Non poteva che iniziare dai piani alti la conferenza stampa di Noi, l'adattamento italiano di This Is Us in onda dal 6 marzo ogni domenica su Rai1. È così che ha raccontato la nascita del progetto il vicedirettore di Rai Fiction Ivan Carlei: "Quando abbiamo deciso di fare l'adattamento, eravamo tutti innamorati della serie originale quindi tutto è stato fatto con grande entusiasmo, nonostante sapessimo che sarebbe stata un'operazione facile, dati i premi vinti e la portata mondiale. Per me è una scommessa abbastanza riuscita anche se ce lo dirà il pubblico. Era da tempo che volevamo fare un family drama, che non funziona più tanto come genere, e ritornarci con un progetto così ambizioso penso sia stata la scelta giusta. Siamo riusciti a raccontare un pezzo di storia del nostro Paese. È importante guardarsi indietro per scoprire chi si è oggi. Un ringraziamento va al cast, anche agli attori meno famosi." "È stato forse il casting più lungo e più difficile di sempre" ha scherzato Luca Ribuoli, regista dei 12 episodi che compongono la prima stagione.
Noi, la serie su una famiglia e sul nostro Paese
Gli ha fatto eco il co-produttore Riccardo Tozzi CEO di Cattleya: "Si fa poco family drama (che non è il dramma familiare) in Italia, in modo che morda sulla realtà e la rappresenti e siamo partiti da questo. Una grandissima saga di sentimenti familiari ma con sullo sfondo il Paese. L'italianizzazione è stata fatta in un modo profondo e io mi commuovo di più con la serie italiana perché la sento più vicino rispetto all'originale This Is Us, nonostante la ami moltissimo. Le serie italiane hanno spesso regia migliore di quelle internazionali e americane, e questo è uno di quei casi".
Lo sceneggiatore Sandro Petraglia ha spiegato come sia diverso sceneggiare un prodotto seriale partendo da un prodotto già definito: "This Is Us aveva avuto il coraggio di raccontare una famiglia saltando tra passato e presente e chiedendo allo spettatore di entrare in questo meccanismo, ha eliminato i tempi morti. Scene che ci raccontano il cambiamento, personaggi in anni diversi che affrontano sfide diverse e sempre stimolanti. Con Monica Straniero e Flaminia Gressi ci ha posti tante sfide e tanti problemi che vorremmo avere ogni giorno. Problemi di abbondanza. Cattleya ha acquisito 18 episodi e noi ne abbiamo 12 quindi abbiamo potuto eliminare le ripetizioni e i riferimenti americani".
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Noi, l'aspetto universale dei sentimenti
Luca Ribuoli ha poi aggiunto: "È stato complesso per me affrontare il cast, come primo step, e ho potuto immergermi nelle scelte fatte dagli sceneggiatori. È sempre un vantaggio quando hai già un copione di cui fidarti, non è una cosa che avviene sempre, adattare è difficilissimo, una salita e secondo me hanno avuto l'approccio giusto. Si sono sintonizzati con il progetto originale e hanno provato a calarsi dentro la storia come hanno fatto gli americani la prima volta che si sono cimentati con la sceneggiatura. Nella serie americana i tre fratelli compiono 37 anni, da noi 34: se tutti e tre non volessero cambiare la propria vita, questa serie non esisterebbe. Questo coraggio ci voleva. Era impossibile non emozionarsi anche al montaggio oltre che durante le riprese e la messa in scena. Se c'è la volontà di entrare in questi personaggi, è impossibile non rimanere attaccati a loro".
La parola è passata ai due protagonisti, Rebecca e Pietro Peirò, alias Aurora Ruffino e Lino Guanciale, fan sfegatati della serie originale. Dice Ruffino: "Ho provato una felicità immensa ai due provini quando ho ottenuto la parte, poi il terrore. Ma poi ho deciso di dimenticare la serie americana e così è andato tutto liscio. Era sempre così sul set l'atmosfera. Luca ti voglio bene. Spero che il pubblico possa altrettanto dimenticare e abbracciarci".
