Vincent Monnikendam è un giornalista che vanta una nutrita serie di lavori, soprattutto in campo documentaristico. Olandese di origine, si è subito scusato per essere a digiuno di italiano e ha raccontato la sua esperienza in inglese. Spontanea la prima domanda rivoltagli, sul perchè abbia deciso di girare un documentario su Napoli, presentato nella sezione Schermo Napoli.
Vincent Monnikendam: L'idea viene da una scrittrice italiana, Luana Cucci, e risale a quattro anni fa. Io e lei non ci conoscevamo, ma lei ha visto il mio ultimo documentario e mi ha contattato perchè l'ha apprezzato molto. E' stata una coincidenza, un giro di persone che ci ha permesso di entrare in contatto.
Non ero mai stato a Napoli, quindi sono venuto per una decina di giorni per avere un'idea più ampia della città. Dopo questa prima visita, ho capito che l'idea originale era più ristretta di quello che la città poteva offrire. Ma vorrei che il mio assistente, Marco Fumaroli, vi spiegasse qualcosa in più in italiano.
Marco Fumaroli: Lavorando a questo progetto, ho avuto la fortuna di vedere la città in cui vivo con gli occhi di chi non la conosceva.
C'è stato un periodo di ricerca che ci ha portati a raccogliere materiale e informazioni su Napoli. Parlando con la gente, abbiamo trovato attori naturali, abbiamo vissuto con molte persone nei loro bassi, facendoci raccontare le loro storie più volte, per renderli più spontanei. Siamo riusciti a fare visite rare, che normalmente non sono accessibili al pubblico, abbiamo girato molto.
Al contrario di altre città, Napoli non è una città definibile, abbiamo cercato di dare un'idea di quante Napoli ci siano. Ognuno di noi vive una Napoli diversa: è diversa la Napoli della Sanità, da quella della nobiltà napoletana. Abbiamo fatto molte interviste per vedere queste diverse realtà.
Signor Monnikendam, che idea si è fatto di Napoli durante questa esperienza?
Vincent Monnikendam: Si tratta di una domanda facile, ma che ha una difficile risposta. Napoli è completamente diversa dalle altre grandi città. L'editore de Il Mattino, Pietro Gargano, che è nel film, è rimasto in silenzio quando gli ho chiesto quale sia l'anima di Napoli.
Potete capire che per me, da straniero, è stato difficile lavorare a un documentario su Napoli, anche perchè non è mai stato fatto un documentario sulla città in questa ottica, ce ne sono molti turistici, o storici, ma niente con la nostra impostazione.
Quello che ho visto su Napoli non mi permette di rispondere alla domanda. Se devo rispondere su Parigi, posso dire "Amo Parigi", ma non posso dirlo di Napoli. Dire "Amo Napoli" è un clichè, ma dietro c'è qualcosa di più forte, che va ben oltre questa espressione. Anche ora che il documentario è finito, non posso dire di conoscere Napoli, posso dire che sto iniziando a conoscerla.
Esistono moltissimi strati che collegano tutte le classi sociali, gli abitanti vivono molto vicini gli uni agli altri. In ogni momento, si coglie la sua storia, si percepiscono le sue influenze subite nel corso dei secoli, e che risultano nella sua storia e nella sua lingua.
Per un turista è impossibile cogliere lo spirito di questa città.
Sono contento che il film sia stato proiettato a New York e Rotterdam e che la gente abbia potuto vedere una Napoli diversa dalla solita immagine che ne danno nei film.