico di 22/11/'63, il romanzo che Stephen King ha dedicato all'assassinio di Kennedy: sarà probabilmente la Bad Robot di J.J. Abrams a farne una miniserie per la TV.Novità del grande schermo a parte, anche la televisione ha detto la sua a riguardo, lasciandosi suggestionare da atmosfere e immagini dell'epoca Per questo motivo non stupisce di trovare chiari riferimenti, ad esempio, nell'episodio I segreti del fumatore della quarta stagione di X-Files. Scritta da Glen Morgan e diretta da James Wong, la puntata si concentra sulle attività del misterioso Uomo che fuma, ossia un uomo abituato a cambiare le sorti della Storia. Il suo primo intervento è proprio nel destino di Kennedy: capitano dell'esercito nel North Carolina nel 1962, partecipa ad una riunione di generali in cui gli viene affidato il compito di eliminare il Presidente. Così nel novembre del 1963, fingendosi Mr. Hurt, incastra Oswald e porta a termine la sua missione. Ma se per gli agenti Mulder e Scully Dallas è un luogo che nasconde misteri, per i pubblicitari di Mad Men la morte del Presidente entra a pieno diritto nella quotidianità degli uffici della Sterling Cooper a Madison Avenue. Così, mentre la prima stagione ha sullo sfondo la gloria e l'ascesa kennediana, nella terza un'intero episodio (La fine di un'era) viene dedicato all'assassinio capace di sconvolgere l'intera agenzia fatta esclusione, naturalmente, per l'ambiguo e imperturbabile Don Draper.
Un luogo, invece, dove proprio non ci si aspettava di trovare tracce di JFK è la storica sit com Seinfeld. Mandata in onda per la prima volta dalla NBC nel 1989, la serie è Ideata da Jerry Seinfeld che mette al centro dell'azione una versione fantasiosa di sé stesso e della sua vita. Insieme a lui gli amici George, Kramer e Elaine, si muovono per lo più all'interno di un appartamento nell'Upper West Side a New York descrivendo la vita leggera e disimpegnata di un gruppo di trentenni o giù di li. Ed è proprio qui che, durante l'episodio The Boyfriend, Jerry si trova impegnato a scagionare il suo mito del baseball Keith Hernandez, accusato di aver sputato ai suoi due amici alla fine di una partita. Quale miglior modo per sostenere la propria tesi se non utilizzare il modello della Magic Bullet Theory mostrata nel film JFK? Da qui nasce la costruzione della meno complessa ma sicuramente più ardita Magic Loogie Theory, con cui confutare ogni dubbio sulla direzione e la provenienza dello sputo killer. E per chiarire ulteriormente l'ispirazione, la ricostruzione dell'offesa viene proposta in perfetto stile Zapruder, ossia utilizzando i colori e gli effetti fotografici dello storico filmato (tra l'altro, la sequenza di JFK e quella di Seinfeld hanno un protagonista in comune: l'attore Wayne Knight, che vestiva i panni del diabolico postino Newman nello show NBC). Secondo alcuni questo potrebbe rappresentare quasi un atto irrispettoso ma, in realtà, dimostra come poche cosa quanto la morte di Kennedy sia entrata nell'immaginario collettivo trasformandosi oltre che in Storia, cinema, letteratura o caso giudiziario, soprattutto in un fatto personale per ogni cittadino americano.