Dopo gli episodi speciali Quarantine ed Everlight, è disponibile dal 7 maggio su Apple TV la seconda stagione di Mythic Quest, serie creata da Charlie Day, Megan Ganz e Rob McElhenney (anche protagonista), lo stesso team di C'è sempre il sole a Philadelphia.
La serie è ambientata negli uffici di una società che sviluppa il videogioco Mythic Quest, gioco MMORPG ideato da Ian Grimm (McElhenney), direttore creativo dell'azienda. Nella sua squadra ci sono la programmatrice Poppy Li (Charlotte Nicdao), che vorrebbe più libertà creativa, lo scrittore C.W. Longbottom (il premio Oscar F. Murray Abraham), il capo del marketing Brad Bakshi (Danny Pudi) e il produttore esecutivo David Brittlesbee (David Hornsby). Più in basso nella catena alimentare dell'ufficio ci sono la sadica assistente Jo (Jessie Ennis) e le game tester Dana (Imani Hakim) e Rachel (Ashly Burch).
Mythic Quest racconta la nostra società utilizzando come spunto l'industria videoludica. In realtà il cuore della commedia sono i rapporti che si instaurano in questo gruppo di persone completamente diverse tra loro ma che lavorano fianco a fianco ogni giorno. Frank Murray Abraham nel ruolo dello scrittore C.W. è uno dei personaggi più divertenti e riusciti. Ne abbiamo parlato con l'attore e con la sceneggiatrice Megan Ganz, raggiunti online.
Mythic Quest e il mondo dei videogiochi
Prima di tutto: se poteste realizzare un videogioco, che storia scegliereste?
Megan Ganz: Amo leggere le storie di detective e storie piene di misteri. Quindi penso che se dovessi sviluppare un videogioco scriverei la storia di un detective impegnato in un'indagine, magari su un omicidio.
Frank Murray Abraham: Non lo so! Sicuramente creerei un videogioco in cui sono la star. E dovrebbe essere divertente. Magari un videogioco ambientato in un circo.
Perché avete scelto proprio l'industria videoludica come ambientazione?
MG: Non avevo grande esperienza dell'industria dei videogiochi, ma quando cominciato a fare ricerche ho scoperto che ormai è molto più grande rispetto a quella dello spettacolo. Sono stata quasi intimorita: il frutto della loro creatività è apprezzato da milioni di persone in tutto il mondo. Quindi è stato un mondo eccitante da esplorare. Ho trovato però anche molte similitudini con l'industria cinematografica: mi piacciono le storie in cui c'è un team che lavora insieme per costruire qualcosa, perché ci saranno conflitti e momenti divertenti. È qualcosa che accade anche in fase di sceneggiatura. Dovevamo solo conoscere le caratteristiche specifiche del mondo dei videogame in modo da poter definire i personaggi. Una volta fatto questo le sceneggiature le abbiamo scritte facilmente. Ci sono dinamiche universali, che avvengono in tutti i luoghi in cui si lavora con le proprie passioni.
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Pensi che Mythic Quest sia un ponte tra televisione e videogiochi?
MG: Lo spero. Facciamo parte di un mondo che oggi sembra sarà estinto molto presto. I videogiochi hanno raggiunto un livello narrativo incredibile come media visuale, che oggi sembra che tu stia giocando con un film. Le persone si divertono molto a fare tutte quelle scelte, quel livello di interazione. Per le persone come me, che vivono scrivendo, è una cosa che fa paura perché siamo abituati a presentare la storia che abbiamo creato a un pubblico che sta seduto e la guarda. Ho grande rispetto per chi crea videogiochi e spero che possano diventare un ponte: spero di poter creare una serie che sia ricettiva nei confronti del pubblico. Per questo abbiamo fatto un episodio speciale ambientato durante la quarantena, perché volevamo rappresentare i sentimenti degli spettatori in questo periodo, rispondendo in tempo reale a ciò che sta accadendo. È questo che le persone amano così tanto dei videogiochi.
L'evoluzione di C.W.
C.W. in questa seconda stagione brilla: come mai avete deciso di concentrarvi su di lui per ben due episodi?
