Dopo mesi di attesa e di chiacchiericcio intorno ad essa, è con grande piacere che scriviamo la recensione di Normal People - la serie BBC distribuita negli USA da HULU che arriva da noi dal 16 luglio su StarzPlay. Una serie, tratta dall'omonimo romanzo di Sally Rooney, che ha scatenato un tale passaparola tra addetti ai lavori ed appassionati di serialità da risultare per molti già "la serie dell'anno", appellativo spesso pericoloso ma, secondo noi, in questo caso abbastanza calzante.
IT AIN'T A LOVE STORY
Al contrario di quanto potrebbe sembrare da trailer e poster che hanno accompagnato la promozione dello show, Normal People non è solo una storia d'amore fra i due protagonisti, Connell (Paul Mescal) e Marianne (Daisy Edgar-Jones), bensì una storia di crescita personale più che di coppia. Un romanzo di formazione individuale, un coming of age maschile e femminile, una sorta di educazione intellettuale, sentimentale e sessuale del singolo. Spesso durante i 12 episodi che compongono la serie i due si dicono vicendevolmente: "Non riesco a stare bene con nessuno tranne che con te". Non si tratta come potrebbe sembrare di una frase da commedia romantica ma piuttosto di una dichiarazione d'intenti del senso d'inadeguatezza che si prova istintivamente da adolescenti nel proprio corpo e nella propria testa, e di come a volte questo ci accompagni anche da adulti. In fondo noi uomini siamo un continuo "work in progress" come specie. Normal People si rivela così anche uno spaccato sociale sulla gioventù contemporanea. I due protagonisti appartengono a due classi sociali agli antipodi, eppure anche qui il loro incontro non è da Romeo e Giulietta, ma piuttosto sono accomunati da una certa asocialità che li rende due spiriti affini. Marianne viene da un retaggio benestante, lui fa parte della "classe operaia", la madre di lui lavora come donna delle pulizie per la famiglia di lei. Connell a scuola è però popolare, gioca nella squadra di calcio e ha il suo gruppo di amici... ma si distanzia da loro perché non gli piace deridere Marianne (anche se partecipa passivamente) e gli piace molto leggere e farsi un'idea propria delle cose. Marianne è altrettanto intelligente ma totalmente asociale a scuola, tanto da essere scansata e derisa da tutti come "frigida", perché tutti percepiscono che si comporta come se si credesse migliore di loro (e in effetti è così). Ecco un altro tema importante affrontato dalla serie: siamo ciò che la gente percepisce da noi o riusciremo a toglierci di dosso queste "etichette" crescendo? Quanto la società, soprattutto oggi, ci stimola costantemente con messaggi più o meno subliminali su come dovremmo essere?
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IT AIN'T A TEEN DRAMA
Al contrario di un certo passaparola sulla serie, Normal People non è nemmeno propriamente ascrivibile alla categoria del teen drama. Non solo perché ridurrebbe il suo potenziale, ma soprattutto perché non si ferma unicamente agli anni del liceo ma prosegue fino agli anni del college per Connell e Marianne. E infatti Normal People sorpassa il problema degli show adolescenziali sul salto dagli anni dell'adolescenza a quelli dell'università, poiché spesso lontana da casa, concentrando tutto in un'unica stagione e mostrando quindi direttamente la maturazione dei due personaggi, che ritroviamo man mano dopo anni negli episodi, e sarà compito degli spettatori andare a colmare i vuoti con quanto viene mostrato nel serial. Nella crescita è anche il background familiare a definirci: Connell ha solo la madre che c'è sempre per lui, soprattutto per ricordargli quando fa delle scelte sbagliate, mentre la famiglia di lei è meno di supporto. La madre sembra crederla responsabile di qualsiasi cosa vada storta, retaggio di un padre abusivo ora defunto ma di cui non si parla, e in questo venera il figlio maschio, che sembra odiare la sorella per come si comporta da asociale a scuola rovinando "il buon nome" della famiglia.
Normal People ricorda un po' un incrocio fra la Before Trilogy di Richard Linklater che vedeva i personaggi di Ethan Hawke e Julie Delpy rincontrarsi negli anni per seguire l'evoluzione della loro vita come singoli più che come coppia, e Boyhood sempre di Linklater. Tanto che qualche mese dopo la messa in onda oltreoceano della serie, al RTÉ Does Comic Relief, è stato realizzato per beneficienza un corto in cui Abrahamson è tornato a dirigere Edgar-Jones e Mescal nuovamente nei panni di Marianne e Connell ma 40 anni dopo, mentre si confessano al prete interpretato da Andrew Scott già visto in Fleabag in un inedito crossover.
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PERSONE NORMALI
Come dice il titolo del romanzo prima e della serie poi, Normal People parla di persone normali, non straordinarie, ma nemmeno ordinarie, di persone come noi che guardaqno con curiosità alla vita. Di persone che cercando di trovare letteralmente il loro posto del mondo, di costruire prima di tutto sé stesse prima di costruirsi un futuro, una posizione, una famiglia. Partendo da una sceneggiatura della stessa Rooney insieme a Alice Birch, che va a scavare l'introspezione dei due personaggi attraverso dialoghi azzeccatissimi, la regia della serie, per par condicio, è affidata a un uomo (Lenny Abrahamson, già regista del claustrofobico Room con Brie Larson) e a una donna (Hettie MacDonald, conosciuta tra le altre cose per aver diretto il premiato episodio "Blink" di Doctor Who). Il duo si concentra sui dettagli, degli ambienti e soprattutto dell'anatomia dei due protagonisti, e su temi come l'accettazione del proprio corpo e del proprio carattere. Edgar-Jones e Mescal dimostrano non solo un'ottima interpretazione ma anche una grande chimica fra loro, non solamente fisica, costruendo in dodici puntate un ritratto intimo, veritiero e verosimile di due ragazzi di oggi.
Conclusioni
Chiudendo questa recensione di Normal People vi consigliamo di approcciarvi ad essa senza aspettarvi una storia d’amore e nemmeno un teen drama propriamente detti, ma piuttosto qualcosa che va oltre entrambi i generi e che coinvolge lo spettatore, grazie all’interpretazione dei due giovani e promettenti protagonisti. Un prodotto che grazie all’assetto temporale che coinvolge più anni, alle ambientazioni suggestive (c’è anche un episodio ambientato in Italia), a dialoghi e regia puntuali mostra un romanzo di formazione di questi due ragazzi “gettati nella mischia della società”, all’affrontare tematiche come il ruolo della donna e il femminismo, ne fa consigliarne assolutamente la visione. Se non è la serie dell’anno, ci va indubbiamente molto vicino.
Perché ci piace
- Una storia che va oltre i generi del romantic drama e del teen drama.
- Due interpreti convincenti (Daisy Edgar-Jones e Paul Mescal) con una grande chimica fra loro-
- Sceneggiatura, regia e colonna sonora dipingono in modo efficace un coming of age sui generis.
Cosa non va
- Non troviamo francamente difetti da segnalare.