Quando abbiamo scritto la nostra recensione di My Demon mancavano ancora diversi episodi alla conclusione di uno dei K-Drama più popolari dell'ultimo periodo. La serie, distribuita in Italia da Netflix, era ferma all'ottavo episodio, ovvero a metà del suo percorso prestabilito. Di lì a poco, vi sarebbe stata la pausa natalizia, e solo a gennaio Do Do Hee e Jeong Gu Won sarebbero tornati sui nostri schermi. Ma ora che tutti e 16 gli episodi sono stati trasmessi, è arrivato il momento di trarre le somme: come se l'è cavata lo show con Kim Yoo Jung e Song Kang? Vale davvero l'hype che vi si è creato intorno? Cerchiamo di capirlo in questa recensione del finale di My Demon.
My Demon: partenza sprint, ma l'arrivo?
Ricapitoliamo un po' la storia: pur non essendo figlia biologica della CEO, Do Do Hee (Kim Yoo Jung) è tra gli eredi del gruppo Mirae, grande azienda di proprietà di Joo Cheon Sook (Kim Hai Sook). Alla morte di quest'ultima, avvenuta in circostanze sospette, la situazione già critica tra i vari membri della famiglia si inasprisce ancor di più, portando a una lotta alla successione senza esclusione di colpi. Do Hee, la cui incolumità era già stata messa a repentaglio in precedenza, così come la legittimità della sua posizione all'interno dell'azienda, si vede costretta a far affidamento su Jeong Gu Won (Song Kang), ricco imprenditore che aveva incontrato "per errore" in occasione di un appuntamento al buio, e la cui vera identità è quella di un demone che, in cambio del loro più grande desiderio, dopo 10 anni raccoglie l'anima degli umani che lo invocano. In un intreccio di vite e destini, Do Hee e Jung Won dovranno affrontare numerosi ostacoli per cercare di rendere abitabile l'inferno in cui si sono ritrovati e trasformarlo in paradiso (o almeno, qualcosa che possa andarci vicino). Ma se per scoprire cosa accadrà vi rimandiamo, ovviamente, alla visione della serie, per capire come questo qualcosa è stato realizzato, vi invitiamo invece a proseguire nella lettura.
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Il finale: troppe ripetizioni?
Nella recensione preliminare di My Demon avevamo lodato la capacità di coerenza e distribuzione narrativa della sceneggiatura almeno fino a quel dato momento, inserendo la gestione delle tempistiche tra gli aspetti positivi dello show. La propensione generale dei K-Drama, dopotutto, è quella di prendersi tutto il tempo necessario per raccontare la storia e mostrare il più possibile il percorso di crescita dei personaggi e delle loro relazioni. Per questo è più facile trovarsi dinnanzi a episodi della durata di un'ora o più, o con un numero di episodi superiori agli 8-10 a cui ci stanno abituando da un po' di anni a questa parte le produzioni delle piattaforme streaming, specialmente quelle di matrice occidentale (prendiamo, ad esempio, la differenza quantitativa nel numero di episodi per stagione tra le serie network come ABC, NBC o The CW e quelle made in Netflix, Amazon o Disney+). Sono scelte creative e strutturali che hanno le loro motivazioni come le loro necessità, che a volte si rivelano vincenti, e a volte meno.
Per quanto riguarda la "seconda parte" di My Demon, la sensazione è che si è forse abusato un tantino del tempo a disposizione, portando la serie a non avere la medesima efficacia sotto questo punto di vista. Sembrerebbe infatti esserci un'eccessiva diluizione dei conflitti, nonché una sovrabbondanza di angst che, arrivati a questo punto, non è più del tutto giustificato. Non che non debba essere presente, sia chiaro: naturalmente deve esserci un climax che porterà poi alla risoluzione finale, e per tanto va costruito gradualmente, specialmente tenendo conto del fatto che rimangono questioni ancora irrisolte delle quali venire a capo; eppure gli ultimi episodi di My Demon risentono di una narrazione pletorica, che avrebbe probabilmente potuto raggiungere l'agognata meta con uno o due episodi e qualche ripetizione in meno.
Coerenza di fondo
Come detto in precedenza, non era tanto in discussione la qualità della produzione, su cui potevamo già deliberare dai primi 8 episodi, né l'attrattiva che la commistione tra fantasy e romance potesse offrire, specialmente in questa declinazione. Ciò che restava da valutare, infatti, era la coerenza nel portare avanti il tutto, e non c'è dubbio che My Demon si sia dimostrato per lo più coerente a sé stesso. Dall'interpretazione del cast alla crescita dei personaggi, dall'utilizzo ficcante di musiche e costumi alla continuità nel proporre determinate scelte stilistiche (ad esempio nella scelta del comic relief), My Demon ha mantenuto le promesse implicite con cui ci aveva lasciato prima delle feste, pur concedendosi qualche lusso di troppo (per dirne una, il product placement nello show arriva ad essere anch'esso alquanto eccessivo, e da elemento che inizialmente suscitava simpatia è divenuto quasi un prevedibile incomodo).
Probabilmente, l'aspetto più memorabile di My Demon rimarrà il rapporto tra Do Hee e Gu Won, come la chimica tra Kim Yoo Jung Song Kang, che molto ha contribuito nella sua costruzione. Se c'è una cosa che gli spettatori ricordano a prescindere dal resto, alla fine, sono le relazioni tra i protagonisti di un'opera, romantiche o meno che possano essere. E specialmente nel caso in cui la storia d'amore rappresenta il fulcro della narrazione, è e deve essere questa la preoccupazione maggiore del fruitore: se mancano le fondamenta, come si può costruire un castello? Per fortuna, a My Demon le basi non mancano; anche se si potrebbe migliorare qualche altro elemento.
Conclusioni
In questa recensione finale di My Demon non smentiamo quanto detto già in precedenza, seppur con qualche annotazione a piè di pagina: il K-Drama con protagonisti Kim Yoo Jung e Song Kang resta una visione consigliata ai fan del genere fantasy e romance, e a chi non importa di passare forse qualche ora in più del dovuto davanti allo schermo per vedere la conclusione di una storia d'amore che attraversa spazio e tempo. Se cercate qualcosa di impeccabile, imprevedibile o mai visto prima, però, potrebbe non essere ciò che fa per voi.
Perché ci piace
- Storia e sviluppo avvincenti.
- Ottime scelte di casting.
- Musiche e Costumi degni di nota.
- Centralità dei rapporti tra personaggi.
Cosa non va
- Non c'è da aspettarsi una rivoluzione del genere.
- Con il progredire della serie si perde un po' l'efficacia nella gestione delle tempistiche.