Sarà per quello sguardo languido e sgranato, per l'espressione vagamente stranita e l'aria non molto sveglia, o forse per una carriera a dir poco altalenante, segnata da qualche grande interpretazione e una sfilza di film per niente riusciti. Fatto sta che Nicolas Cage è senza dubbio uno degli attori più controversi della storia del cinema, in perenne bilico tra la performance convincente e la scelta di copioni tutt'altro che memorabili.
Quel sorriso sornione sul viso è il marchio di fabbrica stampato su tante pellicole troppo uguali tra loro (Next, Segnali dal futuro), l'emblema del cinema commerciale rassicurante, ma anche il segno riconoscibile di una serie di collaborazioni con autori illustri (Martin Scorsese, Ridley Scott, zio Francis Ford Coppola, Alan Parker, Oliver Stone, David Lynch, Werner Herzog). E poi, diciamo la verità, il Premio Oscar vinto da Cage nel 1996 (Miglior Attore Protagonista in Via da Las Vegas) ci torna in mente ogni volta che Leonardo DiCaprio sfiora l'agognata statuetta, e lo fa sotto forma di oltraggio e di ingiustizia. Nonostante tutto questo, nonostante le doti attoriali ondivaghe e scelte di carriera talvolta infelici, l'ostinazione cinematografica del nostro Nicolas ispira un'innegabile simpatia, un'empatia capace di renderlo idolo assoluto del popolo internettiano.
Meme, parodie, fotomontaggi, alterazioni estetiche che giocano con la sua immagine e la sua autoironia popolano bacheche e siti web. Difficile togliersi dalla mente le foto del suo Superman mai volato al cinema, dove sarebbe stato diretto da Tim Burton all'interno di un costume alquanto kitsch, o la sempre più inquietante somiglianza con Marilyn Manson, così come quell'espressione allucinata in una scena di Stress da vampiro, diventata un piccolo cult da milioni di visualizzazioni su Youtube. Mai davvero uguale a se stesso, Cage ha intrapreso un percorso attoriale vorace e schizofrenico, lungo il quale l'unica costante è stata la continua evoluzione della sua pettinatura.
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Acconciature di tutti i generi, una scala cromatica toccata in ogni gradino (dal biondo platino al nero corvino) a sovrastarne le folte sopracciglia. Lui, Nicolas Kim Coppola, che oltre al cuoio capelluto ha dovuto stravolgere anche il suo pesante cognome e prenderne in prestito uno nuovo dai fumetti Marvel (il nerboruto Luke Cage), pur di spazzare via dubbi di raccomandazioni e voci su facili scorciatoie familiari. Bene, quella che segue è una nostra teoria con solide basi tricologiche, una legge non scritta con le tipiche eccezioni che confermano la regola. La bontà della recitazione di Nicolas Cage è inversamente proporzionale alla lunghezza dei suoi capelli. Insomma, quando la generosa stempiatura del nostro viene coperta da lunghi ciuffi, dovremmo iniziare a preoccuparci; al contrario un taglio corto è stato spesso sinonimo di personaggi più ispirati, rasati e credibili. Armati di forbici e balsamo, inoltriamoci in questa irregolare carriera iniziata, non a caso, con un film dal titolo Fuori di testa (Fast Times at Ridgemont High).
Con Hair: lunghe chiome e disastri
Presenza costante nelle nomination dei Razzie Awards, Nicolas Cage ha in bacheca una sfilza di ruoli di cui andare poco fiero. In questa vera e propria bulimia cinematografica che appare inarrestabile, l'attore ha dato corpo a personaggi parecchio lontani dall'essere espressivi, al limite del grottesco, tutti accomunati da capelli lunghissimi e poco puliti. È il caso di Con Air, dove barba incolta e canottiera sudata danno vita ad un Cameron Poe forzatamente eroico, o del recente L'ultimo dei templari, in cui il prode Behman cavalca a fatica in un b-movie indeciso tra l'horror e il fantasy meno ispirato. Ancora abbondanti chiome ne L'apprendista stregone, film lontano dalla formula magica degli altri film Disney. Qui Cage non è per niente aiutato da un look poco credibile e da incantesimi magici che fuoriescono dalle sue mani con risultati potenzialmente divertenti, ma obiettivamente ridicoli. Scendendo ancora più in più basso verso personaggi davvero imbarazzanti, ecco imbatterci nella super stempiatura con folta zazzera di Next e Bangkok Dangerous - Il codice dell'assassino o nella paglierina acconciatura del tremendo Drive Angry 3D. In questi ultimi casi l'espressione di Cage sembra dire: "Cosa ci faccio io qui?". La stessa, terribile domanda che attanaglia noi spettatori accorsi in sala.
