In una Mostra di Venezia povera di star, la stella di Nicolas Cage brilla ancora di più. L'attore, protagonista assoluto de Il cattivo tenente - Ultima chiamata New Orleans, incassa con sguardo serio i complimenti per la sua interpretazione e in un lungo incontro ci svela i segreti della lavorazione del film diretto da Werner Herzog che stamani ha scatenato l'entusiasmo della stampa, spingendola a paragonare Cage all'attore feticcio di Herzog, il compianto Klaus Kinski.
Parlando de Il cattivo tenente - Ultima chiamata New Orleans, Herzog ha spiegato il suo interesse per il film evocando un concetto come la fascinazione del male. Cosa ne pensi? Il tuo personaggio è veramente così cattivo?
Nicolas Cage: Non ho scelto di interpretare un personaggio cattivo partendo dall'idea che c'è qualcosa di male o di sbagliato in lui. Se la domanda è "il tuo personaggio è buono o cattivo" io non risponderò. Questo lavoro non è remake della pellicola di Abel Ferrara, ma è un film esistenziale. Il cattivo tenente di Ferrara è legato a una concezione religiosa giudaico-cristiana, mentre in questa pellicola tale aspetto non è presente. Il mio personaggio ha dei difetti e delle dipendenze che però, paradossalmente, lo aiutano a risolvere il caso perché lui parla il linguaggio della strada e alla fine tutte le esperienze tremende che vive lo aiutano. Nessuno di noi può giudicare una persona che soffre, che vive quotidianamente sopportando un tremendo dolore fisico. Quando mi sono accostato a questo personaggio ho sentito il bisogno di comprenderne il tormento e ho cominciato a camminare con la schiena storta proprio per capire cosa lui prova.
A differenza del film di Ferrara, dove il protagonista passa attraverso una catarsi religiosa che si conclude con il pentimento e la morte, nel film di Herzog non vi sono riferimenti alla religione. Che tipo di cambiamento subisce il tuo personaggio? Impara qualcosa dagli errori commessi?
Nicolas Cage: Io non ho parlato di assenza di dimensione religiosa nel film di Herzog. Anche in questo caso vi è una sorta di spiritualità, anche se non è quella esplicitamente cattolica di Ferrara. Ma se voi la cercate la troverete nella scena finale del film davanti all'acquario o per le strade di New Orleans. Non voglio parlare del cambiamento del mio personaggio, se lo facessi influenzerei la vostra percezione di esso. Posso solo dire che talvolta le persone perseverano in quelli che sembrano errori eppure ce la fanno lo stesso, hanno successo nonostante tutto e questo è uno di quei casi.
Il personaggio del cattivo tenente ricorda in parte il sofferto protagonista di Via da Las Vegas. Vi sono affinità tra due questi ruoli a livello di interpretazione?
Nicolas Cage: Non direi. I processi per interpretare i due film sono stati completamente diversi. L'approccio in Via da Las Vegas è stato molto più realistico, bevevo un paio di bicchieri prima di girare per cercare di entrare nel mood del personaggio. Il mio modello è stato Albert Finney in Sotto il vulcano, volevo raggiungere quello stesso livello di realismo con il mio personaggio. In questo caso invece non bevo più da cinque anni e non consumo droghe da molto tempo, perciò ho avuto un approccio più espressionista con il personaggio usando la mia immaginazione e il ricordo delle esperienze passate. Tra l'altro Las Vegas e New Orleans sono due città completamente diverse. Las Vegas è la città del deserto, ti dà l'idea di essere perso nel vuoto, mentre New Orleans è la città delle paludi ed è permeata da un senso di disfacimento, di putrefazione.
Quale è stata la scena che ti sei divertito di più a girare?
Nicolas Cage: Quando ho recitato insieme agli attori di colore passavamo il tempo a scherzare e spesso scoppiavamo a ridere. Werner se ne accorgeva perché eravamo tutti chiusi in un'auto che, a furia di risate, si muoveva. Quelli sono i ricordi migliori.
Durante le riprese Herzog ti ha lasciato libertà di improvvisazione o ha imposto la sua visione?
Nicolas Cage: In realtà vi sono alcune cose presenti nel film che riguardano il personaggio create da me. Per esempio la scena con le due vecchiette non era scritta per filo e per segno nel copione, ma l'ho improvvisata ispirandomi a partiture jazz. E' stata mia la scelta di puntare la pistola contro le donne, così come le battute pronunciate dal mio personaggio. Anche la scena in cui mi faccio la barba l'ho improvvisata io. Sono responsabile della creazione del mio personaggio, anche se all'inizio Werner non era molto d'accordo. Quando abbiamo girato la scena in cui sparo in aria mi ha detto: "Ti rendi conto che se spari in aria arrivano tutti a fermarti? e io gli ho risposto: "So cosa significa perchè l'ho giò fatto e non è arrivato nessuno". Però la scelta dell'abito del mio personaggio è di Werner.
Cosa si prova a girare molti film all'anno passando rapidamente da un ruolo all'altro come fai tu?
Nicolas Cage: Io vivo da sempre un rapporto di odio e amore con la recitazione, e questo credo che mi abbia permesso di trasformare una negatività in una positività. Ovviamente sono una persona molto diversa da quello che ero quando ho iniziato a recitare a quindici anni. Magari lavorerò altri dieci - quindici anni e poi mi metterò seduto a riflettere. Quello che non mi piace di questo mestiere è la vanità, l'esibizionismo, il momento del red carpet. Sono cose che per me non contano anche perché credo che le vostre vite siano molto più interessanti della mia.Penso che uno possa arrivare ad annoiarsi a morte di sè stesso.
Come è stato lavorare a New Orleans?
Nicolas Cage: Sono molto felice di aver deciso di lavorare a New Orleans. Io sono originario di Los Angeles, ma a New Orleans sono rinato a una seconda vita anche se la ragione di ciò è molto personale e non voglio parlarne pubblicamente. New Orleans è la città del jazz, e anche questo film, come il mio modo di recitare, vive di questo ritmo sincopato.
Nel film lavori molto con il corpo. La tua recitazione è molto fisica e anche il tuo aspetto ha subito una trasformazione notevole.
Nicolas Cage: Ho riflettuto a lungo su come incarnare il dolore fisico che il mio personaggio prova costantemente. Adoro lavorare con il corpo e con la voce, mutare per assumere l'aspetto dei miei personaggi. In questo caso io e Werner ci siamo ispirati a Riccardo III. Mia madre era una ballerina e sono sempre stato abituato a lavorare col corpo fin da piccolo.
L'ultima scena del film si chiude su un acquario. E' vero che tu nutri una grande passione per i pesci e gli acquari?
Nicolas Cage: I pesci sono divini, sopravvivono al diluvio universale, sono gli unici esseri che non sono stati maledetti. Mi piacciono gli acquari perché credo che i pesci abbiano una loro dignità. Werner, descrivendomi il personaggio, lo paragonava a un maiale, ma io l'ho corretto spiegando che non è come un maiale, ma uno squalo. Non riesce mai a stare fermo.