Narcos, la serie tv dedicata alla genesi del narcotraffico colombiano, torna su Netflix in una veste tutta nuova: spostandosi dalla Colombia al Messico degli anni ottanta, Narcos: Messico ci racconta l'ascesa al potere di Miguel Ángel Félix Gallardo, fondatore del cartello di Guadalajara, e dei continui scontri con gli americani della DEA, in particolare con l'agente Kiki Camarena (qui interpretato da Michael Peña). La serie è quindi contemporanea dal punto di vista temporale a quanto narrato nelle prime tre stagioni, ma protagonisti e prospettiva cambiano completamente (non mancano però comparsate di personaggi celebri).
In un arco narrativo della durata di 5 anni, vedremo come Félix Gallardo, portato sullo schermo da un Diego Luna terribilmente convincente, passi dalla piccola criminalità nelle campagne dello stato di Sinaloa a gestire il più grande cartello della droga mai esistito in Messico fino a quel momento. Anche se in questa recensione di Narcos: Messico proveremo a fare meno spoiler possibili, i fan della serie ricorderanno come di Kiki Camarena si sia già parlato nella prima stagione (Gli uomini di sempre), sottolineando le inevitabili conseguenze di quanto gli accadde sui rapporti tra Messico e Stati Uniti ma anche su come poi in generale venne gestita la guerra al narcotraffico. La serie, nuovamente creata e prodotta da Carlo Bernard e Doug Miro, aveva già fatto discutere per il tragico caso di un assistente di produzione ucciso in fase di ricerca delle location e anche per questo ha creato moltissime aspettative nel pubblico già a partire dal primo trailer.
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Una trama che cattura fin dal primo episodio
L'agente della DEA Kiki Camarena, appena trasferitosi dalla California a Guadalajara, si trova ad essere testimone del cambiamento radicale nella storia della criminalità organizzata in Messico che è al centro della trama di questa stagione della serie: sotto il comando di Miguel Ángel Félix Gallardo, detto "El Padrino", i narcotrafficanti messicani si organizzano per la prima volta, creando un unico organismo strutturato per la produzione e distribuzione della marijuana. Félix Gallardo, con l'aiuto dei suoi più stretti collaboratori Rafael Cara Quintero e Ernesto "Don Neto" Fonseca Carrillo (Tenoch Huerta e Joaquín Cosío), ha l'idea di concentrare la coltivazione di marijuana in un'enorme area desertica alimentata da falde sotterrane, con la quale poi controllerà il mercato in esclusiva. El Padrino ed i suoi si arricchiranno velocemente, riuscendo a spazzare via tutti i piccoli narcotrafficanti del resto del paese, questo anche grazie all'appoggio di organi statali come polizia ed esercito, estremamente corrotti e facilmente manovrabili. L'equilibrio creato da Félix Gallardo non potrà però durare per sempre, la distribuzione di marijuana non sarà più sufficiente e il cartello di Guadalajara cercherà di ottenere sempre più potere gestendo anche il trasporto di cocaina colombiana negli Stati Uniti.
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Kiki e Félix: personaggi così diversi ma anche così uguali
La vera colonna portante di questo Narcos: Messico sono i suoi due protagonisti: l'agente Kiki Camarena, onesto e incorruttibile, e Félix Gallardo, guidato da un'inestinguibile sete di potere e con un sistema di valori ben lontano da quelli comunemente condivisi. I due si distinguono da chi gli sta attorno per intelligenza e carisma, entrambi si fissano degli obiettivi che, contro ogni previsione, riescono a raggiungere con le loro sole forze. Pur essendo personaggi estremamente diversi, Kiki e Félix - interpretati da Michael Pena e Diego Luna - hanno quindi alcune caratteristiche in comune: ambedue sono ossessionati da qualcosa, da una parte dalla giustizia e dall'altra dalla conquista del potere, che li cambierà profondamente nel corso della serie e che rischierà di causarne la rovina.
Se uno viene definito dalla propria integrità e correttezza, l'altro è un personaggio molto più ambiguo: per gran parte della serie Félix non viene percepito come completamente negativo, inizialmente ci viene infatti fatto capire che molte delle sue azioni sono guidate dalla volontà di riscattare la famiglia dalla povertà e di proteggere i suoi uomini. Con il passare del tempo però le cose cambiano, il commercio della droga e l'enorme potere che ne deriva lo porteranno ad allontanarsi sempre di più da come inizialmente era stato caratterizzato. Verso la fine della stagione Felix perderà definitivamente qualsiasi senso della morale che gli era rimasto, tradendo tutto ciò che in principio era stato importante per lui.
Parlando dei comprimari risultano decisamente più interessanti e meglio approfonditigli gli altri narcotrafficanti rispetto ai membri della DEA: tra tutti spiccano i più stretti collaboratori di Fèlix, Rafael Quintero e Don Neto, ma anche Amado Carrillo Fuentes e Joaquín "El Chapo" Guzmán (rispettivamente José María Yazpik e Alejandro Edda) che, come forse molti di noi sapranno già, ricopriranno in futuro un ruolo fondamentale nella storia del narcotraffico messicano. Creare personaggi forti e accattivanti è probabilmente un modo per prepararsi alle prossime stagioni, in cui i secondari che ci vengono presentati in questa ne diventeranno i protagonisti. Rispetto alle scorse stagioni di Narcos per il casting di quest'ultima si è inoltre ricercata una maggiore autenticità: la maggior parte degli attori sono messicani come richiede il ruolo che ricoprono, nelle precedenti stagioni invece il cast era per lo più misto, un esempio tra tutti Wagner Moura (che interpretava Pablo Escobar) che è brasiliano e non colombiano.
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Una serie che porta all'idealizzazione del narcotraffico?
Negli ultimi anni hanno riscosso un enorme successo le cosiddette narconovelas, serie televisive dedicate al narcotraffico, principalmente nei paesi latino americani ma anche in quelli occidentali (un esempio potrebbe essere la nostra Gomorra - La Serie). Molto spesso però queste produzioni hanno suscitato molte polemiche perché accusate di fare una sorta di apologia del mondo dei trafficanti di droga e della criminalità in generale, costituendo un pessimo esempio per i più giovani. Questa quarta stagione di Narcos deve essere vista in quest'ottica? A nostro parere no. Narcos: Messico non fa mai dei suoi protagonisti delle figure da idealizzare, rappresentando il mondo in cui hanno scelto di vivere in maniera estremamente cruda e realistica. Miguel Ángel Félix Gallardo non è, almeno all'inizio, un personaggio completamente negativo, e non lo sono nemmeno i suoi collaboratori, ma questo non significa che la sua figura e il suo stile di vita vengano celebrati.
Una volta terminata Narcos: Messico ci si rende conto che l'antagonista, il vero "cattivo", della serie non è ne Félix Gallardo ne nessuno degli altri narcotrafficanti, ma il sistema corrotto che ne permette l'ascesa e che ostacolerà in tutti i modi la DEA e le sue indagini. Questa serie non è quindi dedicata alla figura di Félix Gallardo ne tantomeno a quella di Kiki Camarena, ma ad un particolare contesto storico e culturale che ha lasciato che certi fatti potessero accadere.
Movieplayer.it
3.5/5