Motel Destino, la recensione: il film sudato e ansimante di Karim Aïnouz è un bluff tropicale

La recensione di Motel Destino: torbido e saturo, umido e onirico, quello di Karim Aïnouz vorrebbe essere un thriller al neon che, però, non ha la giusta capacità narrativa. In concorso a Cannes 77.

Iago Xavier nella scena iniziale di Motel Destino

Motel Destino di Karim Aïnouz è un film dai colori giusti (e infatti la fotografia gioca con quelli primari), contestualizzati, però, in uno script che sembra quasi un bluff. In questo senso, il film, presentato a Cannes 2024, prosegue la sperimentazione del regista brasiliano, che alterna architetture e opere diverse. Basti pensare che nel 2023, sempre a Cannes, aveva portato Firebrand, un dramma in costume con Alicia Vikander. Sicuramente più interessante, invece, La vita invisibile di Eurídice Gusmão, del 2019, che sulla Croisette era passato, vincendo, nella sezione Un Certain Regard.

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Motel Destino, dal Brasile un noir torbido e umido

L'occhio di Aïnouz, in questo caso, restringe di molto il campo, optando per un contesto chiuso, animato (si fa per dire), da una serie di situazioni sordide e speculari, accaldate e sconnesse, nella ricerca di una patina sporca, senza un vero contatto con la storia messa in circolo. Dalle sfumature tinte di eros (sgraziato, quasi evanescente), mentre la disgrazia incombe, Motel Destino viene presentato con la tagline di "noir tropicale". Ci sentiamo di condividere l'aggettivazione, ma ahinoi il buon presupposto, che stuzzicherebbe l'attenzione, si infrange alla prima curva, smorzando la buon atmosfera che avvolge il film.

Motel Destino, un noir tropicale (colorato ma poco incisivo)

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Iago Xavier e Fabio Assunção

Del resto, gli elementi del noir (atipico) ci sono un po' tutti. Un crimine, una fuga, un nascondiglio, una criminalità violenta, speculare alla narrativa, che ci porta in un sex hotel di Ceará, costa nordorientale del Brasile. Il protagonista è Heraldo (Iago Xavier) sprovveduto ragazzotto senza arte né parte che, dopo la morte violenta di suo fratello (in parte per causa sua), si ritrova più o meno costretto a lavorare per il torbido motel (nascondendosi da uno strozzino locale), frequentato da scambisti e amanti occasionali. Qui, inizierà una relazione clandestina con Dayana (Nataly Rocha), moglie del proprietario del sex hotel, Elias (Fabio Assunção), dai modi, diremmo, ambigui ben poco garbati.

Gemiti e visioni animalesche

Particolarità e peculiarità di Motel Destino è la scenografia, qualche modo centrale nell'umore del film, che trasmette la lussuria e l'ossessione, ma anche il degrado e la turba di un personaggio immerso in un voyeuristico viaggio che, però, non inizia mai né finisce del tutto. Insomma, la sensazione c'è, appoggiata e suggerita, senza però avere la capacità di trasformare il suggerimento in sostanza narrativa. A tratti onirico, quasi magico nelle visioni animalesche di Heraldo (un mulo, una capra), spione di quelle coppie che consumano senza piacere, il film di Karim Aïnouz punta più all'estetica al neon che tanto funziona in una certa ottica.

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Il triangolo di Motel Destino

I colori saturi abbagliano, facendo esaltare l'umidità e l'appiccicaticcio di un contesto che vive di vita propria (affascinante, ma non basta). Anche per questo, per quasi tutta la durata, sentiamo i gemiti delle coppie (spesso anche allargate ad un tris) ospitate del hotel. Una sorta di accompagnamento musicale, e carnale, che traduce il senso di un film che annuncia fin da subito il suo scopo, ribaltando un percorso che prosegue senza strattoni, senza punteggiatura e senza quel pathos che avremmo voluto ritrovare, anche in base alle accecanti e perturbanti tonalità volute dal regista.

Conclusioni

Motel Destino, discutibilmente presentato in Concorso a Cannes 2023, non riesce a garantire una giusta narrazione a dispetto dell'estetica al neon messa in scena dal regista, Karim Ainouz. La scenografia fa il suo, così come la torbida atmosfera, ma il resto del film senza appeso ad un filo che, inevitabilmente, si spezza.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • I colori scelti dal regista.
  • La scenografia.

Cosa non va

  • Lo spunto interessante si perde.
  • Non c'è continuità narrativa rispetto all'estetica.
  • Lo script è gracile.