New Order, la recensione: quando la distopia è così vicina da far paura

La recensione di New Order, il nuovo film di Michel Franco presentato a Venezia 2020, in cui un colpo di stato porta il caos in una Città del Messico distopica.

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Nuevo Orden: una sequenza del film

Non possiamo che cominciare questa recensione di New Order, il film di Michel Franco presentato a Venezia 2020, con una constatazione necessaria (che sarà per noi anche un monito per il futuro): non leggeremo più le brevi sinossi disponibili online previa visione del film. Quello che eravamo convinti di vedere prima di entrare in sala è infatti qualcosa di piuttosto diverso da quello a cui abbiamo poi effettivamente assistito: ci aspettavamo un film distopico, magari ambientato un un futuro non troppo lontano dal nostro, ma comunque una rappresentazione della realtà estrema e lontana dal nostro quotidiano.

Quella a cui abbiamo assistito, però, è una storia fin troppo ancorata nel reale, sopratutto se si pensa alla nazionalità del suo regista e sceneggiatore, originario di uno dei paesi al mondo, il Messico, più avvezzi a situazioni in cui il governo si impone con violenza dittatoriale ad ogni tipo di protesta. Michel Franco non ha fatto altro che fare un passo leggermente più avanti, il what if con cui apre il suo film non ha infatti niente di troppo lontano da quello che potrebbe aver letto sul giornale una mattina (e quanto sta accadendo di recente nel mondo, molto probabilmente non solo lui). Ed è proprio questo suo essere "meno distopico" di quanto ci aspettavamo ad averci colpito di più di New Order: a visione ultimata è difficile scrollarsi di dosso la cruda realtà a cui abbiamo assistito, e non possiamo che chiederci se situazioni come quelle del film siano possibili solo nel Messico "lontano" di Michel Franco.

Una rivoluzione possibile?

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Nuevo Orden: un'immagine del film

Cosa accadrebbe se migliaia di persone, stanche dell'estrema diseguaglianza sociale ed economica così radicata nel loro paese decidessero, un giorno, che ne hanno abbastanza e che la violenza è l'unica soluzione possibile? La risposta, come scopriamo negli 88 minuti del film, è molto più desolante di quel che potremmo immaginare: è la violenza ad alimentare quel sistema che tanto si vorrebbe ribaltare, e farne quel tipo di uso non fa altro che si ricrei, ancora una volta, uguale a se stesso. Il nuovo ordine del titolo altro non è che quello vecchio, con un aspetto però leggermente diverso. E a farne le spese più degli altri, non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, sono i più deboli, coloro che dal cambiamento avrebbero dovuto, in teoria, trarre beneficio.

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Nuevo Orden: una foto del film

Al centro della storia troviamo una famiglia benestante, che si sta preparando per il matrimonio della figlia più piccola, Marianne (Naian González Norvind). La loro villa, che si trova in uno dei quartieri più agiati di Città del Messico, pullula di invitati e l'atmosfera di festa viene solo brevemente guastata dall'arrivo di Rolando (Eligio Meléndez), un ex domestico che chiede alla padrona di casa dei soldi per l'operazione al cuore di sua moglie. Marianne che, a differenza dei suoi genitori, vorrebbe poter fare qualcosa per aiutarlo, decide di seguirlo in ospedale. Appena la ragazza esce di casa, però, la situazione cambia radicalmente. Un gruppo di manifestanti armati fanno irruzione nella villa, rubando il possibile e massacrando parte degli invitati, mentre fuori, nella strade della capitale messicana, scoppia l'inferno.

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Una prima parte molto convincente

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Nuevo Orden: un momento del film

New Order, pur avendoci colpito positivamente, ci è parso nel complesso un film piuttosto sbilanciato. La prima parte della pellicola funziona, infatti, molto più della seconda: se fino a circa la metà del film la storia è ambientata quasi esclusivamente nella villa dove si svolge la festa, l'azione è circoscritta ed il ritmo decisamente più serrato (ed il paragone Parasite di Bong Joon-ho è piuttosto chiaro), le cose cambiano in maniera evidente quando ci spostiamo su ciò che sta accadendo "fuori", e gli eventi cominciano a dilatarsi nel tempo, fino a coprire alcuni mesi dopo il giorno del matrimonio (che, come potete immaginare, non avverrà mai). L'impressione che abbiamo avuto è che si tratti quasi di due film diversi: il primo, se vogliamo, decisamente più "distopico" e sottilmente inquietante, che lascia presagire sviluppi inaspettati; il secondo, invece, più forte e terrificante (alcune sequenze potrebbero decisamente mettere alla prova lo spettatore più sensibile), ma decisamente più prevedibile.

Un finale che colpisce

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New Order: una foto del regista Michel Franco

Sì, il finale è facilmente pronosticatile, ma questo contribuisce a rendere il messaggio del film ancor più incisivo ed efficace. È la scena di chiusura, forse più di ogni altra, a sbatterci in faccia la triste realtà: sono proprio i gruppi sociali più umili, coloro che inizialmente avevano cercato di ribaltare l'ordine esistente per trasformarlo in qualcosa di meglio ad uscirne sconfitti. A vincere sono coloro che il potere lo detenevano anche prima e che, smuovendo le cose tramite altri, se ne sono accaparrati semplicemente un po' di più. La diseguaglianza sociale, che in Messico - come ci viene mostrato chiaramente nel film - è resa evidente dalle colore della pelle e dai tratti somatici indigeni delle classi più povere, deve risolversi civilmente, perché la violenza resterà sempre uno strumento a favore di chi è già al comando.

Conclusioni

Non possiamo che concludere questa recensione di New Order sottolineando come il film Michel Franco riesca a trasmettere il suo messaggio in maniera diretta ed efficace. In regista messicano realizza una distopia fin troppo reale e plausibile, esplorando che cosa potrebbe succedere se le classi più umili ne avessero un giorno finalmente abbastanza e decidessero di ribaltare il sistema con la violenza. La risposta, purtroppo, è molto più desolante e priva di speranza di quanto potremmo mai immaginare.
Molto convincente il cast, in particolare Naian Gonzalez Norvind, ragazza dell'alta borghesia che siamo costretti ad accompagnare in un terrificante viaggio all'inferno.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • Il suo essere una distopia fin troppo realistica: difficile per lo spettatore scrollarsi di dosso, a visione ultimata, la cruda realtà a cui accade sullo schermo.
  • Il cast molto convincente, in particolare Naian Gonzalez Norvind.
  • La prima parte del film, ambientata nella villa della famiglia protagonista, dal ritmo più serrato e dalle atmosfere sottilmente inquietanti...

Cosa non va

  • ...meno la seconda, decisamente più cruda, ma senz'altro più prevedibile.