Trent'anni fa Oliver Stone conquistava la critica e il pubblico con il suo film sul caso JFK, incentrato nella fattispecie sull'indagine di Jim Garrison (interpretato da Kevin Costner) in merito all'omicidio di John Fitzgerald Kennedy. Una ricostruzione precisa ma non esente da critiche, come lo fu già all'epoca l'inchiesta di Garrison, e perfettamente in linea con l'accoglienza generale nei confronti dell'opera di Stone, intrisa di complotti e paranoie (motivo per cui, nel 2006, ci fu non poco scetticismo alla notizia che lui avrebbe fatto un film sulla distruzione delle Torri Gemelle, poi rivelatosi relativamente sobrio e privo di supposizioni sugli eventi dell'11 settembre 2001). A tre decenni di distanza il cineasta americano è tornato sul caso, questa volta con la forma del documentario, svelato in prima mondiale a Cannes nel mese di luglio 2021, con proiezione di gala all'interno della neonata sezione Cannes Premiere. In tale occasione Stone ha affermato che c'era anche una versione di quattro ore (il film ne dura due), con inevitabile commento di Thierry Frémaux: "Io l'ho vista." E ora, dopo un primo passaggio alla Festa del Cinema di Roma, la può vedere anche il pubblico italiano grazie a Sky Documentaries e NOW, che propongono entrambe le incarnazioni dell'ambizioso progetto di Stone.
Stone e il documentario
Pur essendo noto soprattutto per i suoi film di finzione (con tanto di Oscar per la regia di Platoon e Nato il quattro luglio, le prime due parti di una trilogia di rielaborazione del trauma del conflitto in Vietnam), Oliver Stone è anche un apprezzato documentarista, con controversia annessa perché in tale sede tende a dare spazio a figure percepite come negative dai media occidentali, dal defunto dittatore venezuelano Hugo Chavez al presidente russo Vladimir Putin. Un percorso coerente con quello finzionale, che mette in discussione la Storia americana attraverso i decenni, dall'assassinio di Kennedy all presidenza di Nixon, passando per l'attentato al World Trade Center e la vicenda di Edward Snowden. Era quindi inevitabile che le due realtà si fondessero per il duplice documentario su quanto accaduto a Dallas nel novembre del 1963, che lo stesso Stone definisce una postilla di JFK - un caso ancora aperto, al punto da affidarne parte della voce narrante a Donald Sutherland, che nel 1991 fu protagonista di una delle scene più memorabili del film, con un monologo che l'attore dovette memorizzare mentre passeggiava a Parigi con il suo cane.
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Una indagine, due titoli
Questa postilla esce con due titoli: il montaggio cinematografico presentato a Cannes si chiama JFK Revisited: Through the Looking Glass, quello televisivo invece JFK: Destiny Betrayed (dal libro Destiny Betrayed: JFK, Cuba and the Garrison Case, principale fonte usata da Stone e i suoi collaboratori). Ma il succo del discorso rimane lo stesso: il cineasta non è ancora pronto a rinunciare alla sua ossessione per gli eventi dell'autunno del 1963, e probabilmente non lo sarà mai, perché a detta di lui non è solo un caso ancora aperto, come recita il sottotitolo italiano del film del 1991, ma una ferita che non si può rimarginare all'interno del sistema statunitense. Nemmeno il suo lavoro può veramente servire a chiudere la vicenda (e vedendo il duplice documentario viene da chiedersi se tra altri dieci anni non salterà fuori qualcosa di nuovo che alimenti la visione disincantata che il cineasta ha di quel periodo della Storia americana), ed è forse anche per quello che gli utenti di Sky e Now possono assaporare entrambe le incarnazioni del progetto: è un continuo work in progress, un'indagine - umana, politica e cinematografica - che non arriverà mai al capolinea. Una magnifica ossessione che rimane tra le più ipnotiche del cinema USA contemporaneo.