Sprizza una tenera freschezza l'esordio alla regia di Veronica Pivetti, che per la sua prima volta dietro la macchina da presa ha scelto una storia ancora molto attuale: le reazioni di una coppia separata, progressista solo a parole, di fronte al figlio adolescente che si dichiara omosessuale. Per fortuna il giovanissimo Rocco non è solo; nella sua rabbiosa fuga verso Milano per il concerto di un'icona gay che lui adora, lo accompagnano la simpatica romanaccia Maria e il goffo Mauri, e gli dimostreranno che anche fra gli adolescenti le reazioni all'omosessualità non sono tutte uguali.
Uscirà in circa venti copie, e la strategia di distribuzione, ironizza la vivacissima Veronica, sarà: "Andate a caccia del film nelle sale". All'incontro sono presenti la regista (nonché affettuosa madre di Rocco nel film), l'autrice del soggetto e co-sceneggiatrice Giovanna Gra, e gli attori Andrea Amato (Rocco), Carolina Pavone (la sua amica Maria), Francesco De Miranda (il paffuto amico Mauri), Pia Engleberth (la nonna di Rocco, reazionaria ma a suo modo moderna) e Corrado Invernizzi (il frivolissimo e petulante psicanalista, padre di Rocco).
L'omofobia fra le vecchie e le nuove generazioni
Veronica Pivetti: Questo soggetto esiste già da molti anni, e la vera sceneggiatrice è Giovanna Gra; io ho solo collaborato al copione. Mi sembrava interessante il discorso sui modi in cui una famiglia può disattendere le aspettative di un adolescente. Trovarsi di fronte un muro d'incomprensione, a quell'età, credo sia capitato a tutti: io stessa mi porto dentro i traumi vissuti da adolescente. È come se si avesse un mondo interiore e i genitori non lo capissero. Il genere è quello della commedia perché è l'abito che vesto con più piacere come attrice, e mi piaceva esordire così alla regia: nelle commedie si possono descrivere realtà tremende e poi riderci sopra. L'omosessualità, per esempio, a parole è ampiamente accettata ma nei fatti per niente, e per mettere in luce ciò la commedia mi sembrava il veicolo più adatto.
È interessante il personaggio della madre, così aperta con i figli degli altri ma non con il proprio.
Mi stuzzicava l'idea d'interpretare un personaggio che potesse anche risultare antipatico, visto che mi si dice sempre che sono buffa. Spero che questo film possa coinvolgere anche spettatori di quaranta-cinquant'anni, perché tutti i genitori ‒ proprio in quanto tali ‒ falliscono o hanno fallito in certi momenti: anche i miei, che adoro. E va sottolineato che la nostra è una società fortemente omofoba, e quindi anche questa famiglia lo è. Mi sono sentita dire spesso: "Un altro film sull'omosessualità?". E vorrei capire perché non ci si stanca mai delle storie etero, mentre di queste sì. Evidentemente esiste un problema.
Questo film evidenzia che l'omofobia è radicata anche fra le nuove generazioni.
Le nuove sono figlie delle vecchie. C'è da vedere cosa sentono i giovani in famiglia, a livello di idee e sfottò. Magari alcune famiglie non aizzano in modo vero e proprio, ma assecondano certi pregiudizi anziché smorzarli.
Qui per fortuna l'omosessualità non viene descritta attraverso macchiette.
Infatti abbiamo voluto fornire uno spaccato della realtà, per informare che queste cose succedono.
Giovanna Gra: Io ho voluto raccontare questa storia perché l'ho vissuta da adolescente e l'ho rivista negli adolescenti di oggi. Purtroppo non è cambiato niente.
Pia Engleberth: Del resto l'immaginario è rimasto quello, così come l'immagine della donna, sgualdrina o donna di casa. Si ragiona tutt'oggi per stereotipi.
Veronica Pivetti: Nelle pubblicità si vedono ancora donne che puliscono casa!
Corrado Invernizzi: Io tengo dei corsi di teatro in Francia, e lì per esempio assisto a esempi di tolleranza di gran lunga maggiore che qui da noi. Per esempio, sotto i miei occhi un ragazzino si era fatto spacciare per ragazzina e, quando i suoi genitori hanno dovuto comunicare la verità, la classe ha reagito con un vago imbarazzo, ma come se la notizia non fosse niente di che. Quindi credo dipenda molto dal posto.
Andrea Amato: Non saprei. Io ho diciotto anni e frequento un liceo classico, e a scuola ho diversi amici dichiaratamente omosessuali, e sono perfettamente integrati. Ricordo quando un compagno mi disse, mentre parlavamo di tutt'altro, che era gay: la conversazione poi è proseguita con naturalezza.
Corrado Invernizzi: Beh, dipende anche da quanto si ha la battuta pronta, come nel caso di Rocco. Chi non possiede quella scaltrezza che fa? Inoltre non sappiamo come hanno reagito i genitori del tuo amico.