MG: Nella seconda stagione approfondiamo il suo personaggio: vediamo il suo passato e i risultati che non ha ottenuto. Nella prima stagione mostra continuamente il suo Nebula Award, siamo indotti a credere che tutto il valore del suo lavoro sia rappresentato da quel premio e invece scopriamo che non se l'è davvero meritato. C'è un momento in cui potrebbe continuare ad aggrapparsi a quell'immagine falsa di se stesso oppure tuffarsi in una nuova avventura, il mondo dei videogiochi. La sua è una storia piena di speranza: in ogni momento della tua vita, a ogni età, puoi decidere di cambiare e buttarti in qualcosa di nuovo. Magari cadrai con la faccia per terra, farai errori e ti ritroverai accanto a persone molto più giovani di te trovandoti non a tuo agio, ma la vita funziona così. Una serie di situazioni sgradevoli. Quando cercavamo l'interprete giusto per C. W. ho detto alla mia casting director, Jeanne McCarthy, che volevo un attore del tipo di Frank Murray Abraham. Non pensavo che avremmo mai potuto convincerlo. E lei invece mi ha detto: che ne dici invece proprio di lui? Pensavo stesse scherzando. E invece ha accettato! Era oltre ogni mia più fervida immaginazione poterlo avere nel cast. Quindi abbiamo cercato di rendere la seconda stagione della sua altezza.
Come è stato interpretarli?
FMA: Quei due episodi mi hanno dato l'opportunità di fare di tutto: far ridere e piangere lo spettatore. Ho potuto lavorare con un attore che rispetto molto, William Hurt. La cosa che amo di più di questa serie è che i personaggi sono veri esseri umani. C'è un grande senso di umanità. Penso che tutti amino C.W.: a me piace, vorrei essere suo amico e uscire con lui. Mi diverto moltissimo a girare lo show. Se poteste vederci mentre giriamo vi innamorereste del set. È un assoluto piacere. E mi pagano!
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Grazie all'episodio ambientato nel passato scopriamo il vero C.W. e ha dei punti di contatto con Antonio Salieri, il compositore che hai interpretato in Amadeus, ruolo per cui hai vinto l'Oscar. Quanto sono vicini?
FMA: Non credo che C.W. sarebbe capace di sentimenti del genere: è troppo pieno di vita e speranza. Infatti continua a lavorare, a scrivere. Anche Salieri, quando lo incontriamo per la prima volta, alla fine della sua vita, sta ancora cercando di creare, di suonare il piano. Si rifiuta di arrendersi, ma in lui c'è grande risentimento. Invece C.W. rimpiange soltanto la perdita dell'amore della sua vita. Non prova risentimento verso nessuno. Non ne è capace. Ha un ego forte: è così sicuro di se stesso da non avere tempo per il risentimento.
L'ossessione per ciò che si ama
C.W. è uno scrittore ossessionato da ciò che fa e ha una visione, ma non ha talento. Per essere bravi cosa conta di più?
MG: Penso che il talento sia molto importante, anche cercare sempre di migliorarsi, di provare a fare cose che non vengono facili. Questo ti mantiene giovane e innovativo. Penso che non ci si debba vergognare se si continua a sbagliare. È qui che entra in gioco la resilienza: devi avere un ego molto forte per lavorare in questo settore. Ti metti sempre in gioco e a nudo e non a tutti potrebbe piacere chi sei. Ma se si lavora in modo onesto penso che il pubblico lo riesce a percepire. Percepisce la tua passione. Si sente quando in qualcosa metti entusiasmo.
FMA: Credo che sia la maledizione degli artisti essere ossessionati: per noi l'ossessione è salutare. Una volta parlavo con una psicologa e ho realizzato che tutto ciò che faccio lo valuto in base a come influenza il mio lavoro. Pensavo di essere malato. Invece lei mi ha detto che sono fortunato. Pensiamo a C.W.: è ossessionato dal suo lavoro, lo mantiene vivo, riempie il suo cuore. Anche per me è così. L'idea che le persone non tengano a ciò che fanno mi disturba. Penso sia terribile fare qualcosa che non ti dà gioia, che non ti soddisfa. Sono molto fortunato.