Aggiunge Guanciale: "La canzone originale Mille Stelle di Nada che ha scritto e che si sente nei trailer è perfetta per questo racconto. C'è stata una grande onestà fin dall'inizio, è come se ogni singola parte fosse intimamente integrata alle altre. La base è la sceneggiatura: io stesso ho scelto di farne parte dopo un dialogo approfondito con Sandro riguardo la direzione che si poteva prendere. Siamo sempre impauriti come attori per qualsiasi ruolo in fondo, e quindi con Aurora ci siamo buttati. Si adatta fin dal teatro italiano di fine '800 inizio '900, esportiamo e importiamo contenuti artistici, siamo grandi debitori della cultura americana di molte cose, soprattutto nel secondo dopoguerra. This Is Us si è imposto come un grande classico della serialità degli ultimi anni. Sapere che avrei rincontrato Aurora e che sarebbe stato un incontro vero, dato che nell'altra serie avevamo linee narrative diverse, è stato uno stimolo ad accettare. Volevamo fosse un racconto il più possibile onesto e inclusivo in cui ci si possa riconoscere come italiani".
Noi, Lino alias Pietro alias Jack
Continua Guanciale: "_Ciò che mi ha conquistato di Pietro era già forte nell'originale ma la prossimità in questo caso arricchisce come diceva prima Tozzi, per le proprie memorie familiari, la sua capacità di donarsi interamente a un progetto che in qualche modo decide debbia cambiargli e sconvolgergli la vita, ovvero costruire una famiglia con la persona con cui si è innamorati, è una cosa semplice da dirsi ma in questo Paese ad esempio ci sono state generazioni non dico preda di un equivoco romantico ma autenticamente convinte che la vita potesse essere fatta di questo, i miei nonni e i miei genitori lo erano, lo sono anch'io. È bello riconoscersi in questa purezza d'intenti, è bello vedere che per un progetto uno sia pronto a tutto, che sia l'amore, la famiglia o altro.
La serie l'ho divorata durante il lockdown perché mi ha affascinato il dispositivo drammaturgico della storia raccontata, la regola di andare avanti e indietro con scarti intermedi e addirittura nel futuro praticamente rende i personaggi un pozzo inesauribile: non smetti di poterli raccontare e scoprire. Credo sia per questo che si sia imposto come un classico che ha rinverdito un genere come il family drama che non soffriva solamente qui da noi. Di Jack Pearson mi ha colpito che da un lato sia il padre che tutti vorrebbero avere, e dall'altro il padre che tutti vorrebbero essere. I personaggi sono davvero imperfetti ed è questa la loro forza_.
Noi, Aurora alias Rebecca
Continua Ruffino: "_È facile lavorare con colleghi così, come si diceva prima, non è retorica. Luca è un regista che è molto esigente ma cerca anche di farti sentire a casa, e penso possa testimoniarlo tutto il cast. È stato facile farsi aiutare da Rebecca Peirò (ride) e dai bambini, che scandiscono il tempo degli adulti. La mattina si cambiavano i pannolini, poi arrivavano quelli che avevano i problemi a scuola alle elementari, e poi quelli in crisi adolescenziali. Tutta una vita in una giornata sul set insomma. Di fronte a tutto questo tu non prendi decisioni interpretative, ti succedono le cose (ride), vieni abitato dallo spirito genitoriale che arriva a dirti la battuta. Non esiste un manuale in libreria per diventare genitori, io l'ho cercato, ma non l'ho trovato. Ogni volta devi organizzarti in modo diverso per dare ai figli risposte che non hai.
Ho il desiderio di condividere una cosa che mi è successa sul set interpretando Rebecca, da mamma proprio. Io ho quasi 33 anni e ovviamente è una cosa a cui ho pensato, quella di avere dei figli, di creare una famiglia. Mi è successo un fatto strano: un paio di mesi dopo aver iniziato le riprese, ho avuto una specie di rifiuto nei confronti della maternità. Un giorno sul set ho abbracciato Luca e gli ho detto "Io non voglio avere figli". Perché tutto quello che si vive in questa serie è così intenso e reale che ti tocca nel profondo. Ma a fine riprese, avendo avuto a che fare anche con i figli da adulti e avendo provato per loro un affetto materno e sincero, è riaffiorato un desiderio ancora più forte di diventare madre. L'amore ha prevalso sulla paura e sul dolore_".
