Le vibrazioni ci sarebbero pure, così come ci sarebbe l'atmosfera. Niente di nuovo all'orizzonte, sia chiaro, ma l'idea di una casa nel bosco, sperduta e impolverata, in fin dei conti funziona sempre. Dal canto suo, Never Let Go - A un passo dal male, diretto da Alexandre Aja - regista che ben conosce i canoni della tensione -, rispecchia totalmente la nuova onda di quegli horror che si miscelano al thriller, ibridando in essi un tocco survival, senza rinunciare al misticismo e all'allegoria.
Tant'è, che Never Let Go, in parte, sembra figlio di un'inflessione narrativa legata alle restrizioni da Covid (più avanti vi spiegheremo il motivo), e di quanto le mura casalinghe siano spunto su cui riflettere e, perché no, organizzare un film dell'orrore. Del resto, lo script firmato da Kevin Coughlin e Ryan Grassby (poi prodotto da Shawn Levy) risale all'agosto del 2020, in piena pandemia. Va da sé che il parallelo tracciato è abbastanza palese, anche considerando la perplessità suscitata da uno script che, però, diventa fin troppo prevedibile nelle svolte e nelle operazioni, facendo perdere l'attenzione e, quindi, smarrendo le ottime infatuazioni originali.
Never Let Go, oppure #IoRestoACasa
Perché parliamo di Covid, confinamento, e del restare in casa, costi quel che costi. Fuori, nel mondo di Nolan e Samuel (Percy Daggs IV e Anthony B. Jenkins), che vivono con la loro mamma (Halle Berry) il loro cagnolino Koda (tranquilli, la malsana idea di mamma di ucciderlo per farne del cibo è scongiurata), pare ci sia il Male. Un Male trasfigurato in presenze malefiche, viste però solo dalla mamma. Un evento non meglio specificato ha, infatti, scatenato una pestilenza apocalittica, facendo sì che il Male diventi in qualche modo infettivo. Reclusi in casa, in mezzo ad un bosco delle Smoky Mountain (da sempre luogo mistico e misterioso) possono uscire a procacciarsi cibo solo legati a lunghe corde, restando quindi connessi con l'abitazione. La "corda è l'ancora di salvezza", ricorda la donna ai suoi due figli, comunque sempre più spinti - soprattutto Nolan, vero protagonista - verso il mondo esterno.
Un horror dal finale troppo prevedibile
Una lettura abbastanza chiara, quindi, e un parallelo marcato sul Male infettivo, e sulla casa che diventa tana in cui rifugiarsi (la sindrome delle tana, su cui ci sarebbe molto da riflettere). Tutti elementi accomunati ai concetti vissuti in epoca Covid, con il lockdown, le distanza, le regole da seguire, la paura di sfiorare qualcuno al di fuori del nucleo famigliare domestico. È lampante quindi che le inflessioni siano similari, e certo ispiranti e suggestive a quello che diventa un riverbero cinematografico. Tanto che il profilo della Mamma - non sappiamo il nome - risulta ambiguo, polivalente, arcano nella caratterizzazione che, almeno teoricamente, vorrebbe sembrare sfumata. Con una domanda che aleggia: dov'è la verità? E perché questo Male invisibile si palesa solo a lei, tanto da renderla spesso crudele verso i propri figli (in particolar modo verso Nolan, l'unico lucido in famiglia), costringendoli a mangiare insetti, rane e corteccia?
Purtroppo, se Never Let Go - A un Passo dal Male subisce un'assenza di picchi, procedendo senza zenit, viene meno la tensione cercata, e viene meno calcolando la palese lettura che porta ad un finale ampiamente calcolato, leggibile fin da subito. Non ve lo riveliamo di certo, ma l'ispirazione generale, che proviene da una buona scenografia e dai toni oscuri, inizia a sfilacciarsi sul più bello: quando la vicenda entra nel vivo - scatenata dalla fame dei protagonisti -, il film di Alexandre Aja scivola via via verso la canonicità, senza lasciare traccia e anzi sperperando la cornice efficace e i presupposti migliori.
Conclusioni
Una fiaba nerissima dalle sfumature in stile Fratelli Grimm (con tanto di reference ad Hansel e Gretel) per Never Let Go, che si rifà a certe inflessioni conosciute con il Covid (lockdown, distanze, confinamento) per generare un'horror di sensazioni e di apparenza. Peccato che dietro la buona trovata ci sia un film che procede spedito verso un epilogo incredibilmente annunciato, e quindi intervallando e spezzando una tensione mai del tutto risolta.
Perché ci piace
- La location.
- Le suggestioni.
Cosa non va
- L'epilogo telefonato.
- Le corde di Halle Berry, spesso non troppo adiacenti allo script.
- Poca tensione.
- L'horror è solo teorico, e molto sfumato.