Il mistero delle tempie
Tenetevi forte perché esplorare i tagli medi di Nicolas Cage è un po' come andare sulle montagne russe. Iniziamo questa carrellata dal barbiere con uno dei cinecomic peggiori di sempre. In Ghost Rider Cage sfoggia un improbabile parrucchino castano scuro che sfocia nel parodistico. Il film è deludente, l'icona fumettistica viene stropicciata, ma per fortuna quando Blaze si trasforma nel teschio infuocato, il parrucchino scompare e lascia spazio alle fiamme. La doppia avventura vista nella saga de Il mistero dei templari, curiosa via di mezzo tra Indiana Jones e i romanzi di Dan Brown, comincia a dare timidi segnali di ripresa nella sua carriera, con ritmo, azione e un personaggio che riesce a convivere con un'acconciatura più naturale. Va ricordato che nel 1987 Joel Coen e Ethan Coen avevano intravisto in lui buone doti recitative, adatte al loro stile narrativo e registico sopra le righe. Infatti in Arizona Junior la tinta biondiccia e il baffo sono al servizio di un criminale piacevolmente eccessivo.
Uno stile ancora più allucinato caratterizza un personaggio particolarmente riuscito a Cage, ovvero il paramedico afflitto dal senso di colpa, apprezzato in Al di là della vita di Scorsese. E per una volta l'attenzione ricade più sulle occhiaie e sul volto pallido dell'attore piuttosto che sulla riga a lato. A chiudere la carrellata delle sue interpretazioni che migliorano allo sfoltirsi della chioma, troviamo l'antieroe visto in Il cattivo tenente - Ultima chiamata New Orleans, e poi la grande intuizione di Gore Verbinski. In The Weather Man - l'uomo delle previsioni il regista di origini polacche tesse su Cage un ruolo calzante, dove l'espressione inebetita dell'attore è coerente con il carattere passivo di un inguaribile inetto. E il casco cotonato sulla sua testa non è un dettaglio secondario, ovviamente.
Via dal barbiere
Una spuntatina alla camaleontica capigliatura ed ecco arrivare nomination e prestigiosi riconoscimenti. Quando siamo davanti a Nicolas Cage, il capello corto è quasi sempre sinonimo di qualità, di una ritrovata credibilità attoriale. La nostra sfrontata teoria trova conferma nella parte che gli ha regalato l'Oscar, quel Via da Las Vegas nel quale Cage, a furia di vere sbronze, si è impregnato di dolore e voglia di nuove possibilità da chiedere alla vita. Impossibile dimenticare anche il gioco delle parti di Face/Off - Due facce di un assassino, il suo viaggio dentro visioni quasi dickensiane in The Family Man o il tachicardico Rick di Omicidio in diretta.
E se il barbuto Joe ci ha mostrato un attore finalmente maturo e carismatico, crediamo che la capigliatura diradata, decadente e rossiccia vista sui gemelli Kaufman di Il ladro di orchidee - Adaptation abbia mostrato il meglio di Cage. Due scrittori imbolsiti, uno insicuro e l'altro inopportuno, uniti dallo stesso volto nostalgico e sofferente. Grazie ad un cast in stato di grazia, Spike Jonze dirige una significativa opera metatestuale che parla di cinema, scrittura, passioni e vita, con i capelli a delineare la parabola discendente di due uomini arenati. Adesso non ci resta che sperare in un nuovo ruolo indimenticabile di Cage, in attesa della prossima folgorazione sul grande schermo. Da calvo, naturalmente.