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Reunion attoriali
Ruffino ha poi confermato quanto detto da Guanciale: "Io con Lino avevo già lavorato ma in modo molto superficiale, quindi in realtà l'ho scoperto su questo set ed è stato tutto molto naturale, all'inizio temevamo un po' perché raccontare una storia d'amore come quella di Pietro e Rebecca, così intensa, così vera, c'era bisogno di creare quella complicità. Il primo giorno set abbiamo iniziato girando la scena del matrimonio, ed è stata una sorpresa come da subito ci siamo presi. Lino anche quando non è inquadrato ti dona tutto, e questo mi ha aiutata molto nel mio lavoro".
Tocca a Guanciale il botta a risposta: "Per l'imbarazzante taglio di capelli di Pietro visto nel trailer e nei primi due episodi, è tutta un'intera epoca che deve chiedere scusa agli spettatori (ride). È una delle opportunità del nostro lavoro permetterti di vivere dei periodi storici che hai solo lasciato all'anagrafe e a cui non hai proprio preso parte, e io ho riconosciuto ciò che prendevo in giro di mio padre in molte foto dal set (ride). È l'ennesima testimonianza che questa storia riguarda tutti. Spero che gli spettatori dicano vedendo la serie: 'Ma questo sei tu zio, o papà tu quando avevi i capelli'" (ride).
"Riguardo il mio percorso artistico e il mio amore per il teatro, è stato benedetto dalla possibilità di fare cose diverse e ci sono attori talentuosi che sono a casa da due anni e mezzo, quindi mi ritengo molto fortunato. Il teatro per me non è un rifugio, è casa. Casa può essere un posto dove stai bene, dove puoi anche stare male, dove hai bisogno di tornare ciclicamente perché non ne puoi fare a meno, e così via. La mia strada è partita dal palcoscenico e quindi ho bisogno di tornare lì ogni tanto. Ciò che ho fatto anche in tv in questi 15 anni di lavoro finora mi hanno permesso di crescere anche come attore teatrale".
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Un periodo di adattamenti
Noi è arrivata nella stessa settimana di Vostro onore, altro adattamento di un grande format con protagonista Stefano Accorsi. La parola passa alla direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati: "Non si va verso gli adattamenti, si va verso un grande specchio di molte opportunità della serialità, l'adattamento è una delle possibilità, è capitato ora con una doppietta, Vostro Onore e Noi, però Rai Fiction sperimenta con tutti i formati, tutti i generi, tutti i mix in realtà, compresi adattamenti e originali. Noi guardiamo costantemente non solo al mercato americano, ma anche a quello europeo, a quello asiatico. Mai come ora c'è grande attenzione a ciò che fanno gli altri Paesi ma sono anche gli altri a guardare oramai cosa facciamo noi, sfatiamo questa mitologia dei paesi stranieri che tirano la volata e noi dietro (ride). In fondo gli Stati Uniti sono i primi ad adattare moltissimo, senza farsi nessuno scrupolo, ed è questa la strada da seguire per tutti, in un momento in cui la serialità è la regina dei contenuti. In questa fase possiamo sperimentare anche la qualità di prodotti come Noi, che è molto "domestico" se vogliamo ma in una versione tutta nostra e che troverà il consenso anche estero di un family drama italiano che parla in modo universale".
Le fa eco Tozzi: "È un momento di grande salute per la serialità italiana che non ha precedenti. Il fatto che ci siano molti adattamenti è in realtà un segnale che la serialità italiana sia entrata nel mercato internazionale. Lo stesso Vostro Onore è un adattamento dalla serie israeliana in realtà, come ha fatto quella americana. So che ci sono prodotti italiani che saranno adattati negli Stati Uniti, e via dicendo. L'Italia ora è vista come uno dei punti di creatività seriale, siamo tra i quattro-cinque punti di eccellenza mondiale. La globalizzazione del mercato lo ha anche democratizzato in un certo senso, come hanno fatto gli Scandinavi o Israele ad esempio. Trovo interessante che l'internazionalizzazione della produzione è passata prima dalla pay tv e dalle piattaforme ma ora sta andando molto forte sulla tv generalista, che è quella che ha faticato di più nel tempo a circolare. Faccio pubblicità a un concorrente, mi sembra che DOC-Nelle tue mani stia andando benissimo in Francia, ad esempio".
Continua Ammirati: "Per non parlare della serialità in napoletano, come L'Amica Geniale che è un prodotto che già nasce come co-produzione internazionale. Pensiamo quindi a come il linguaggio non incida più, una volta si diceva che l'italiano non esportava, perché era una lingua parlata da pochi, oggi non è più così. Abbiamo tanto da invidiare quanto gli altri da noi, è reciproca oramai la situazione".
