Un film di ritorni, un film di memorie, un film di occasioni perse, e di occhi che si aprono. Nella filmografia di Pierfrancesco Favino ce n'è uno, più degli altri, che vive in simbiosi con la cornice circostante. Una geografia precisa, resa protagonista dalla regia di Mario Martone, nonché capace di influenzare le domande e le risposte di un protagonista tornato dal passato. Perché Nostalgia, presentato a Cannes nel 2022, non potrebbe essere lo stesso film senza la luce di Napoli. Anzi, senza la luce che si insinua tra i vicoli del Rione Sanità.
Il film, che ha ricevuto diverse candidature ai David (con la vittoria di Francesco Di Leva), e arrivato su Netflix, racconta di Felice (Favino) che, dopo aver perso l'accento napoletano per gli anni (tanti) trascorsi in Libano e in Egitto, ritornata nella sua Napoli per assistere sua mamma, Teresa (Aurora Quattrocchi), ormai anziana. Saranno i ricordi, più del rimorso, e forse meno di una sfumata nostalgia, a prendere il sopravvento: del resto, quello di Martone, è un film di parentesi lasciate aperte. Spalancate. Qui, in una Napoli profondamente cambiata, l'intenzione di Felice appare subito chiara: ri-stabilire una connessione con sé stesso, con quei luoghi graffiati, e con il fantasma di un vecchio amico divenuto 'o' Mal'omm, un boss camorrista (Tommaso Ragno) che, dal canto suo, non ha mai dimenticato Felice.
Nostalgia, le location come spiegazione del film
Per farlo, la struttura cinematografica di Nostalgia, e di conseguenza la struttura narrativa, si lega al panorama mentale del protagonista, incastrato in una rete di vicoli che trasudano il senso naturale del cinema di Mario Martone. Un cinema che vive in simbiosi con la scenografia, tanto umana quanto - in questo caso - metropolitana. Gli spazi, con le suggestioni di Paolo Carnera alla fotografia, e con l'organizzazione di Carmine Guarino alla scenografia, si allungano e si accorciano nel cuore di una città viva, pulsante, affascinante, eppure pericolosa nella prospettiva di un sottobosco che Mario Martone non ignora, ma anzi riporta in superficie, elaborandone i significati.
Così, in una rete che tiene stretto Felice (intrappolandoci a nostra volta), la Nostalgia di Pierfrancesco Favino si destreggia in un labirinto che parte dalla casa materna, umida e rintanata in un piano terra di Via Cristallini, a pochi passi da quel gioiello dell'Ipogeo dei Cristallini. Una casa - e un vicolo - dove il sole (il sole di Napoli) non arriva, ma sarà portato, fugacemente, da un figliol prodigo che, entrando nel Rione Sanità, varca la mistica Porta San Gennaro affrescata da Mattia Preti (la più antica di Napoli). Una porta che nei Secoli passati segnava il confine con un cimitero per le vittime della peste, vegliate dallo sguardo di San Gennaro, Santa Rosalia e San Francesco Saverio. Un simbolo nel simbolo, che demarca il passato e il futuro di Felice.
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Napoli, una città di salite di discese
Ma se di labirinto si tratta, le viuzze di Napoli, salendo da Via Vergini, si aprono poi sul palcoscenico centrale: una coreografia di motorini e una soundtrack di schiamazzi e di clacson abbracciano (letteralmente) il protagonista, sotto la maestosità della Basilica di Santa Maria alla Sanità. Una sorta di avamposto religioso che tiene con sé la Fede e la speranza; una resistenza all'illegalità, in cui don Luigi Renga (Francesco Di Leva) ne è tanto sindaco quanto pontefice.
Ma Napoli, come Nostalgia, è verticale: si sale, e si scende. Vicoli concatenati, l'odore di soffritto che esce dalle finestre basse, le lenzuola bianche stese ad asciugare. Salite e discese, come quella - famosissima - di Capodimonte, segnata da un muro di tufo resistente al tempo. In fondo, quello di Felice è un viaggio a ritroso, gradino per gradino, location per location. Ma Napoli, lo sappiamo, è divisa in due: sopra e sotto il livello della strada. E Mario Martone, nel suo film, si cala insieme a Felice nella ri-scoperta del territorio con due luoghi speciali della Napoli Sotterranea: le Catacombe di San Gennaro, e ancora il mistico Cimitero delle Fontanelle (oggi chiuso), dove Felice, ormai di nuovo napoletano, chiederà protezione alle anime degli antenati.