Veronica Pivetti: Comunque è la conferma che si sente sempre il bisogno di qualificarsi e giustificarsi senza motivo.
Francesco De Miranda: Quello che posso dire io è che a scuola questo argomento non viene molto affrontato, semplicemente perché non ne sentiamo il bisogno. I gay sono solo persone con gusti diversi. E riguardo alla battuta pronta, chi non ce l'ha dovrebbe essere aiutato dalla famiglia a trovarla.
L'esordio di Veronica Pivetti alla regia
Passando dall'identità sessuale a quella professionale, come si è trovata dietro la macchina da presa?
Veronica Pivetti: Meditavo da tantissimo tempo di dirigere un film; ho realizzato dei corti, purtroppo mi è piaciuto e sono voluta passare a un film. Come tutti sanno è complicatissimo, io per di più ho cinquant'anni e un bagaglio in televisione che mi procurerà un pregiudizio enorme. Comunque è talmente difficile arrivare alle riprese che il "Ciak!" è il momento più bello ma anche il più semplice. Io mi sono dedicata totalmente al progetto, e già averlo portato a termine è moltissimo. Sulla riuscita, sta a voi giudicare. Volevo anche restituire l'immagine di quella che sono realmente, cioè una persona inquieta, anche se a molti sembro sbarazzina. Questo film è nato e morto svariate volte in quattro anni. Per questo occorrono nervi saldi, una buona salute e poi ci si deve buttare, e tutto diventa ordinaria amministrazione. Il fatto che conosca bene il set mi ha dato sicurezza. Ovviamente le critiche sono terrificanti tanto quanto i complimenti sono gratificanti, ma tutto quello che succederà almeno me lo sono cercato. Ci tengo a dire che gli attori sono bravissimi, e che Carolina è al suo primo film.
Carolina Pavone: Veronica è molto precisa e puntuale nelle indicazioni riguardo le sensazioni e l'atmosfera da comunicare. Tutti i giorni ambientati durante la fuga milanese sono stati molto divertenti. Io credo sia necessario continuare a fare film del genere, che denuncino queste dinamiche.
Il sesso come parte fondamentale della vita
Ancora più che intorno all'omofobia, tutto il film sembra girare intorno al sesso: il padre non pensa ad altro, così come i personaggi giovani. Inoltre il sottotitolo, "Se guardi con il cuore non c'è differenza", fa riflettere sul fatto che l'unica che sembra usare il cuore è la nonna. Questo perché le vecchie generazioni sono le più attente?
Veronica Pivetti: Che questo film ruoti attorno al sesso è una scoperta bellissima che faccio adesso: vuol dire che guadagnerà di più (ride). Il padre del protagonista è così perché spesso gli uomini non pensano ad altro. Il sottotitolo è un'idea della distribuzione, e mi sembra pertinente, ma non sono d'accordo che l'unica a guardare col cuore sia la nonna. La madre fa un percorso importante: all'inizio non riesce neanche a pronunciare la parola "omosessuale"; poi però insegue il figlio in un'altra città. Così l'amico di Rocco, Mauri: è un conformista e all'inizio si scandalizza. Poi però l'amicizia vince su tutto.
Giovanna Gra: Se il film parla di sesso, comunque, è perché la nostra vita ne è permeata profondamente. Il sesso è una componente fondamentale fino all'andropausa e alla menopausa.
Pia Engleberth: Anche dopo! (in sala si ride).
Amnesty International e i diritti umani
Veronica Pivetti: Vorrei segnalare che, nonostante le mie preoccupazioni, Amnesty International ha visionato il film e ci ha offerto il patrocinio, perché parla di diritti umani. È la prima volta che Amnesty patrocina una commedia; invito con gioia il suo portavoce in Italia, Riccardo Noury, qui sul palco.
Riccardo Noury: Il nostro compito è raccontare storie belle smantellando i luoghi comuni e parlando di diritti, e questo film lo fa in modo lieve e delicato. In questo paese c'è una vera e propria ossessione omofoba, e alle ossessioni si risponde con delicatezza. Veronica ha pure dovuto presiedere la giuria per il premio "Il cinema per i diritti umani", all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, e ha dovuto vedere i film più truci. A questo proposito per Né Giulietta né Romeo voglio assegnare il premio "Arte e diritti umani 2015" a Veronica Pivetti (che, con sguardo stupito e riconoscente, lo riceve dalle mani di Riccardo Noury).
Un'ultima domanda, se non è troppo indiscreta. Su cosa, esattamente, non si è sentita compresa dai suoi genitori da adolescente?
Veronica Pivetti: Alla domanda non rispondo perché è troppo personale, ma posso dire che mi è capitato di non riuscire a comunicare con loro anche in età più avanzata. Però m'interessava questo tipo di scontro quando si è giovani, e credo di poter interpretare il pensiero degli adolescenti proprio perché in qualche modo l'ho vissuto anch'io.