Tra i film che si daranno battaglia al box office natalizio di quest'anno è certamente uno dei più attesi dal pubblico italiano, sia perché tratto dall'omonimo ed amatissimo romanzo di Gabriel García Márquez, sia per la presenza nel cast dal respiro internazionale della nostra Giovanna Mezzogiorno. Dopo aver portato sullo schermo Harry Potter e il calice di fuoco, con L'amore ai tempi del colera Mike Newell si cimenta nuovamente con la trasposizione cinematografica di un libro di grande successo. Messo da parte l'immaginario fantasy del brillante maghetto inglese qui si racconta del sentimento più nobile e puro che fa muovere il mondo, di quell'amore con la A maiuscola, come contrassegnato nel titolo che campeggia sulla locandina italiana del film, che è ostacolato da eventi e scelte sofferte, ma che tormenterà i protagonisti per un'intera vita.
Ambientato nella città di Cartagena, in Colombia, alla fine dell'800, ai tempi della guerra civile e dello scoppio di una devastante epidemia di colera, il film cerca di non discostarsi dal libro, provando a raccontare nelle sue due ore abbondanti di durata mezzo secolo di vita dei suoi protagonisti, Florentino e Fermina, due giovani che si sfiorano, si innamorano, ma che vivranno due esistenze separate prima che la vecchiaia torni ad unirli. Nei panni della protagonista femminile c'è Giovanna Mezzogiorno, attrice italiana che si è conquistata credibilità fuori dai nostri confini grazie a pellicole come La finestra di fronte a al film candidato all'Oscar La bestia nel cuore. Accanto a lei attori come Javier Bardem, Benjamin Bratt e Catalina Sandino Moreno. Alla conferenza stampa per la presentazione del film, in arrivo nelle nostre sale venerdì 21 dicembre distribuito da 01 in oltre 200 copie, ci sono il regista Mike Newell e Giovanna Mezzogiorno.
Mike Newell, lei non è nuovo a trasposizioni cinematografiche di libri di grande successo. In passato ha portato sullo schermo uno dei libri della saga di Harry Potter, ora invece si è cimentato in un'opera bella e difficile come L'amore ai tempi del colera di Gabriel Garcia Marquez. Quali sono state le difficoltà maggiori nel portare al cinema testi così celebri?
Mike Newell: Fare un film di Harry Potter non è poi così difficile, perché basta prendere quel libro di dimensioni enormi ed operare tanti tagli qua e là senza il pericolo di dimenticare qualcosa di fondamentale. Portare al cinema L'amore ai tempi del colera di Márquez è stata invece la cosa più difficile che mi sia mai trovato ad affrontare, perché tutto quello che non sono riuscito ad inserire nel film è qualcosa di cui mi pento. Quando fai il film di un'opera simile devi innanzitutto chiederti a chi vuoi rivolgerti, se ad un pubblico ristretto o alla totalità degli spettatori che affollano le sale cinematografiche, ed io ho tentato di raggiungere il maggior numero di persone perché ho amato tanto il libro e volevo rendergli giustizia.
Come giudica lei la tribolata storia d'amore del libro di García Márquez? Può esistere nella realtà un sentimento del genere così intenso?
Mike Newell: Credo che García Márquez abbia raccontato una grande storia umana. Lui affronta l'intero arco della vita dei suoi personaggi. La protagonista all'inizio ha sedici anni e nel film la seguiamo fino all'età di 72 anni, quando ancora non riesce a capire se abbia veramente vissuto e se il suo sia stato vero amore. Benché sia un personaggio timido, Fermina prende decisioni giuste, partendo forse da motivazioni sbagliate, ma alla fine si chiede ancora se quello che prova per Florentino sia vero amore. Florentino invece è convinto dei suoi sentimenti e per lui vivere anche solo un giorno d'amore con la donna che gli ha rubato il cuore significherebbe dare un senso ad un'intera esistenza. Penso che Garcia Marquez non scriva cose teoriche, ma cose concrete. Lui dedica il suo libro a sua moglie Mercedes con un romantico "per sempre", ma non scrive solo di sé, ma degli uomini in generale, ed essendo il grande scrittore che è, anche delle donne e delle loro interazioni.
