A partire dal loro primo incontro avvenuto nel 1999 nel leggendario Groundlings Theater, laboratorio che ha sfornato talenti comici come Kristen Wiig, Will Ferrell e Lisa Kudrow, Nat Faxon e Jim Rash hanno sempre scritto insieme. Dagli sketch comici fino agli script cinematografici passando per le sceneggiature TV, una strada lunga che li ha portati a vincere l'Oscar nel 2011 per la migliore sceneggiatura non originale con Paradiso Amaro, il toccante dramma familiare venato di umorismo presentato due anni fa proprio a Torino fuori concorso con protagonista George Clooney. E' stato proprio questo importante riconoscimento a dar loro l'opportunità di debuttare alla regia con C'era una volta un'estate, un piccolo film low-budget dal look vintage che narra le avventure estive di un adolescente alla ricerca di sé in conflitto col suo patrigno interpretato da Steve Carell, Toni Collette e Sam Rockwell. Dopo una lunga gestazione durata dieci anni e il passaggio in diversi festival tra cui il Sundance, C'era una volta un'estate giunge al 31° Torino Film Festival nella sezione Festa Mobile ed arriverà nelle sale a partire da giovedì 28 novembre.
Il film inizia con un dialogo emotivamente toccante tra il ragazzo protagonista e il suo patrigno, che da una scala da 1 a 10 lo etichetta con un umiliante 3. E' un episodio che vi è realmente capitato nella vita o è inventato?Jim Rash: Quella conversazione, che apparentemente causa un forte senso di frustrazione nell'animo di Duncan, ma causa anche una reazione d'orgoglio nel ragazzo che trova il coraggio di uscire dal suo guscio e dare finalmente una svolta alla sua vita. Non sempre le persone hanno un impatto totalmente positivo o totalmente negativo sulla nostra vita, a volte è semplicemente l'impostazione che si ha verso il prossimo ad essere diversa. L'episodio successe a me quando avevo 14 anni e il mio patrigno mi affibbiò un 3 contro il più generoso 6 che mi ero dato da solo e le sue parole furono per me di grande stimolo. Come avete scelto il giovane attore che interpreta Duncan e come avete lavorato con lui a questo complesso ruolo adolescenziale? Jim Rash: Ricordo che quando Liam James è entrato nella stanza entrambi abbiamo avuto l'impressione che fosse un ragazzo introverso e timido ma abbiamo colto subito in lui qualcosa di speciale intravedendo nel suo sguardo l'uomo che sarebbe diventato in futuro. Quando si lavora con un ragazzo di quell'età non devi mai cercare di farlo sentire adulto ma di farlo sentire più intelligente e sveglio di quanto lui si senta. I giovani attori della Hollywood di oggi tendono sempre a recitare come fossero in un film Disney, ma noi andavamo in cerca di qualcosa di diverso, di vero e di sincero. Avete lasciato spazio all'improvvisazione oppure gli attori hanno seguito alla lettera le vostre indicazioni di sceneggiatura? Nat Faxon: La nostra era una sceneggiatura molto densa e non potevamo permetterci in alcun modo il lusso di improvvisare perché avevamo un piano di lavoro concitato e condensato in pochissimo tempo. In più il nostro era un film low-budget (4,7 milioni di dollari ndr)ed avevamo a disposizione un'unica macchina da presa che limitava di molto i nostri movimenti. La nostra fortuna è stata quella di lavorare con attori di grande talento come Sam Rockwell, Toni Collette e Allison Janney che abbiamo sostenuto al 100% nei momenti cruciali delle riprese in cui erano chiamati a mettere qualcosa di personale nei loro personaggi. Nella scena finale del ritorno a casa in auto tutti gli equilibri familiari sembrano essere saltati, ed è forse in quel momento che lo spettatore inconsciamente attribuisce i suoi voti come fa Trent nella scena iniziale... Jim Rash: Il film racconta sì il percorso di Duncan, ma se consideriamo la storia nella sua globalità ci rendiamo conto che C'era una volta un'estate racchiude anche il percorso di cambiamento di tutti loro, come se la crescita del ragazzo avesse rappresentato per loro una sorta di presa di coscienza. L'immobilismo della madre di Duncan va a cozzare con il radicale cambiamento del ragazzo e questo crea in lei una specie di implosione che la riporta con i piedi per terra. Anche in Paradiso Amaro la visione degli adulti non era proprio idilliaca. Secondo voi sono davvero una massa di ipocriti che non riflettono mai abbastanza sulle conseguenze che le loro azioni possono avere sulle vite dei figli? Jim Rash: In quel caso si trattava di adattare un romanzo per il cinema e quindi era una cosa un po' diversa perché era proprio il romanzo toccare l'argomento delle famiglie disfunzionali. Io penso che, sia che si tratti di adulti sia che si tratti di adolescenti, l'importante in queste storie è trasmettere il senso di smarrimento che di questi tempi attanaglia un po' tutti noi.