Presentato fuori concorso al 67esimo Taormina Film Festival, è in sala dall'otto luglio Occhi Blu, film d'esordio di Michela Cescon, che si ispira al genere dei polar francesi. Girato in una Roma prevalentemente notturna, segue le avventure criminali di Valeria, donna dal passato misterioso che rapina banche e viaggia in moto. A interpretarla è Valeria Golino.
A dare la caccia a Valeria è il commissario interpretato da Ivano De Matteo, che chiede aiuto per le indagini a un suo ex collega francese, con il volto di Jean-Hugues Anglade. L'uomo sta conducendo a sua volta un'indagine personale: vuole scoprire chi è l'assassino di sua figlia, travolta proprio da una moto. Abbiamo incontrato l'attore Ivano De Matteo e la regista Michela Cescon a Taormina, dove ci ha raccontato come è stato trasformare Valeria Golino in un samurai a partire dall'amore per Drive di Nicolas Winding Refn, trasformandola in un'antieroina che si diverte a rapinare banche, senza dover spiegare perché.
La video intervista a Michela Cescon
Occhi blu, la recensione: lo sguardo esistenziale di una Roma noir
Occhi blu: Valeria Golino tra un samurai e un'apache
La protagonista del film fa pensare alla Sposa di Kill Bill e un po' a James Bond: come ti è venuta l'idea?
Un po' di anni fa ho visto Drive di Refn: mi piacque tantissimo questo personaggio maschile e mi sono detta che avrei voluto fare un personaggio femminile così. Poi è chiaro che Valeria in Occhi blu non è quella cosa lì: le ho dato le mie ossessioni, la mia personalità. Ho costruito una specie di samurai. Intelligente, una donna che fugge, che si diverte anche a fare quello che fa, autonoma, non spiegata, raccontata ma neanche troppo, con dei vuoti attorno, che riempiamo noi che la guardiamo. Non è volutamente madre, moglie, amante, legata a qualcosa, ma è proprio autonoma. È un'apache.
Ecco, un personaggio che si diverte: in genere è qualcosa legata a personaggi maschili di questo tipo. Pensiamo a Walter White: lui sceglie di delinquere e gli piace. Tutti alla fine fanno il tifo per lui. Se fa una donna una scelta del genere forse è più spiazzante. Quanto era importante per te questo aspetto?
Hai fatto una buona osservazione: pensa che quando abbiamo cominciato a scrivere la sceneggiatura e la facevo leggere, tutti mi dicevano ma perché non facciamo vedere che ha un cane, che è stata violata da piccola. Non riuscivano a capire perché io non davo la giustificazione a quello che lei fa. Perché è diventata una rapinatrice? E io dicevo: ma John Wayne ti diverte perché spara, perché va a cavallo, non ti chiedi se John Wayne da piccolo chissà che storia ha avuto. Mi chiedevo perché per questa figura femminile devo per forza spiegare quello che fa? Lei si diverte, è una rapinatrice. Certo è una rivincita, un po' di rabbia c'è. C'è vendetta, è un film sulla vendetta, ci sono discorsi quasi biblici, shakespeariani. Però lei si diverte. È anche molto erotica: attorno a questo tavolo, anche se di Golino non facciamo vedere niente, è sempre molto vestita, tutto ciò che fa, come quando gioca a ping pong, è molto sensuale. È libera.
Occhi blu e l'ossessione per lo spazio
È interessante l'uso della scenografia: il piano della protagonista sembra quasi un Pollock. Ci sono molti neon. Qual è l'ispirazione per queste scenografie che sembrano opere d'arte?
Vengono un po' dalla mia storia: credo che per il cinema meno fai vedere meglio è. Soprattutto quando hai a che fare con poliziotti, commissari, case di assassini, case di rapinatrici. Se tu cominci a riempire di oggettini diventa tutto confuso. Perché cosa abbiamo perso noi spesso? Il cinema, a differenza di tante cose, ha un punto di vista. Il film ha volutamente una regia forte: io ho messo la macchina da presa e ho deciso di far vedere quella cosa lì. Se aggiungo un ninnoletto quello racconta. Siamo abituati a riempire dei vuoti, come se dovessimo riempire chissà che vite. Ma il cinema è finzione, non serve niente. Poi per carità, ho l'ossessione per l'architettura, per il design, ognuno ha le sue passioni. Io amo molto lo spazio.