C'è stato un coinvolgimento dello scrittore durante la lavorazione del film?
Mike Newell: Quando abbiamo fatto il film García Márquez era molto malato e pareva che stesse per morire. In quel periodo non faceva altro che fare avanti e indietro tra Mexico City e Los Angeles per sottoporsi a dei trattamenti medici. Ogni volta che avevo un po' di tempo per incontrarlo lui era sempre su un aereo per gli Stati Uniti per essere ricoverato in qualche ospedale, ma abbiamo comunicato via lettera. Lui mi inviava tutta una serie di note per la sceneggiatura che erano sì amichevoli, ma anche radicali, perché voleva che si rispettasse il libro. Ad un certo punto, tra queste note, c'era una frase buffa ed enigmatica che mi ha mandato nel panico: "Dov'è il mio lavoro di cucito, di punti?". Per molto tempo mi sono chiesto cosa volesse dire con questa frase. Ho letto perciò ossessivamente il libro, una volta ogni due settimane, e gradualmente ho capito quello che intendeva quando parlava di cucito, perché il suo libro è una costante riscrittura, pagina dopo pagina, che consiste nel tornare spesso sugli stessi punti per precisare, per arricchire la storia. Per il mio film non potevo certo riproporre più volte gli stessi eventi, così ho cercato di far sì che ogni singola inquadratura contenesse più di una storia.
García Márquez ha visto il film? Qual è stata la sua reazione?
Mike Newell: Quando le luci si sono riaccese dopo la proiezione ha alzato il pugno al cielo e ha lanciato un grido di esultanza. So che era sincero quando esprimeva la sua soddisfazione per la riuscita di questo travaso, perché suo figlio è direttore della fotografia, conosce il produttore del film e ha confermato il fatto che il film è piaciuto molto al padre.
Il film è già uscito in diversi paesi. Quali sono state le reazioni del pubblico nei paesi dov'è stato presentato?
Mike Newell: Ho visto il film tante volte con diversi pubblici in varie parti del mondo e ci sono state differenze regionali, ma nessuno sbaglia a giudicarlo come un film comico o come una tragedia, perché la sua giusta definizione sta nel termine italiano di commedia che comprende sia l'umorismo che la tragicità. Durante le varie proiezioni ho visto uomini americani dei sobborghi scoppiare in lacrime, altri ridere di gusto, altri ancora commuoversi di fronte a due settantenni che fanno l'amore, proprio come accade nella realtà. La forza di questa storia sta nel fatto che García Márquez ha descritto l'amore per quello che è, non per come si dovrebbe amare e quest'umanità nel film si riesce a cogliere.
Perché ha scelto Giovanna Mezzogiorno come protagonista del suo film?
Mike Newell: Per via dei suoi occhi e perché volevo che la donna del film avesse qualità fisiche ed emotive che avrebbero fatto rimanere senza fiato un ragazzino di sedici anni. In America latina ci sono tutte donne bellissime con grandi occhi neri e visi e corpi meravigliosi, ma che dopo due settimane non ti dicono più niente. Gli occhi azzurri di una donna come Giovanna sono un qualcosa che può far girare la testa a qualsiasi ragazzo. Giovanna è un cavallo da corsa che ha respirato sin da bambina l'aria del teatro e del cinema, venendo da una famiglia di grandi attori. Ho trovato ottimi i suoi precedenti lavori e il fatto che abbia lavorato a teatro con un regista come Peter Brook mi ha fatto riporre in lei una grande fiducia.
Giovanna Mezzogiorno, com'è stato prendere parte ad un film come L'amore ai tempi del colera?
