Altissima, lunare, sorridente, Nicole Kidman si presenta all'incontro col pubblico londinese avvolta in un tailleur bianco. Una splendida visione che si fa perdonare i venti minuti di ritardo dovuti, come ci spiega, all'intenso traffico sul Tamigi. La diva, ospite del BFI London Film Festival insieme al collega Dev Patel per presentare il dramma Lion, si concede generosamente dispensando sorridi e lasciandosi andare a qualche dichiarazione intima sul proprio passato mentre rievoca la sua eccezionale carriera.
"Ho sempre voluto fare l'attrice da quando ero piccola" ci racconta Nicole "ma in Australia non era semplice. I miei genitori erano due accademici e pensavano che avrei seguito le loro orme. Non mi hanno mai ostacolato, ma non erano felici. Un giorno, mio padre mi ha portato un volantino che pubblicizzava un seminario di teatro, ma mi ha detto 'Sei libera di andare, ma noi non ti accompagneremo. Dovrai arrivarci da sola'. Ho preso un autobus e sono stata chiusa nel teatro quattro ore seguendo tutte le lezioni. Ne sono rimasta innamorata. La recitazione fa parte del mio DNA anche se nella mia famiglia nessuno è artista. Questo mestiere mi ha regalato una bella vita e tante soddisfazioni".
Una diva mainstream con la passione per l'eccentricità
Come la collega Charlize Theron, Nicole Kidman ha saputo coltivare il proprio talento dimostrando anche agli scettici di essere più brava che bella. Negli anni ha collezionato una galleria di personaggi assai diversi sfoderando un temperamento eclettico e un certo coraggio nella scelta dei ruoli. Ma il vero punto di svolta, nella carriera come nel privato, è arrivato con l'esperienza di Eyes wide shut. "Ho lavorato con tanti registi, ma quello che mi ha cambiato su più livelli è Stanley Kubrick, il maestro dei maestri. Era molto paterno con me, abbiamo sviluppato un legame molto forte, era un insegnante eccezionale. Kubrick mi ha dato una base su cui costruire, ma è stato molto importante anche l'incontro con Jane Campion, Jonathan Glazer e Lars von Trier. In modo diverso anche Baz Luhrmann mi ha condotto in un posto favoloso. Oggi adoro lavorare con i registi esordienti, vederli sbocciare".
Proprio Lars von Trier, col suo temperamento controverso, è impresso indelebilmente nei ricordi della Kidman. "Mentre giravamo Dogville vivevamo tutti insieme in una grande casa. C'era anche Lauren Bacall con cui ero molto amica. Sembrava una dura, ma aveva un grande cuore. Vivere e lavorare con Lars non è stato per niente facile, ma io ho una pulsione per le stranezze. Cercano di condurmi nel mainstream, ma alla fine torno sempre alle origini. Mi piacciono le pellicole inusuali, mi sono tuffata in Birth - Io sono Sean di Jonathan Glazer senza rete perché era qualcosa che non avevo mai visto. Birth ha diviso molto il pubblico, ma io lo adoro". Campionessa di ruoli drammatici, Nicole Kidman confessa, inoltre, una passione sfrenata per la commedia: "Adoro le dark comedy, in Australia abbia un senso dello humor molto particolare. Mi piace guardare Carole Lombard nelle vecchie screwball comedy, sono una fan di David O. Russell e della sua ironia, e poi mi piace moltoWoody Allen. Robert De Niro è il più grande attore drammatico e anche il più grande attore comico".
Nelle mani dei registi
Perfezionista, amante del proprio lavoro, appassionata. Com'è Nicole Kidman sul set? "Obbediente. Se hai la mania del controllo non puoi fare l'attore perché sei al servizio del regista e della sua visione. E poi sono molto rispettosa del lavoro degli sceneggiatori. Raramente mi è capitato di essere invitata a improvvisare, di solito lavoro con autori molto precisi e cambiare le loro parole è irrispettoso. Lars von Trier usa una lingua molto particolare, ha una qualità onirica, ma c'è il problema della traduzione in inglese. In quel caso ho avuto un po' di difficoltà e ho cambiato qualcosa, ma è molto raro. Mi piace affidarmi ai registi che fanno tante prove per aiutarti a costruire il personaggio e mi piace lavorare con quelli che ti lasciano libertà. Amo ogni modalità del mio lavoro".
Parlando del suo ultimo lavoro, il dramma Lion che, dopo Toronto e Londra verrà presentato in anteprima alla Festa di Roma, Nicole Kidman spiega di aver accettato perché il film "affronta il tema della maternità da punti di vista diversi. Il film è ispirato a una storia vera, che non conoscevo. Il mio personaggio è una donna, una madre che aiuta il figlio a trovare i genitori naturali facendo un grande sacrifico per amore. Volevo incarnare l'aspetto materno del personaggio. Garth Davis, il regista, è molto rilassato, molto tranquillo. Sul set ascolta musica, fa esercizi con gli attori, e ha trasformato il piccolo protagonista del film, che non parla neppure inglese, in attore. Un'esperienza bellissima".
"Sogno il contatto col pubblico"
Oggi Nicole Kidman è una donna appagata sentimentalmente e a livello lavorativo e ci confessa di amare anche quegli aspetti della vita da star di cui molti si lamentano: "Fin da piccola sognavo di lavorare a Hollywood, di calcare i palchi di Broadway, volevo conoscere persone di nazionalità diverse. Mi piace viaggiare, conoscere posti diversi. Quando giri un film in un altro paese ci vivi per un periodo, non sei un turista, hai la possibilità di conoscere i luoghi e le persone".
Tra tante soddisfazioni va annoverato anche un Oscar conquistato nel 2003 per il ruolo di Virginia Woolf in The Hours. Al riguardo la Kidman confessa: "Vincere l'Oscar ha rappresentato una svolta, ma non a livello di carriera. Ero già affermata, ma in quel momento non avevo nessuno con cui condividere la gioia, volevo innamorarmi di nuovo. Per me avere successo significa avere un filo diretto con le persone, sentire che le faccio piangere o ridere. La cosa peggiore che possa esistere è una società insensibile. Purtroppo oggi stiamo andando in questa direzione, ma io voglio sentire il calore della gente".