Tutto è tornato al proprio posto, pronto per essere divorato in modalità binge-watching. Niente di troppo cerebrale, niente di troppo serioso, si intende. Puro e semplice intrattenimento da divorare, in attesa della Vigilia. Dopo il successo della prima stagione (ve ne avevamo parlato qui), ecco arrivare Odio il Natale 2, diretta da Laura Chiossone con Elena Bucaccio nel ruolo di head writer. Non un mistero che lo show sia il remake italiano della serie norvegese Natale con uno sconosciuto, pur rivedendo il tono secondo le necessità e i presupposti nostrani. Come prima cosa, in apertura di recensione, diciamo subito che la seconda stagione di Odio il Natale, disponibile su Netflix, è molto meglio della prima. Più consapevole, più naturale, più coinvolgente nel suo essere corale, mantenendo comunque al centro la protagonista, Gianna, interpretata da una riconoscibile Pilar Fogliati.
Riconoscibile, sì, per due motivi: il primo, perché Pilar è, attualmente, un punto di riferimento per il cinema e la serialità, e poi perché le dinamiche di Gianna, che avvolgono il tono divertito di Odio il Natale, sono rintracciabili nella quotidianità, pur estremizzate in funzione del linguaggio da rom-com. A proposito di linguaggio: come per la prima stagione, Odio il Natale 2 è studiata per essere uno "show istantaneo", accessibile e semplice, che sembra competere più con i prodotti da tv generalista che non con la serialità originale, che ha contraddistinto, per anni, l'identità qualitativa delle piattaforme streaming. Certo, questo è un altro discorso, e poco c'entra con l'opinione critica riguardo la serie. Tuttavia, è funzionale per spiegare lo stato dell'arte, che si rispecchia in tutto e per tutto nell'operazione legata ad Odio il Natale.
Odio il Natale 2, la trama: dove eravamo rimasti?
Dove eravamo rimasti? Ah già, la Vigilia di Natale, e Gianna che si rassegna: meglio single che male accompagnata. Poi, qualcuno suona alla porta e... Un anno dopo, rieccoci: Odio il Natale 2 riprende il filo del discorso, facendo pressoché copia-e-incolla, ma aumentando i colpi di scena, gli amori, e i personaggi. C'è un altro dicembre da affrontare, e Gianna 'sta volta non è più single e la troviamo insieme ad Umberto (Glen Blackhall), con cui condivide anche il lavoro in ospedale (ospedale che, come nella prima stagione, offre storie parallele, e questa volta tra le guest star ci sono Fortunato Cerlino e Jenny De Nucci).
Ma, come sempre, il Natale complica le cose: quando le cose sembravano andare per il verso giusto, Gianna si ritrova incastrata tra dubbi, nevrosi e ansie. Il cenone incombe, a allora bisogna darsi da fare: le amiche Margherita (Fiorenza Pieri) e Titti (Beatrice Arnera) provano ad aiutare Gianna, ma sarà l'arrivo di Filippo (Pierpaolo Spollon), il nuovo vicino di casa, a scombussolare definitivamente (e ancora una volta) il mese più magico dell'anno.
Odio il Natale, Pilar Fogliati: "L'ansia dei trent'anni per una serie generazionale"
La slitta di Babbo Natale? Passa due volte!
Se, come detto, l'originalità non è il tratto preponderante della serie, quello che però viene rafforzato nei nuovi episodi (sono sei, e durano circa mezz'ora) è la trascinante atmosfera, avallata dalle luci natalizie: la coralità aumenta, le interazioni tra personaggi vengono sfruttate al meglio - nonostante il tempo scenico a disposizione - e i dubbi di Gianna si fanno, per certi versi, più maturi. Del resto, Odio il Natale prosegue una nuova poetica legata agli over 30: se parlavamo di riconoscibilità, è perché la personalità di Gianna, e il mondo che le ruota attorno, non risulta (eccessivamente) artificiale. Di più, Gianna, e di riflesso la scelta di casting, che punta su Pilar Fogliati, è l'emblema della più tipica millennial. Insicurezze, tormenti, ossessioni, nonché la pressione dell'amore a tutti i costi.
Questo è il punto di vista più interessante (rimarcato dalla terza parete infranta da Pilar, in stile Feelbag), a cui ci aggiungiamo l'organicità del tono: per anni, i prodotti italiani hanno raccontato situazioni altamente elitarie, ora sembra avvenire il processo inverno, puntando appunto sulla normalità. I protagonisti di Odio il Natale sono, infatti, l'archetipo della normalità stessa: vite normali, relazioni normali, lavori normali. Un punto di forza, che il pubblico ha riconosciuto, e che ritrova nella conclusiva (?) seconda stagione. Dunque, per parafrasare Gianna, "la slitta di Babbo Natale Slitta passa una seconda volta, basta saperla aspettare". E questa seconda volta sì, è quella giusta. Del resto, la vera magia non è essere speciali, ma normali.
Conclusioni
Come scritto nella nostra recensione, la seconda stagione di Odio il Natale è migliore della prima. Il motivo? Maggior coralità e maggior riconoscibilità, svolte e situazioni meno artificiali, e una coesione migliore tra storia e personaggi. Nulla di troppo assoluto, né di troppo impegnativo, ma la naturalezza e la normalità premiano un prodotto seriale perfetto per le Feste.
Perché ci piace
- Pilar Fogliati sempre in parte.
- La coralità.
- Svolte meno artificiali.
- Le dinamiche tipiche dei millennial.
Cosa non va
- La recitazione di contorno spesso latita.
- Niente di troppo originale.