"Strana cosa il Karma!".
My Name Is Earl è arrivata dal 26 maggio in streaming su Star, su Disney+. Che Star sarebbe stato un brand molto vario, all'interno di una piattaforma ricca come Disney+ era stato chiaro fin dai primi minuti del lancio, ma ritrovare una serie come My Name Is Earl, creata da Greg Garcia e prodotta dalla 20th Century Fox dal 2005 al 2009, è una vera sorpresa. È una di quelle serie che siamo soliti chiamare "minori", o "sottovalutate". Non ha la suspense e la natura quasi profetica di 24, non ha gli interrogativi e la metafisica di Lost, per citare delle serie che andavano per la maggiore in quel periodo. non è fantapolitica, né catastrofica né fantasy, non ha attori famosi né effetti speciali. Eppure è una di quelle serie a cui si vuole bene, sin da subito. Uno di quei racconti che inizi a vedere quasi distrattamente, ma poi ti ci affezioni. Quando arrivò in Italia non si poteva fare, ma ora su Disney+ si può. Sì, My Name Is Earl è una serie da Binge Watching.
C'era una volta, nel 2006, in seconda serata su Italia 1
My Name Is Earl nasce in un'era appena precedente dall'attuale Golden Age delle serie tv. Non c'erano ancora i colossi dello streaming, e le serie televisive avevano due vie: andare direttamente in chiaro, sulle tv generaliste, o andare sulle pay tv via satellite. My Name Is Earl andava in onda su Italia 1, in seconda o terza serata, senza alcun lancio pubblicitario. Così, nel 2006, ti capitava di beccarti una puntata per caso, facendo zapping, e di entrare nel racconto in medias res. Ma, con una serie come My Name Is Earl, entrare in sintonia con la storia, e con il mood - particolarissimo - è stato qualcosa di immediato. Mentre la serie ha avuto sfortuna essendo stata cancellata alla fine della quarta stagione, con la storia chiaramente in sospeso, anche in Italia le cose non sono andate bene. La messa in onda è stata spesso sospesa e poi è ripartita, dalla seconda serata è stata spostata, sia in replica che negli episodi nuovi, nel pomeriggio di Italia 1, intorno alle 15, in un orario meno nobile. Sarà stato il Karma a decidere tutto questo.
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Questione di Karma
"Karma is a funny thing", recita del resto una tagline della serie televisiva. "Avete presente quel tipo di soggetto che fa una bastardata dopo l'altra e a un certo punto si meraviglia che la sua vita fa schifo? Bene, quello ero io! Ogni volta che mi capitava qualcosa di buono, qualcosa di cattivo era in agguato dietro l'angolo: è il karma! Ecco perché ho deciso di cambiare: ho fatto una lista di tutte le mie cattive azioni e da allora cerco di rimediare agli errori che ho commesso. Mi sto solo sforzando di essere una persona migliore. Il mio nome? Earl!". Ogni puntata della serie creata da Greg Garcia iniziava in questo modo. L'idea di basare una serie sul karma (che in qualche modo è al centro di un film in arrivo proprio oggi su Netflix, Il Divin Codino, dedicato a Roberto Baggio) e di dare una visione piuttosto insolita, è già di per sé originale, per non dire geniale. Al centro di tutto c'è un uomo, Earl, che, dopo aver ottenuto una grossa vincita al Gratta e Vinci, viene investito da una macchina, finisce all'ospedale e, come se non bastasse, viene lasciato dalla moglie. In ospedale viene a conoscenza del karma, che poi non è altro che la sua coscienza: decide di riparare a tutti i torti che ha arrecato agli altri. Essendo un uomo sulla quarantina, e, soprattutto, qualcuno che viveva di espedienti, questi torti sono tanti. E così Earl stila una lista. Una lunga serie di nomi da cui depennare, ogni volta, le persone a cui ha riparato il torto con una buona azione. Dopo la prima buona azione, ritrova il biglietto vincente. E così, senza problemi economici, può dedicare la sua vita alla lista. Il Karma, ovviamente, è una cosa seria, secondo cui noi espiamo nella nostra vita le colpe delle nostre vite precedenti, fino ad arrivare alla purificazione. È chiaro che, uno come Earl, ne ha fatto una visione tutta sua.
