Maccio l'ha fatto di nuovo: a due anni di distanza dal suo film d'esordio, Italiano medio, il regista, attore e sceneggiatore torna in sala con Omicidio all'italiana, al cinema dal 2 marzo, mettendo in scena una commedia grottesca con cui, ancora una volta, ride delle deformazioni e dei difetti della società contemporanea. Ambientato nell'immaginario paese di Acitrullo, minuscola comunità abruzzese, il film ruota attorno a un omicidio, anzi, un finto omicidio: per dare finalmente notorietà alla sua città, il sindaco Piero Peluria (Maccio Capatonda), con l'aiuto del fratello Marino (Herbert Ballerina), fa credere che la Contessa Ugalda Martirio In Cazzati (Lorenza Guerrieri), morta per un incidente, sia stata uccisa in modo brutale.
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Come molti dei programmi televisivi più noti e seguiti ci insegnano, quasi nulla fa più audience di un omicidio feroce: la curiosa morbosità del pubblico ha spinto autori e presentatori a insistere sempre più sul pedale dell'esagerazione, mostrando plastici, ricostruzioni, interviste strazianti a parenti e vicini delle vittime, una vera e propria "pornografia del dolore". A incarnare questa informazione deviata è la presentatrice Donatella Spruzzone, una straripante Sabrina Ferilli, che si fa portare sui luoghi del delitto da veri e propri schiavi che la trasportano su un trono rosso.
Abbiamo incontrato Maccio, Herbert Ballerina e Sabrina Ferilli a Roma, all'anteprima italiana del film, dove l'attrice ha elogiato più volte la comicità diversa e unica di Capatonda e soci.
Troni rossi e l'ostinazione a non puntare sui tormentoni
Purtroppo l'attrice romana non ha svolto le interviste su un trono rosso come fa il suo personaggio, ma ci ha rivelato quanto si sia divertita a girare quelle scene: "Era stupendo! Quando ho visto il mio trono, con cui vado sulla scena del delitto, sono impazzita. Avevo letto la sceneggiatura e sapevo di questa scena, ma una volta sul set non mi sarei mai immaginata una cosa simile. Il mio personaggio è la regina dell'informazione, oggetto e soggetto di questo racconto".
Adottando lo stile delle domande che Donatella Spruzzone fa nel suo programma, abbiamo chiesto a Capatonda di che cosa vuole parlare quando vuole parlare di questo film: "Io non voglio parlare di questo film!" ci ha risposto, continuando: "Per me la cosa migliore è far parlare il film. Parlare è l'ultima cosa che mi piace fare". In suo aiuto Ballerina: "Io invece vorrei parlare della contentezza: sono contento perché per l'ennesima volta siamo riusciti a fare una cosa totalmente diversa dai nostri lavori precedenti. Spesso ci dicono: voi siete scemi, perché non lavorate di più sui vostri tormentoni? Perché non puntate sui vostri classici che la gente conosce? Invece noi non lo facciamo, perché altrimenti ci annoieremmo. Anche questa volta siamo partiti da due personaggi totalmente diversi: per me è una bella cosa".
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La comicità unica di Maccio Capatonda e un set che "deve fare male"
Sabrina Ferilli è d'accordo con Luigi Luciano, alias Herbert, per l'attrice la loro comicità è diversa e anomala: "Hanno una comicità unica: i loro personaggi sono il frutto di studio, destrutturano la parola, usano in modo intelligente i suoni, sono sarcastici e mai politicamente corretti. Non si adagiano su quel tipo di comicità che non fa male a nessuno e che, per questo, poi finisce per non fare bene a nessuno. Sono dei comici di rottura".
Il dolore e la sua rappresentazione è al centro di Omicidio all'italiana: "deve fare male", citando Mariottide, una delle maschere più amate di Maccio, girare un film? Realizzare questo è stato doloroso? "È stato doloroso girarlo perché, qualsiasi cosa faccia, per me è sempre una sorta di parto. Siccome scrivo anche la sceneggiatura ci tengo molto: soffro molto facendolo. Poi è stato materialmente scomodo farlo: siamo stati per un mese e mezzo in questo paesino ed era difficile capire dove posizionare la camera, perché era tutto salite e discese. Una scomodità sana però: ci ha aiutato a portare a casa un film diverso da quello che avevamo fatto in precedenza. E poi mi ha fatto male soprattutto ai quadricipiti: le salite che facevamo ogni volta per tornare al camper erano ripidissime". "A me, il primo giorno, hanno tagliato la mano" ci ha detto Herbert, proseguendo: "La truccatrice mi aveva incollato dei peli finti sul braccio e, con le forbici, stava sfoltendo quelli troppo lunghi: sforbiciando mi ha tagliato la mano. Sangue dappertutto. Ho odiato questo paese dal primo momento".