La politica non fa più per Nanni Moretti? L'autore militante, ospite della 14° edizione di Parlare di Cinema a Castiglioncello, sembra schivare i tentativi del pubblico di farlo parlare del nuovo governo chiudendosi in un imbarazzato silenzio. Il Nanni nazionale si illumina quando parla del suo legame con il cinema di Fellini, quando ricorda alcuni gustosi aneddoti sulla sua produzione e non si tira indietro quando si tratta di analizzare la crisi delle sale cinematografiche, ma non ha intenzione di commentare l'attuale situazione politica. Neppure di fronte agli accorati appelli di qualche ammiratrice nostalgica dei Girotondi che lo incita a tornare in piazza a sostegno della sinistra: "All'epoca ho deciso di dedicarmi alla politica al di fuori dei partiti per criticare la destra al governo e l'opposizione molto fiacca. Ma ho spiegato fin dall'inizio che era una parentesi".
Sarà colpa dell'età che avanza o dei tempi infausti, sta di fatto che il rissoso Michele Apicella sembra ormai acqua passata. Al suo posto troviamo un Nanni Moretti apparentemente pacato, più incline alla diplomazia che alla vis polemica. "Quando ho cominciato a fare cinema scrivevo, dirigevo e recitavo allo stesso tempo. Mi è venuto naturale stare non solo dietro, ma anche davanti la cinepresa. Pian piano mi sono divertito a costruire un personaggio affibbiandogli le mie ossessioni: l'attenzione per le scarpe, la precisione nel linguaggio, una certa rissosità, la passione per i dolci e per lo sport più praticato che visto. In Caro Diario sono precipitato nella prima persona, non c'è più Michele, ma Nanni. Era un racconto personale e mi sembrava sbagliato nascondermi dietro un personaggio. Dopo Aprile ho pensato che sarebbe stato strano continuare a interpretare il personaggio di quando avevo 20-30 anni e i film che ho fatto in seguito riflettono il mio cambiamento."
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La vitalità dei registi è intatta, quella degli spettatori meno
Nel ricostruire la sua carriera, Nanni Moretti ammette di non aver avuto genitori cinefili e di aver scoperto il cinema relativamente tardi, verso i 15 anni. "Io e i miei amici ci dividevamo in due partiti, quello di Antonioni e quello di Fellini. Io ho sempre fatto parte di quest'ultimo". Probabilmente deriva dalla passione per Fellini, o dal suo approccio disinvolto alla settima arte, la tendenza a fare un cinema libero e disarticolato. L'apice è stato toccato con Palombella rossa, che Nanni ricorda ancora come il film più faticoso della sua carriera: "Dovevo dirigere, recitare, dirigere le comparse che giocavano a pallanuoto, giocare io stesso. Dopo Aprile ho sentito l'esigenza di tornare a girare con una sceneggiatura strutturata e di puntare su altri attori. Fare il regista e l'attore protagonista a 60 anni è faticoso". Con questo slittamento stilistico, Nanni Moretti ha perciò rinunciato a fare il protagonista dei suoi film scegliendo altri alter ego. "Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi attori come Michel Piccoli. Ora mi piacerebbe fare l'attore in film di altri. Mi arrivano proposte, anche dall'estero, ma trovo sempre una scusa per rifiutarle. Fingo di essere troppo impegnato".
Di pari passo con l'evolvere della sua produzione, le battute che costellano i film di Nanni Moretti si sono trasformate in veri e propri tormentoni prendendo vita indipendentemente dal contesto. "Facciamoci del male", "Le parole sono importanti" o "D'Alema, dì qualcosa di sinistra" sono entrate di prepotenza nell'immaginario collettivo così come la vis polemica del loro autore che, nella fase più matura della sua produzione, ha sentito il bisogno di un cambiamento. A un cinema più strutturato è così corrisposto un affievolimento della critica politica e un ripiegarsi verso temi più intimi e personali. "La stanza del figlio, Habemus Papam e Mia madre sono storie che non volevano distrazioni di attualità, non avevano bisogno di essere datate" spiega. Questa tendenza proseguirà con il prossimo lavoro di cui Moretti non può ancora dire niente: "È troppo presto, sto ancora scrivendo, ma posso dire che anche questo non sarà un film politico". Il regista sembra però ansioso di poter parlare dell'altro progetto a cui sta lavorando, un documentario dedicato all'importante funzione che l'Ambasciata Italiana ebbe in Cile nel 1973, durante il Governo marxista di Unidad Popular. Quando l'esperienza fu stroncata dal golpe di Pinochet, la residenza privata dell'ambasciatore ospitò centinaia e centinaia di richiedenti asilo che poi ottennero il visto e vennero in Italia. "Una volta tanto che abbiamo fatto bella figura volevo raccontare questa bella storia italiana" commenta.
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Il profeta Nanni Moretti
Quale è il cinema a cui il Nanni Moretti spettatore continua a essere legato? "Il cinema d'autore degli anni '60, la Nouvelle Vague, il Free Cinema, Polanski nella fase polacca" confessa l'autore. "Era un cinema che immaginava un nuovo linguaggio e una nuova società. I film dell'epoca si interrogavano sia sul cinema che sulla realtà". Merito, questo, che può essere attribuito anche a tanti film dello stesso Moretti, il quale però ci tiene a puntualizzare: "Quando i critici bollavano i miei film come 'generazionali' io ero insofferente, mi sembrava riduttivo concentrarsi solo sull'aspetto sociologico, volevo parlare di cinema. Oggi ho cambiato idea, se con i miei film sono riuscito a raccontare una generazione ne sono felice". Il cinema di Nanni Moretti si è dimostrato capace non solo di raccontare il presente, ma anche il futuro tanto da scomodare epiteti come 'profetico'. Il regista ammette: "Due mesi dopo Palombella rossa crollò il Muro di Berlino, Il portaborse, che ho prodotto, è uscito un anno prima di Mani Pulite, per non parlare di Habemus Papam. Quando Ratzinger si è dimesso il mio cellulare è impazzito. Al primo messaggio ho pensato a uno scherzo, poi ho acceso la tv e non ci volevo credere".
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Lo sguardo di Nanni Moretti sul presente è lucido. Il regista è testimone della crisi che ha colpito il cinema e delle sue cause. Il suo Nuovo Sacher, storica sala romana, ha visto ridurre gli spettatori di un terzo, senza ricambio generazionale. "La vivacità dei registi c'è, è quella del pubblico che manca. Gli spettatori della mia sala sono gli stessi di una volta, ma con 25 anni di più" commenta laconico Moretti. "A volte mi chiamano per dirmi 'Stasera abbiamo bucato', ma io faccio finta di niente e continuo a proporre film di qualità. C'è un degrado del gusto. Sono stato a vedere La truffa dei Logan, ne avevo sentito parlare bene, ma è un filmetto". Il regista romano si dichiara ancora cinefilo, ma ammette di aver ceduto al fascino delle serie tv: "Da due anni ho iniziato a guardarle. Non ho tempo di recuperare quelle di cinque-sei stagioni, ma credo di poter vivere anche senza aver visto Breaking Bad o House of Cards".