Dev Patel ha messo tutto se stesso in Monkey Man, suo esordio come regista, di cui è anche il protagonista. Nelle sale italiane dal 4 aprile, è stato un progetto difficile, ostacolato da mille contrattempi e incidenti (dal Covid alla frattura della mano dello stesso Patel). Forse è per questo che tutta la fatica e il sudore di Kid, che progetta per anni la sua vendetta, è come se diventassero tangibili.
Ambientato in India, Monkey Man unisce la cultura indiana a quella di Hollywood, le due realtà in cui è cresciuto l'attore e regista, creando una miscela esplosiva ed estremamente vitale. C'è tanto cuore in questo esordio, tanto entusiasmo e passione. E ovviamente amore per il genere action.
Kid combatte sul ring in incontri truccati con una maschera di scimmia: è un omaggio a Hanuman, figura del Ramayana metà uomo e metà scimmia, legato alla divinità Shiva, di cui la madre gli raccontava da bambino. Uccisa da un gruppo di corrotti che lavorano per una compagnia edilizia, per tutta la vita Kid cerca di vendicarla. Abbiamo parlato di questo esordio da non perdere proprio con Patel, che nella nostra intervista ci spiega come vorrebbe che questo diventasse l'inno degli underdog.
Monkey Man: intervista a Dev Patel
In Monkey Man Patel utilizza immagini sporche, sfuocate e tanti riflessi: acqua, specchi, vetro, tutto frammenta l'immagine del protagonista. È stata una scelta dovuta alle difficoltà economiche a cui è andata incontro la produzione o è proprio un modo per restituire allo spettatore la complessità di questo personaggio?
Monkey Man, recensione: l'esordio al sangue di Dev Patel
"In parte è per sottolineare la psicologia di qualcuno che sta cercando di nascondere la sua identità. Il voyeurismo è una parte importante del film. Ma mi piace rendere tutto più sfumato e trovare una texture, sia davanti che dietro la telecamera. C'è qualcosa di un'inquadratura pulita che non mi convince: forse è legato al modo in cui vedo il mondo. Niente è mai pulito: c'è sempre qualcosa che rende tutto opaco. Per me è più interessante vedere attraverso gli strati, osservare le cose da una crepa, o vedere un piccolo dettaglio riflesso in un pezzo di vetro".
Monkey Man: la scena del training montage
Tutti i grandi film action hanno una grande scena di allenamento, o training montage: qui ce n'è una davvero bella perché il protagonista trova il ritmo del combattimento grazie alla musica. Quanto è stato importante trovare il proprio ritmo? Patel: "Quella è una delle prime scene del film a cui ho pensato. Ogni grande film action ha una grande scena di allenamento. Sono cresciuto in una casa in cui mia madre ascoltava di tutto: dalla musica indiana a Boney M. L'action per me è un genere fatto di percussioni: la musica nel film è fondamentale. Crea contrasti e sottolinea certi momenti. Zakir Hussain è stato in tour con Ravi Shankar e i Beatles: è lui che suona i tamburi, senza parlare, insegnandomi ad accordare il mio strumento con il suo. Così trova la sua quiete e una musica per la sua violenza".
Monkey Man: "bisogna distruggere per crescere"
Il mentore di Kid gli dice che "deve distruggere per crescere". Quanto è cresciuto Patel visto che sul set di Monkey Man ha distrutto tutto? "Ho preso quella frase dalla cultura aborigena australiana. Appiccano degli incendi controllati: lo fanno in modo che possa crescere della nuova vita. Il suolo si arricchisce grazie al carbone. Mi piace il concetto che da essere umano, che si tratti di andare in palestra e distruggere le tue fibre muscolari per diventare più grosso, o di lavorare su te stesso facendo terapia, parlando di esperienze difficili, devi sempre demolire te stesso per migliorare. Mi piace questa idea".
Il film ha una filosofia interessante: maschile, femminile, costruzione, distruzione tutti combinati insieme. Sembra Monkey Man voglia davvero cercare di rappresentare tutti. È così? "Sì, volevo che ci rappresentasse tutti. C'è un po' di ognuno. Penso che tutti si sentano gli svantaggiati della loro storia e per me questo è l'inno dei meno fortunati. Sì: questo è il film action degli svantaggiati".
Il mito di Hanuman
Il mito di Hanuman mostra il potere delle storie: il protagonista trova il proprio scopo nella vita proprio grazie a quella storia che la madre gli raccontava da bambino. Quanto sono importanti le storie per Dev Patel? "Le storie sono tutto. Sono stato un bambino pieno di immaginazione, per cui era difficile concentrasi e le storie, le immagini, i simboli, che possono stimolare l'immaginazione, sono state molto più efficaci di essere forzato a imparare qualcosa che è considerato importante. Dire al giovane Dev "questo è importante e questo no" probabilmente non avrebbe avuto effetto, ma grazie a mio nonno, che mi ha raccontato la mitologia, che spiega i concetti di bene e male, cosa è giusto e sbagliato, ho trovato un modo fantastico per imparare".