Monsters, la seconda parte del nostro speciale: il futuro dei fratelli Menendez

Nel secondo appuntamento dello speciale, continuiamo ad esplorare la storia vera dietro la serie Netflix ideata da Ryan Murphy. E ci soffermiamo sulla legittima difesa imperfetta...

Nicholas Chavez, Cooper Koch e Javier Bardem in Monsters

Dopo aver approfondito alcuni dei punti focali che hanno condotto alla condanna dei fratelli Menendez, in questa seconda parte dello speciale dedicato a Monsters: la storia di Lyle ed Erik Menendez (qui trovate la prima parte dello speciale), affronteremo invece il futuro di Lyle ed Erik (Nicholas Chavez e Cooper Koch nello show) che potrebbe essere tutt'altro che segnato, grazie alla rinnovata linea di difesa presentata dai loro nuovi avvocati, che hanno preso in carico il caso dopo che una Corte ha dichiarato i fratelli ufficialmente indigenti.

Monsters La Storia Di Lyle Ed Erik Menendez Immagine Serie Netflix
Nicholas Chavez e Cooper Koch in Monsters

Tra l'altro, successivamente al'uscita della serie di Netflix, Erik ha aspramente e pubblicamente criticato lo show, asserendo come la sceneggiatura non fosse interessata a raccontare la verità. Lo stesso Ryan Murphy ha risposto spiegando come il loro unico obiettivo fosse quello di presentare diversi punti di vista di una storia che per così tanti anni ha catturato e continua tutt'oggi a catturare l'interesse del pubblico e che è tutt'altro che conclusa.

Un nuovo processo per i fratelli Menendez?

Quando la polizia, dopo la soffiata di Judalon Smyth, mise le mani sui famigerati nastri del Dottor Jerome Oziel, arrestò Lyle Menendez l'8 marzo del 1990, mentre il fratello Erik, che era all'estero per un torneo di tennis, si consegnò volontariamente alle forze dell'ordine qualche giorno dopo. Entrambi confessarono gli omicidi, affermando tuttavia di aver agito per legittima difesa.

Mentre Lyle testimoniò di aver subito violenze per mano del padre dai 6 agli 8 anni di età, Erik raccontò che gli abusi di Jose non erano mai finiti e che ne era ancora vittima all'età di 18 anni, una verità che era riuscito a confidare al fratello solo pochi giorni prima dei delitti e che non aveva mai avuto il coraggio di rivelare prima, perché il padre lo aveva sempre minacciato di morte. Secondo la testimonianza di entrambi i fratelli, il giorno dell'omicidio, la famiglia avrebbe avuto una lite e Lyle ed Erik avrebbero ucciso i genitori convinti che Jose e Kitty gli avrebbero eliminati per evitare che i segreti della famiglia fossero pubblicamente esposti, rovinandoli per sempre.

Monsters La Storia Di Lyle Ed Erik Menendez Scena
Foto di famiglia...

Negli anni successivi alla condanna Lyle ed Erik Menendez hanno fatto diversi tentativi infruttuosi di appellarsi per ribaltare il giudizio, a volte cavalcando anche l'onda di un riacceso interesse sul caso da parte dell'opinione pubblica in occasione della distribuzione di uno dei molti documentari che hanno raccontato il caso giudiziario. Sempre nel 2023, poi, la zia di Lyle ed Erik, la sorella di Jose, dichiarò di aver ritrovato una lettera, dopo la scomparsa del figlio, morto suicida all'età di trent'anni, scritta da Erik ad Andy nel dicembre del 1988, che è stata allegata come prova alla petizione di habeas corpus presentata nel maggio dello scorso anno, in cui si chiede la revisione del processo.

In un estratto della lettera si legge:

"Ho cercato di evitare papà. Sta succedendo ancora, Andy, ma ora per me è peggio... Ogni notte resto sveglio pensando che potrebbe entrare in camera... Ho paura... È pazzo. Mi ha minacciato un centinaio di volte di non dirlo a nessuno, soprattutto a Lyle".

In passato Andy Cano (così come altri cugini), avevano testimoniato nel primo processo, mentre erano stati esclusi dal secondo procedimento durante il quale fu invece negata l'esistenza di qualsiasi abuso ai danni degli imputati. Secondo Cliff Gardner, uno degli avvocati dei Menendez, la lettera non sarebbe l'unica recente prova a supporto degli abusi subiti dai figli ad opera di Jose, ma a rivestire grande importanza sarebbero le dichiarazioni di Roy Rossello, ex membro della boy band dei Menudo, che avrebbe incontrato Jose Menendez sul suo cammino dopo la firma di un contratto con la RCA, di cui Jose era un dirigente. Rossello ha depositato una dichiarazione giurata, allegata all'habeas corpus, in cui ha raccontato che, dopo essere stato invitato a casa di Menendez nei primi anni Ottanta, quando aveva tra i 14 ed i 15 anni, quest'ultimo avrebbe abusato di lui, continuando poi a farlo in altre due occasioni successive.

Monsters: il nostro speciale in più parti che analizza il procedimento penale contro i fratelli Menendez

Legittima difesa imperfetta?

Monsters La Storia Di Lyle Ed Erik Menendez Serie
Chloë Sevigny e Javier Bardem in una scena della serie

Adesso, nonostante con la recente presentazione della petizione di habeas corpus, per la quale il Giudice non si è ancora espresso, sia stato chiesto l'annullamento della sentenza, uno dei punti cardine del processo, che ha portato alla condanna di Lyle ed Erik, potrebbe non essere del tutto superato dalle nuove prove presentate. Anche se gli abusi sessuali venissero infatti confermati, il fatto che i fratelli Menendez abbiano guidato fino a San Diego per procurarsi le armi del delitto, si siano recati il giorno dopo in un poligono di tiro per provare i fucili ed abbiano ucciso i genitori la sera successiva, proverebbe un certo grado di premeditazione, come asserito anche dalla pubblica accusa in occasione del secondo processo: "Anche se doveste credere all'abuso sessuale, ciò non significa che gli imputati non siano colpevoli di omicidio, perché sono due cose separate".

"La sparatoria non è stata un omicidio premeditato, ma colposo, commesso in base ad una sincera, seppur irragionevole convinzione della necessità di autodifesa dopo una vita di abusi sessuali e fisici", si legge invece nella mozione con cui gli avvocati dei Menendez sperano oggi di poter ottenere un nuovo processo puntando sulla legittima difesa imperfetta, una dottrina legale secondo cui un imputato può ottenere un'attenuante ad un crimine sostenendo la convinzione onesta, ma irragionevole, che le azioni criminose compiute fossero necessarie per contrastare un attacco. Una linea di difesa secondo cui, sebbene non tutti gli elementi dell'autodifesa vengano provati, le circostanze attenuanti scusano comunque in parte l'atto criminoso.