I Fantastici Tre
Come si crea una chimica tra fratelli gemelli? Risponde per prima Claudia Marsicano (Caterina): "Per me è stato molto naturale, ci siamo incontrati per un aperitivo prima delle riprese per conoscerci, e quel feeling c'era già. Per me è stato surreale, anche perché questa è la mia primissima esperienza su un set, avevo anche quest'idea degli attori come persone un po' schive, venendo dal teatro dove si è un gruppo molto compatto, e invece questo pregiudizio è stato velocemente eliminato. Ci siamo subito trovati in sintonia ed è stato magico poter portare questo sul set."
Tocca al gemello Dario Aita (Claudio): "Io no (ride) scherzo. Data l'esperienza pregressa di set che mi è capitato di avere con Luca Ribuoli, non sono rimasto stupito dell'alchimia creatasi subito con i colleghi. Un'affinità profondissima e il primo giorno che ho incontrato Claudia e Livio ho subito capito che sarebbe stato così anche questa volta. Per quanto riguarda la fratellanza, siamo tutti e tre più o meno coetanei, a parte Livio che ha dovuto fare forse uno scarto anagrafico, dato che ha un po' l'indole da fratello minore, si faceva coccolare tanto da noi. Claudia si è presa terribilmente cura di me durante le riprese, questo aspetto mi emoziona ancora, e devo ringraziarla. È una grande capacità quella di Luca di creare un set così familiare, tutti i registi dovrebbero fare così. Si lavora sei mesi insieme, quasi tutti i giorni, si condividono emozioni e una storia importante da raccontare, è essenziale che ci sia quell'atmosfera".
Livio Kone: "Io prima di iniziare le riprese ero molto agitato, teso e ansiolitico, un po' come Daniele (ride). Fondamentalmente perché è il mio primo ruolo da protagonista in una serie così gigantesca con attori così talentuosi. La fratellanza è stato uno strumento per combattere quest'ansia ed è iniziata prima di girare, perché quando ci siamo trovati a casa di Angela, che è mia moglie... nella serie (ride) a festeggiare il mio compleanno, che era il 14 febbraio, il giorno prima dell'inizio delle riprese. Questo mi ha tranquillizzato e sciolto, è stato una sorta di "battesimo", mi ha permesso di iniziare a girare con un approccio più sereno. Inoltre durante le riprese siamo usciti spesso a cena insieme, e questo ha contribuito ad accrescere ancora di più quel senso di fratellanza e famiglia, dentro e fuori dal set, e mi sono sentito molto coccolato da loro".
Noi, una grande famiglia fuori e dentro il set
Lo conferma anche Angela Ciaburri (interprete di Betta): "Io e Livio abbiamo legato molto ed era un sostegno reciproco, stavamo letteralmente piangendo ad un certo punto leggendo il copione sul set!" Le fa eco l'interprete di Mimmo, il padre biologico di Daniele, che racconta come il figlio fittizio non volesse conoscerlo prima di recitare sul set, ma proprio come metodo attoriale (ride). Perché Betta (Beth in originale) non è nera? Rispondono Ribuoli e Petraglia: "perché non ci sembrava che non sarebbe stato realistico nell'Italia degli anni '80 una coppia nera benestante. L'eccezione era già il personaggio di Daniele, avere anche la moglie architetto pensavamo che figurasse come una realtà poco italiana".
Ruffino dice che quello che Rebecca le ha lasciato è la possibilità - unica e irripetibile per un attore - di interpretare un personaggio e di viverlo a 360°, per quarant'anni, ed è stato come interpretare quattro donne diverse, ci si è approcciata così: "La famiglia per me è restare uniti nonostante tutto, la capacità di non perdersi e la forza di riuscire ad accettare e cogliere ciò che la vita offre. Non puoi fuggire dalla famiglia, anche quando vai dall'altra parte del mondo. È un legame che ci sarà per sempre, per tutta la vita".
Chiude Guanciale: "La famiglia per me è la cosa di cui non ti liberi mai, nel bene o nel male. Poi sta a te decidere cosa farne del bene o del male che ti ha dato. Ne siamo tutti quanti dolcemente o drammaticamente prigionieri. Sta a noi decidere che destino ci diamo".