L'America dei Motel
Uno dei tratti salienti di Earl è che la vincita non gli ha cambiato la vita. Continua a vivere in una stanza nel sordido Motel insieme al fratello. E questa è una cosa che ci piace della serie. My Name Is Earl mostra un'America lontana dall'eleganza della New York di Sex And The City, o dalle periferie borghesi di Desperate Housewives. È l'America dei motel, delle bettole, delle strade desolate, delle periferie tutte uguali, fatte di non luoghi. È l'America delle persone che vivono un po' ai margini, di lavori normali o di espedienti. Ma nella serie c'è un'umanità che a suo modo è felice, si trova bene nei luoghi dove vive. Nei personaggi iperbolici della serie, in fondo, c'è un'America molto più vera.
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Randy, Gamberone, Joy e Catalina
Già, i personaggi. Già Earl è un unicum nel panorama della serialità televisiva americana. È quello che si direbbe un perdigiorno, un uomo demotivato, un outsider, un po' (con uno spleen e una fisicità diversa, certo) il Drugo (o Dude, se preferite) de Il grande Lebowsky. Jason Lee, un attore che, dopo Quasi famosi di Cameron Crowe non aveva avuto ruoli memorabili, impersona Earl J. Hickey con due baffoni da antologia, e un'aria scanzonata e fatalista che ne fa un personaggio unico. Ma accanto a lui ci sono dei personaggi irresistibili. A partire dal fratello Randy (Ethan Suplee) un bambinone dal cuore d'oro ma così maldestro da rischiare di mandare a monte le imprese della lista a cui partecipa con Earl. Per arrivare a Darnell, alias Gamberone (Eddie Steeples), il nuovo compagno della moglie di Earl, noto per la battuta tormentone "Bella, Earl!", ogni volta che lo incontra. E poi ci sono le donne, molto speciali. Joy (Jaime Pressly) è l'ex moglie di Earl, perfida ed egoista, che la Pressly interpreta sporcando la sua bellezza con delle smorfie e una mimica facciale che ne fanno un personaggio di culto. E che le hanno valso due nomination agli Emmy Award, la seconda delle quali è diventata una vittoria come miglior attrice emergente in una serie comica. Il contraltare di Joy è Catalina (Nadine Velazquez), ragazza messicana arrivata clandestinamente negli Stati Uniti, che lavora come cameriera nel motel dove vivono Earl e il fratello. Nadine interpreta Catalina tra dolcezza e ira: odia Joy e spesso la aggredisce verbalmente con incomprensibili insulti in spagnolo. In realtà sono spesso frasi rivolte al pubblico, che violano la quarta parete. Non è un caso che, oltre che alla Pressly, un altro Emmy sia andato alla direttrice del casting. E altri due a scrittura e regia del primo episodio, La lista di Earl.
Dov'è Camden County?
Tutto questo fa di My Name Is Earl una serie unica. Personaggi disegnati benissimo, e un tono costantemente sopra le righe, ma mai così eccessivo da risultare irreale e fare uscire dalla storia. Al centro c'è un messaggio tutto sommato edificante, che insegna a non far male al prossimo. Ma il percorso per arrivare a questa consapevolezza passa per il suo opposto per una serie di azioni sempre al limite della legalità, della morale, del buon senso. In questo senso My Name Is Earl è una serie che va oltre il politically correct, per arrivare a un messaggio di correttezza. L'ironia, l'iperbole, il grottesco sono la chiave per un racconto in cui ogni puntata si muove come una valanga. La palla di neve di partenza, un nome sulla lista, rotolando dà il via a una serie di altri avvenimenti, fino a che la valanga si ferma un attimo prima del disastro. Si ride tanto, ma il bello è il venire sorpresi a ogni svolta narrativa. Nessuno sa dove si trovi Camden County, l'immaginaria cittadina dove vive Earl. Si è detto che fosse nel Maryland, o nel New Jersey. Nella realtà si è girato a Lake Balboa, una città della San Fernando Valley, nella California del sud.
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Ma Earl ha portato a compimento la sua lista?
Dopo quattro stagioni, il 19 maggio 2009 la NBC ha cancellato la serie. Greg Garcia non se lo aspettava proprio, ed è per questo che la storia non ha avuto una sua conclusione. Ma nella sua nuova serie, Aiutami Hope!, Garcia ha tirato di nuovo in ballo la storia di Earl Hickey, come se le due serie vivessero in un universo narrativo condiviso. Un giornalista televisivo parla di un uomo che è riuscito a rimediare a una lista di torti e dice che "nessuno potrebbe mai credere a come è andata a finire". A quel punto la tv viene spenta. Ma, attraverso quel giornalista, abbiamo capito che Earl è riuscito a completare la sua lista. Ma, in cuor nostro, non abbiamo mai dubitato che il nostro eroe ce l'avrebbe fatta. Già, strana cosa il Karma.