Una valigia in un campo d'erba che si apre. Ne esce un uomo, vestito elegantemente di nero. L'uomo si chiama Oh Dae-su, un uomo che è ai limiti della follia, dopo aver passato la bellezza di 15 anni chiuso in una stanza. Ora è finalmente libero ed è pronto a vendicarsi di chi l'ha rinchiuso. E dopo 16 anni dalla prima visione, come il protagonista, anche lo stesso Oldboy si ripresenta nelle sale italiane, in occasione del nuovo restauro in 4K (a cui seguirà a luglio una succulenta edizione home video a cura di Lucky Red e Midnight Factory). Un'occasione più unica che rara per rivivere (o scoprire per la prima volta) uno dei più grandi thriller del cinema contemporaneo. Ecco perché abbiamo voluto scegliere 5 motivi per rivedere Oldboy al cinema.
1: Il restauro
Il primo motivo per rivedere Oldboy al cinema è anche il più scontato e ha a che fare con la qualità di questo nuovo restauro. Quante volte, in occasioni simili, si è detto che "è come vederlo la prima volta"? Nel caso di Oldboy la sensazione si fa ancora più forte, anche perché fino ad oggi questo cult aveva avuto una storia distributiva particolare. È un film del 2003 eppure viene presentato al Festival di Cannes del 2004 dove vince il Grand Prix. Il presidente di giuria di quell'anno è Quentin Tarantino che, totalmente innamorato, dirà che si tratta di un film "che avrei voluto fare io". Tarantino è sulla cresta dell'onda grazie a Kill Bill ed è merito suo se molti film del cinema orientale trovano distribuzione anche da noi. In Italia si dovrà aspettare addirittura l'anno successivo per poterlo vedere e, come tutti i film cult, trova un buon passaparola soprattutto attraverso il supporto DVD ad oggi fuori catalogo. Il nuovo restauro in 4K, supervisionato dallo stesso Park Chan-Wook, ripristina le tonalità di colore della pellicola originale. Finalmente il colore verde, il più difficile da trasportare in pellicola e il più odiato dall'industria secondo il direttore della fotografia, diventa più acceso, il look acquista un nero più corposo e si riesce a percepire quella grana naturale della pellicola che farà felice gli appassionati. Ora Oldboy si può mostrare in tutta la sua gloria, fedele al girato e colpirà ancora durissimo.
Old Boy di Park Chan-Wook: il trailer della versione restaurata, al cinema dal 9 giugno
2: Lo stile
Perché i film intramontabili che diventano dei veri e propri classici non perdono la loro forza nel corso degli anni. Vedere Oldboy oggi causa le stesse emozioni di 16 anni fa. Merito di una sceneggiatura che funziona perfettamente come un ingranaggio da smontare e di uno stile di regia che ancora adesso appare fresco e innovativo. Non è un film così tanto adrenalinico, salvo qualche sequenza prettamente action (come quella celebre del corridoio che ha fatto storia in cui il nostro protagonista lotta a colpi di martello dei sicari), eppure sin dall'inizio in medias res veniamo catapultati in un tour de force che non conosce scampo. Merito di una regia ispirata, che mantiene la macchina da presa quasi costantemente in movimento, di coadiuvarsi con delle scelte di montaggio azzeccate (la prima inquadratura è al tempo stesso descrizione perfetta del film e momento spiazzante per come esplode) senza negare alcuni momenti persino onirici. D'altronde bastano i primi 15 minuti per rendersi conto di non assistere a un film comune: inquadrature sbilenche, camera a mano, effetti digitali, rotazioni di 360°, c'è tutto il repertorio per precipitare fin da subito nella spirale di Oldboy.
3: Il tempo
Il logo del film presenta alcune lettere capovolte, movimento che si percepisce durante i titoli di testa. Il tempo è un elemento fondamentale per la storia di Old Boy. Park Chan-Wook usa il linguaggio cinematografico per piegare e spezzare il tempo, procedendo per ellissi, flashback, talvolta nemmeno troppo espliciti. Il film gioca con lo spettatore, facendolo entrare nella confusione mentale di cui soffre lo stesso protagonista, costretto a inseguire i motivi della sua prigionia (e della sua liberazione dopo così tanto tempo). Il tempo è l'elemento cardine perché si lega al tema del film, ovvero la vendetta. Secondo capitolo di una trilogia tematica (iniziata con Mr. Vendetta - Sympathy for Mr. Vengeance e conclusa con Lady Vendetta), Oldboy è la storia di una duplice vendetta: quella di Dae-su nei confronti del suo rapitore e quella del rapitore Lee nei confronti del protagonista. Si dice che la vendetta è un piatto che va servito freddo ed è proprio l'attesa di questo raffreddamento che rende le motivazioni dietro la vicenda ancora più terribili e cupe. Sembra un semplice storia di vendetta eppure proprio l'incedere del tempo cambia tutta la gravitas di questa tragedia. Ne parleremo meglio nell'ultimo paragrafo.
