I due protagonisti del film, entrambi vincitori del premio di miglior attore e migliore attrice protagonista all'ultimo festival di San Sebastian, raccontano l'esperienza sul set di Non desiderare la donna d'altri (Brothers), prodotto dalla Zentropa di Lars Von Trier, distribuito in Italia da Teodora Film, in uscita nelle sale il 25 marzo.
In questo film emerge una visione della guerra intimista, nel senso di una guerra che non sembra giusto combattere. C'è una responsabilità generazionale a prendere parte in un film del genere?
Ulrich Thomsen: Si, c'è una responsabilità nel raffigurare il tempo in cui viviamo, ed è anche per questo che ho accettato di fare questo film.
Ha mai conosciuto persone che hanno vissuto l'esperienza del ritorno dalla guerra? Come ha immaginato questo ruolo? Ulrich Thomsen: Si tratta comunque di fiction, la cosa più importante è l'immaginazione che aiuta a costruire il personaggio. Ho parlato con soldati di ritorno dalla guerra, che dopo l'esperienza sono tornati cambiati; era questa la sensazione che volevo rendere. Mentre giravamo c'era un generale che era stato e doveva tornare in Afghanistan, che mi ha insegnato a usare il bazooka. Susanne Bier (la regista), prima e durante le riprese, si è rivolta a strategi, terapeuti che avevano vissuto l'esperienza in prima persona.
Il fatto che la regia sia di una donna, vi ha fatto percepire un altro tipo di sensibilità?
Connie Nielsen: Visto che la regista è danese, la famiglia non è rappresentata in maniera idealizzata, da contrapporre all'orrore della guerra, i due aspetti non sono così opposti; il fatto che sia donna non ha influito in questo senso.
Il film è stato girato con i canoni Dogma? Connie Nielsen: In questo caso no (sarebbe stato difficile fare un film di guerra con pallottole vere!). La macchina da presa però era sempre fluida, sempre tenuta a mano, hanno usato luci naturali, l'HD (High Definition, digitale) invece della pellicola...Tutto questo donava un senso di immediatezza, a volte non sapevamo nemmeno dov'era la macchina da presa.
Ulrich Thomsen: Non so se è più facile con la macchina da presa mobile, ma è più piacevole, è una tecnica diversa.
Che riflessione personale vi ha suscitato questo film? Ulrich Thomsen: E' un film sulla guerra, penso che la guerra non risolva niente.
Connie Nielsen: Al momento vivo negli USA, ho pensato spesso ai militari di ritorno dalla prima guerra del golfo, e alle quattro donne che sono state uccise dai mariti soldati traumatizzati dall'esperienza della guerra.
C'è differenza fra un set intimista come questo e un set hollywoodiano? Ulrich Thomsen:La differenza principale per me è la lingua.
Connie Nielsen: Ci sono molte differenze: più grande è la produzione, più ci si sente sotto pressione. Il set è più silenzioso con venti persone, piuttosto che con 150, dà più l'idea di una piccola squadra.