Quando una giovane donna viene ritrovata senza vita, il detective della omicidi Walter Marshall sospetta che la vittima sia morta mentre cercava di scappare dal suo assalitore. Le indagini sul caso lo portano a imbattersi nell'ex giudice Michael Coooper, che dopo aver abbandonato la toga al chiodo si è ritirato a vita privata per svolgere un'attività da vigilante, per cui sfrutta la fondamentale collaborazione di Lara, un'adolescente della quale si è preso cura in seguito alla morte dei genitori: insieme i due adescano dei molestatori affinché le loro malefatte non possano più ripetersi.
Come vi raccontiamo nella recensione di Nomis, quando Lara scompare nel nulla, viene poi rintracciata tramite un trasmettitore nascosto nei suoi orecchini, che conduce la polizia in una villa di proprietà di un certo Simon Stulls, individuo mentalmente instabile che lì segregava altre ragazze. Il maniaco viene catturato e condotto dietro le sbarre, ma anche da lì continua un subdolo gioco con le forze dell'ordine e Marshall, coadiuvato dalla collega e psicologa Rachel Chose, dovrà cercare di svelare il suo folle gioco per salvare altre vite in pericolo.
Nella mente del serial killer
Sulla carta il cast prometteva grandi cose, basti pensare che nei ruoli principali si poteva contare sulla presenza di Henry Cavill, Alexandra Daddario e Ben Kingsley, con figure secondarie interpretate da guest d'eccellenza come Stanley Tucci e Nathan Fillion. E invece Nomis ha sprecato il suo folto stuolo di interpreti in una narrazione spesso insulsa, che scimmiotta qua e là grandi classici senza un minimo di ispirazione, finendo per sfaldarsi progressivamente nello scorrere dell'ora e mezzo di visione. La caratterizzazione del villain di Brendan Fletcher, ex bambino prodigio ormai specializzato in personaggi sopra le righe, tenta di ricalcare quella dell'omologo di Edward Norton in Schegge di paura (1996), ma dal confronto non può che uscirne con le ossa rotte, anche per via dei toni eccessivamente caricaturali, ulteriormente rimarcati dopo il colpo di scena che rivoluziona parzialmente l'ultimo terzo del racconto.
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Una storia ricca di contraddizioni
Dal prologo con la fuga di notte in un bosco innevato sembra di trovarsi di fronte ad una delle innumerevoli produzioni Lifetime per il piccolo schermo, dove di sovente una figura femminile si trova a scappare da assassini o criminali di varia risma. Qui naturalmente ci troviamo di fronte ad un film ben più solido dal punto di vista di budget e della messa in scena, ma in ogni caso la sceneggiatura non fa altro che scadere in una serie di luoghi comuni e illogicità assortite, a cominciare dalla presenza da vigilante dell'ex giudice che viene tollerata come nulla fosse da tutti: certo siamo negli Stati Uniti, ma anche contestualizzando il tutto la soluzione risulta ben più che improbabile. Henry Cavill si limita a prestare corpo e anima a un personaggio altamente stereotipato, padre amorevole di una ragazza adolescente che cerca di fare sempre la cosa giusta al momento giusto, risultando poi fondamentale in quella resa dei conti finale con tanto di lago ghiacciato quale suggestivo palcoscenico degli eventi. Meglio non va ad Alexandra Daddario, vittima a sua volta di una psicologa gioco-forza sessualizzata anche quando non sarebbe stato necessario.
Nel nome della legge
Il discorso sulla giustizia che non compi(rebb)e il proprio corso, con l'80% dei molestatori - parola del personaggio di Ben Kingsley - che sarebbero recidivi a rappresentare un grave pericolo per la società, poteva essere sfruttato in maniera più intelligente, qui invece semplice ausilio per giustificare scelte e decisioni, con imprevisti e follie assortite a indirizzare il racconto su derive via via più assurde, quando non addirittura involontariamente ridicole. A regnare è una gran confusione e la regia anemica di David Raymond, anche autore del controverso script, non migliora di certo le cose, facendo pian piano perdere di interesse e smorzando sul nascere le ipotetiche sottotrame che avrebbero potuto garantire ai protagonisti un minimo di background, con conseguente maggior appeal sullo spettatore, che invece si trova a fare i conti con una storia non soltanto già vista decine e decine di volte ma anche inerme dal punto di vista del puro intrattenimento di genere.
Conclusioni
Un coriaceo detective della omicidi, una altrettanto cocciuta psicologa criminale, un maniaco dalla doppia personalità e un ex giudice riciclatosi vigilante: di carne al fuoco ve ne era parecchia nella sceneggiatura di Nomis, ma non è stata cotta a puntino. L'ora e mezzo di visione si risolve in colpi di scena assurdi e in soluzioni inverosimili, sfruttando malamente il pur assortito cast - Henry Cavill, Alexandra Daddario e Ben Kingsley nei ruoli principali - e innescando un villain involontariamente caricaturale. Una visione narrativamente esile e incolore, messa in scena con una regia anonima e anemica, priva della necessaria tensione a tema.
Perché ci piace
- Un cast potenzialmente interessante sulla carta...
Cosa non va
- ...alle prese con personaggi involontariamente caricaturali e schematici.
- Sceneggiatura spesso inverosimile.
- Stilisticamente anonimo e incolore.