E' di oggi un chiacchieratissimo articolo del vaticanista Salvatore Izzo su L'Avvenire in cui si attacca violentemente Habemus Papam di Nanni Moretti, rimbrottando i critici cattolici che hanno accolto in maniera benevola la pellicola e invitando i lettori del quotidiano a non andare a vederlo a cinema per impedire alla produzione di rifarsi del budget utilizzato per l'allestimento del sontuoso setting della Cappella Sistina: "Perchè dobbiamo finanziare chi offende la nostra religione?".
Considerando il tema del film e la nomea del suo autore, stupisce casomai che tante personalità del mondo cattolico abbiano apprezzato il film, e non sorprende invece l'astio di Izzo, che da un certo punto di vista non danneggia nemmeno Habemus Papam - dopotutto, "l'importante è che se ne parli" - verso una pellicola che certamente non porta in trionfo la Chiesa di Roma. Quello che sorprende è invece l'atteggiamento degli addetti ai lavori che ha circondato quest'attesissima release: si è molto malignato sulla volontà del regista romano di negarsi ai giornalisti in conferenza stampa (conferenza in realtà convocata in extremis), e abbiamo avuto la sensazione che i colleghi stessero aspettando al varco un passo falso del Nanni nazionale, autore e uomo spesso umanamente ma anche ideologicamente "antipatico".
Una voce che risuonerà, tra meno di un mese, sulla Croisette, dove Moretti, già vincitore a Cannes di un premio per la regia con Caro diario e di una Palma d'oro con La stanza del figlio, sembra avere tutti i numeri per andare ancora molto lontano: il film è una co-produzione italo-francese, con un protagonista transalpino; non conosciamo ancora i nomi dei giurati, ma il presidente della giuria, un certo Robert De Niro, è italo-americano, e - vogliamo sperare - ben disposto. Ma al di là di questi fattori esterni, sono lo stesso spirito cosmopolita e universale del film, il suo mutevole, umanissimo e originale registro agrodolce, accanto all'indubbio valore, a farne un eccellente candidato per la Palma. E non dimentichiamo che Moretti avrà accanto un altro nostro portacolori di immenso talento, Paolo Sorrentino, in gara con This Must Be The Place, altra punta di diamante della selezione rivierasca. In barba a chi grida con cadenza regolare al presunto "atteggiamento antiitaliano" dei selezionatori francesi, come quando, nella memorabile edizione del Sessantennale, nessun film italiano comparve in concorso. Quest'anno abbiamo due autentici protagonisti, come fu nel 2008, quando in concorso c'erano lo stesso Sorrentino con Il divo e Matteo Garrone con Gomorra. A riprova del fatto che lo "snobismo" dei selezionatori di Cannes - che comunque hanno incluso anche Vincere di Bellocchio due anni fa e La nostra vita di Luchetti nel 2010 - è solo apprezzabile ricerca di film di peso: quando la qualità c'è, non hanno problemi a riconoscerlo.
Insieme ai brillanti risultati al botteghino di tante commedie nostrane dei mesi scorsi, ci sembra un segnale incoraggiante anche questo che arriva dal festival più importante del mondo, che restituisce al cinema italiano un posto da protagonista che speriamo riesca a conservare.