4: Lo shock
Arrivati a questo punto, un piccolo avvertimento: se non avete mai visto Oldboy tornate a leggere questo e il successivo paragrafo dopo la visione. Non possiamo che entrare nel regno degli spoiler per spiegare quanto le rivelazioni shockanti siano parte integrante della pellicola. Anzi, stando alle dichiarazioni del regista la storia incestuosa che si consuma doppiamente (sia da parte di Lee con la sorella, che con Dae-su e la figlia) è stato il punto di partenza che l'ha convinto a prendere in mano le redini del progetto. Sta in questo shock il diverso approccio di Park Chan-Wook che ha adattato il manga omonimo cambiandone radicalmente la storia. La rivelazione che il rapporto sessuale tra Dae-su e Mi-Do sia un rapporto carnale tra padre e figlia, inconsapevoli, è il punto di non ritorno del film. È in quel momento che Dae-su si inginocchia ai piedi di Lee, gli lecca le scarpe, si taglia la lingua in un gesto disperato pur di cercare una redenzione. La violenza in Oldboy è sempre stata parecchio esplicita e disturbante (non possiamo dimenticare i denti estratti col martello), ma nulla in confronto all'ultima presa in giro di Lee nei confronti del protagonista. I gemiti di piacere che noi spettatori avevamo ascoltato durante la scena di sesso tra padre e figlia, dai toni romantici e con un pizzico di commedia, vengono riprodotti a tutto volume per la stanza. Non si percepisce più nessun piacere, ma solo dolore. Un atto di amore consensuale prende i connotati di una violenza. Eppure sarebbe troppo banale e superficiale considerare la bellezza di Oldboy solo attraverso lo shockante showdown finale. Ma basta questo breve momento per sottolineare come Oldboy sia un film che trasuda il cinema più coraggioso e fiero, che non ha paura di scuotere lo spettatore. E ci riesce ancora oggi.
5: Il finale
"Ottenere la vendetta fa parte di me" "Vendicarti fa bene alla salute, ma che succede una volta che ti sei vendicato? Scommetto che il dolore tornerà a cercarti"
Citiamo due battute del film, la prima pronunciata da Dae-su e la seconda da Lee per introdurre l'ultimo motivo della nostra lista. Non possiamo fare a meno di approfondire il finale del film, perché se Oldboy sconvolge e diventa memorabile è proprio grazie alla sequenza finale, enigmatica, aperta. In un film che si basa sul tempo e sul suo scorrere, come un fiume che sembra fluire nei tracciati della vendetta, è destino che il tutto si concluda appena questo flusso si interrompe. La duplice vendetta viene soddisfatta da ambo le parti, lasciando protagonista e antagonista sospesi. Lee, una volta consumata la vendetta ai danni di Dae-su, non troverà altra ragione di vita, suicidandosi con un colpo di pistola. Dae-su, tuttavia, chiederà di essere messo sotto ipnosi per dimenticare la sconvolgente rivelazione. Il piatto della vendetta è servito, il tempo finalmente si ferma, il flusso cinematografico (in un film che ha fatto del movimento e del procedere la sua marcia) è destinato a concludersi. Eppure proprio in quell'ultimo dubbio essenziale, nel non capire se l'ipnosi finale è andata a buon fine, con quel sorriso di Dae-su che è anche un grido di aiuto e di dolore si compie la maestria di Park Chan-Wook. Tutto la storia avviene attraverso uno sguardo voyeuristico di Dae-su che scopre la relazione tra Lee e sua sorella. Il film stesso, appropriandosi del tempo come motore cinematografico, trasforma l'occhio di Dae-su nell'occhio dello spettatore. Attraverso i nostri occhi possiamo cercare di indagare l'animo umano del protagonista: ridiamo con lui o lo lasciamo piangere in solitaria? Inno allo sguardo e allo scrutare, Oldboy ricorda l'importanza di essere spettatori e di ciò che comporta. Ed è così che il finale del film ci sfida a rivedere la storia di Dae-su: quanto ancora il fascino della visione attraverso un vetro ci farà sentire appagati, soddisfatti, intimiditi o sporchi?