Tratto dal primo romanzo della trilogia Millennium di Stieg Larsson, il fenomenale bestseller Uomini che odiano le donne approda sul grande schermo grazie al regista Niels Arden Oplev, che ne propone una riduzione fedele non solo nel plot, ma anche nell'asciuttezza e nell'onestà dello stile dello sfortunato Larsson, scomparso nel 2004 prima di potersi godere il successo dei suoi libri.
Alla presentazione romana del film, in uscita venerdì in 450 copie, interviene il regista, giustamente orgoglioso della cura infusa nella propria creatura, il tenace produttore Søren Stærmose e la bravissima Noomi Rapace, interprete grintosa dell'iconica Lisbeth Salander, il personaggio più significativo dell'intera trilogia - anche se in questo primo capitolo la ragazza con il grande drago tatuato sulla schiena condivide la luce dei riflettori con Mikael "Kalle Blomkvist", interpretato da Michael Nyqvist. Sono per lei, che sfoggia una chioma fluente ben diversa dal "pixie" di Lisbeth, gli applausi più calorosi.
Signor Oplev, Uomini che odiano le donne può essere visto come un un film sull'odio e la crudeltà dell'uomo verso l'uomo, in particolare alla luce dei riferimenti al nazismo?
Niels Arden Oplev: Nel lavorare al film, ho creduto fosse importante mantenere quei riferimenti alla relazione della Svezia con il nazismo che aveva inserito Larsson, per la loro eco nella contemporaneità. Non credo però che il libro o il film siano particolarmente focalizzati su questo tema, che in Europa conosciamo tutti molto bene. Ho voluto concentrarmi su quello che è il messaggio politico di Stieg Larsson, che denuncia la crudeltà di società contemporanea, il suo comportamento ancora patriarcale e in particolare l'abuso e la violenza contro le donne.
Søren Stærmose: Ci sono tre casi particolari di violenza domestica che ispirarono Larsson. Questo problema in Svezia è molto presente, ci sono circa 25.000 denunce all'anno e sappiamo per certo che sono solo un quarto dei casi reali: abbiamo quindi 100.000 casi l'anno in una popolazione di nove milioni di abitanti. Stieg Larsson voleva combattere questa situazione, e come produttore del film sono fiero del dibattito che ha acceso su questo problema che spetta anche a noi tentare di risolvere.Anche la biografia di Larsson sembra avere elementi di giallo: nel comporre il personaggio di Mikael Blomqvist per il grande schermo avete pensato a lui?
Niels Arden Oplev: Prima di iniziare la lavorazione del film abbiamo discusso molto il personaggio, che è indubbiamente, per certi versi, un alter ego di Larsson, al punto che in certi aspetti si spinge fino alla fantasia. Noi volevamo che i protagonisti fossero il più possibile credibili e realistici, e abbiamo voluto emendare gli aspetti più fantasiosi, come lo straordinario successo con le donne di Mikael e quelli che in alcuni momenti sembrano i "superpoteri" di Lisbeth.
A che punto è la vicenda delle sorti del quarto libro di Larsson?
Søren Stærmose: Editore, famiglia e compagna di Larsson hanno deciso, e sembra che questa sia la risoluzione definitiva, di non pubblicarlo. D'altronde aveva scritto soltanto 300 pagine delle 400 previste. E' un libro molto particolare, ambientato nel nord del Canada con Lisbeth che finisce chissà come tra orsi polari ed eschimesi... certo, sarebbe bello poterlo leggere. Tra l'altro so che in realtà non è il quarto, ma il quinto nell'ambito del progetto di dieci romanzi che ha lasciato Larsson. Evidentemente lo divertiva più l'idea di scrivere il quinto che il quarto.
Certo che in Uomini che odiano le donne gli uomini d'affari svedesi non fanno una bella figura, ci sono casi particolari che hanno instillato in Larsson questa ostilità?Niels Arden Oplev: Credo che per avere successo negli affari, fare fortuna, sia necessario non essere proprio "morbidi". Voi avete esempi evidenti qui in Italia, anche se non voglio fare nomi. In Svezia la situazione non è peggiore, ma il nostro paese ha proiettato per anni questa immagine di terra democratica idilliaca dove le donne godono di pari diritti e regna l'umanità. In larga parte è tutto vero, ma anche la Svezia ha i suoi aspetti oscuri, come ad esempio la produzione di armi. La missione di Stieg Larsson come giornalista era quella di denunciare questi oscuri segreti, vicende di corruzione, scandali finanzieri, episodi di razzismo.
Noomi, come si è trovata panni di Lisbeth Salander, è stato faticoso dare corpo alla fantasia di uno scrittore?
Noomi Rapace: La Lisbeth del romanzo non è sempre un personaggio pienamente realistico, è un minuscolo action hero: è vulnerabile ma combatte come un uomo, sembra anoressica eppure è sexy... non era facile incarnare tutto questo e infatti abbiamo fatto le nostre scelte. Sarebbe stato abbastanza facile perdere peso e darle il look emaciato che ha nel romanzo, ma io ho voluto che fosse forte e anche un po' mascolina, e ho praticato kick boxing e thai boxe. La preparazione per il ruolo è stata molto lunga, ho anche imparato a portare la moto. Ho avuto tutto il tempo e gli strumenti per trovare Lisbeth dentro di me: la volevamo complessa come è nel libro, ma volevamo anche che fosse possibile capirla.
In cosa consiste secondo lei il fascino di Lisbeth, che ha incantato innumerevoli lettori in tutto il mondo?
Noomi Rapace: Everyone loves an underdog. Lisbeth è questo, è una perdente, per le condizioni in cui si è trovata da sempre e quello che ha dovuto subire. Eppure, qualsiasi cosa le accada, lei non molla mai, fa quel che può per ribaltare la situazione a proprio vantaggio. Rifiuta di essere una vittima, non si lamenta e non è mai sentimentale. Ogni istante della sua vita lotta per sopravvivere e il fatto che ci riesca, il fatto che si sia sempre rialzata, è ciò che secondo me piace alla gente, che ama questa sua energia e questa capacità di lottare.Quando una donna subisce quello che subisce Lisbeth in Uomini che odiano le donne, uno stupro prolungato e brutale, spesso si chiude in sé e rivolge contro sé stessa la propria rabbia, finendo per consumarsi. Lisbeth rivolge il suo odio all'esterno, e questo per molte donne, e anche uomini, almeno in Svezia, è molto liberatorio. Ho incontrato molte donne che si entusiasmano per la scena della vendetta di Lisbeth, e la cosa mi lascia un po' perplessa. Significa giudicare una donna che si rende colpevole di brutale violenza diversamente da un uomo che fa lo stesso, non è l'atteggiamento più giusto e produttivo. Per me quelle scene sono state molto difficili, ho dovuto liberare un mostro dentro di me, e lì per lì ero certa che quella fosse l'unica possibilità per Lisbeth. Ora che sono fuori dal ruolo la vedo diversamente, lei non fa la cosa più giusta ma almeno reagisce e non chiude il demone dentro di sé.