Ci sono i documentari, e poi ci sono i documentari come No More Trouble - Cosa rimane di un tempesta. Un vero e proprio tesoro, un film lungo un ricordo, l'istantanea folgorante e straziante che ricerca, come prima cosa, la verità. Ma non la verità oggettiva di cosa si effettivamente accaduto venticinque anni fa, quando Andrea Romanelli, architetto navale e velista, scomparve nel nulla dell'Oceano Atlantico. Bensì, la verità soggettiva di cosa voglia dire essere umani, ed essere professionisti.
Un'opera di grande rilevanza, firmata da Tommaso Romanelli, appunto figlio di Andrea, che all'epoca aveva solo quattro anni. A supportarlo nel viaggio, alternandosi alle immagini inedite riprese dallo stesso Andrea, coloro che sono stati in qualche modo elementi definitivi nella vita dello skipper, come i compagni di navigata, Bruno Laurent, Andrea Tarlarini, Guido Broggi e, soprattutto, Giovanni Soldini. Con loro, anche le parole di Marco Romanelli, il fratello, poi il cognato Emanuele Maggi e, tra dolore e lucidità, quelle della moglie Fabrizia Maggi.
No More Trouble: intervista a Tommaso Romanelli e Giovanni Soldini
In occasione della presentazione in anteprima ad Alice nella Città, abbiamo intervistato proprio il regista, affiancato da Giovanni Soldini. Come punto di partenza per il nostro incontro, purtroppo fugace ma in qualche modo rivelatorio, siamo partiti dalla stessa verità, cercata e disegnata in No More Trouble. "Da un lato c'è il fatto di accettare che alcune verità non si possono raggiungere perché nessuno saprà mai esattamente la realtà di quello che è successo a mio padre dal momento in cui è scomparso", spiega Tommaso Romanelli. "È un film sull'accettare che a volte la certezza non è raggiungibile. Poi c'è anche il fatto di raggiungere la verità tecnica nella soluzione di un problema, perché mio padre era un ingegnere, quindi la verità che cercava era realizzare la barca più veloce del mondo e risolvere dei problemi ingegneristici, aerodinamici e idrodinamici. Però era anche una persona complessa, come tutti. C'era anche il desiderio di esprimere la libertà, e quindi andare in barca, come lo intendono loro, è un'espressione della libertà dell'uomo, perché vai dove vuoi, sei padrone del tuo spazio".
Per Giovanni Soldini, con Andrea fino all'ultimo in quel giorno di primavera del 1998 (stavano tornando da New York con la celebre barca Fila quando vennero sorpresi da una tempesta), la verità è una sorta di "Storia di ricerca. Un modo diverso di vedere le barche, o della nostra vita in barca. Ci sono immagini intime, che abbiamo girato tra noi e per noi. Tommy ha avuto la bravura di renderle tonde, e di trasmettere il motivo per cui Andrea era lì, trasmettendo passione e voglia di cercare soluzioni".
Il velista, limpido nelle parole e lucido negli occhi, spiega poi quanto il documentario sia stato un mezzo per avvicinarsi a Tommaso. "Il film è nato oggi, mi ha reso molto felice perché per tutti questi anni ho sempre pensato che avrei voluto spiegare a Tommy quanto appassionato, quanto impegnato e quanto in gamba era suo papà Andrea. Mi sono sempre detto che era un po' il mio ruolo, nel senso, lui era un bambino e non sapeva niente di tutto quello che noi facevamo. E quando l'ho potuto fare, pochissimo tempo dopo, me l'ha spiegato lui con il suo film".
L'eredità di Andrea Romanelli
Ma qual è stata l'eredità più grande lasciata da Andrea Romanelli? Per Soldini: "Per me è stato un incontro fondamentale quello con Andrea, perché poi abbiamo lavorato insieme tantissimo, abbiamo fatto la barca con cui poi ho vinto il giro del mondo. Ed è stata una barca fondamentale, perché è stata una barca molto innovativa. È stata la prima barca a avere l'albero alare, la chiglia basculante, la prima barca ad avere il ponte tondo e non il ponte piano. E Andrea sicuramente è uno che mi ha insegnato moltissimo del mio lavoro, e anche dell'atteggiamento con cui affrontare le cose".
Per il figlio Tommaso, che tra l'altro dimostra un'ottima predisposizione registica (è la sua opera prima), "A me mamma ha lasciato tantissime cose. Era un uomo, come ogni uomo, ha dentro tantissime cose. Delle tensioni, dei conflitti, delle passioni enormi. Però è sicuramente mi ha lasciato il desiderio di trovare la verità e di seguire una passione ad ogni costo. Quindi è una storia di una grande passione e anche dell'accettare che si può morire di passione".