Giovanna Mezzogiorno: Quando ho incontrato Mike Newell per la prima volta non sapevo ancora se avrei dovuto interpretare anche la parte anziana del mio personaggio. La sua decisione di affidarmi anche il ruolo di Fermina da vecchia è stata un segnale forte di grande fiducia da parte sua nei miei confronti e per me rappresentava una possibilità incredibile. Ci siamo trovati a Cartagena, in Colombia, alla fine d'agosto e abbiamo cominciato a girare un mese dopo. In quel lasso di tempo sia io che Javier Bardem e Benjamin Bratt eravamo impauriti, perché dovevamo affrontare un lavoro di invecchiamento e non sapevamo se ne saremmo stati all'altezza. C'era quindi sempre questo timore di sbagliare e non ci favoriva certo la pressione enorme che sentivamo su di noi che eravamo chiamati a dar corpo a personaggi così amati da milioni di lettori in tutto il mondo. E' stato un lavoro molto faticoso, ma ho dato il massimo perché un'occasione del genere non capita molto spesso nella carriera di un attore.
Cos'ha amato di più del suo personaggio?
Giovanna Mezzogiorno: Trovo Fermina un personaggio molto difficile perché è l'eroina di un grande romanzo d'amore, ma non rappresenta certo la parte romantica della storia. E' una donna moderna che fa scelte categoriche, come quella di non seguire l'amore, ma sposare un uomo più ricco e stabile. Si priva cioè di romanticismo, di sentimentalismo e mi ha sempre sorpreso la sua costanza, la determinazione con la quale porta avanti le sue scelte. Per cinquant'anni ignora quest'uomo perdutamente innamorato di lei e solo alla fine decide di stare con lui. Non posso paragonarla a me, ma la posso capire. A una donna può far piacere un uomo così romantico, pieno di debolezze, ma poi sceglie un uomo che può darle maggiori sicurezze. Capisco che un amore come quello di Florentino possa far paura. Lui è un ragazzo devoto, tutto poesie e fiori, e questo va bene quando si è giovani, ma poi diventa terrificante. Non c'è una sola forma di amore. C'è l'amore romantico, quello quotidiano che si scontra con le gioie e i dolori della realtà, e quello irreale che sopravvive in una bolla di sapone. L'amore può portare a grande disperazione e capisco che uno voglia costruire la propria vita senza sofferenze. E' anche vero che la scelta di rinunciare al proprio amore può richiedere un prezzo altissimo che poi si paga per tutta la vita. Ho idea che nel personaggio di Fermina si possano riconoscere molte donne. Quante donne si saranno per esempio chieste "cosa sarebbe successo se..."? Sono sicura che c'è in tante vite un amore forte che non è stato vissuto. Le scelte della vita dipendono da tante cose, non solo dal fattore sentimentale. Fermina è un personaggio istintivo, non è preparata ad incontrare quel ragazzo tanto innamorato, sceglie di non volerlo e poi si tormenterà fino alla vecchiaia per questa decisione, ma a settant'anni credo valga la pena non rinunciare a qualcuno che dopo così tanto tempo ti dice "io sono ancora qui".
Cosa pensa delle opere di García Márquez? Giovanna Mezzogiorno: Ho letto molti romanzi di Gabriel García Márquez quando ero adolescente. Credo che L'amore ai tempi del colera sia il più cinematografico dei suoi libri e che si presti ad essere rappresentato al cinema proprio perché contiene delle immagini ed una storia molto forti, e dei personaggi molto terreni. Credo d'altra parte che sarebbe piuttosto complicato portare al cinema libri come Cent'anni di solitudine o L'autunno del patriarca.
Pensa che il film faccia onore al libro? E come giudica la sua interpretazione?
Giovanna Mezzogiorno: Non era certo una cosa facile portare una storia così lunga in un film di due ore, ma Mike e lo sceneggiatore, Ronald Harwood, hanno compiuto un vero miracolo nonostante la pressione su di loro fosse enorme. I protagonisti sono seguiti durante tutta la loro vita e gli autori hanno trovato il giusto equilibrio nel raccontarli, cogliendo la loro essenza. Per quel che riguarda la mia interpretazione, finora ho visto il film due volte, col terrore di trovarmi di fronte a tutti i miei errori. Spero di vederlo ancora fino a quando riuscirò a rilassarmi e a godermelo, però sono contenta di aver accettato questa sfida e sono fiera del lavoro fatto. Per me non è stato un problema invecchiarmi, a parte la fatica del trucco e l'ansia di risultare credibile.