Vede, l'attore non dev'essere particolarmente colto e nemmeno particolarmente intelligente; dev'essere - forse - anche un po' idiota. Sì, sì, se fosse anzi completamente idiota sarebbe un grandissimo attore.
Da un lato un'ironia giocosa, graffiante, da irresistibile istrione qual era; dall'altro un sommesso senso di malinconia, abilmente celato dietro una facciata di sicurezza ma che trapelava comunque attraverso i suoi personaggi. Il talento comico e una sotterranea vena di inquietudine: sono i due ingredienti che hanno reso Vittorio Gassman la maschera perfetta della commedia all'italiana. Del resto l'ironia, impiegata come declinazione salvifica dei drammi dell'esistenza, è stato l'elemento-chiave del cinema di registi quali Mario Monicelli, Dino Risi ed Ettore Scola, che non a caso in Gassman hanno trovato uno dei loro attori favoriti.
Nato a Genova l'1 settembre 1922, da padre tedesco (da cui il cognome Gassmann, in seguito privato di una N) e madre pisana, ma formatosi a Roma, dove frequentò l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica, Vittorio Gassman sarebbe diventato, insieme all'amico e collega Alberto Sordi, il volto-simbolo del filone della commedia all'italiana. E la sua filmografia, costituita da un totale di centoventi pellicole in oltre mezzo secolo di attività (incluse quattro prove da regista), offre non a caso un formidabile saggio della stagione più gloriosa e florida del nostro cinema: il ventennale della scomparsa dell'attore ci offre dunque l'occasione di rivisitare alcuni tra i migliori film di Vittorio Gassman.
Un "Mattatore" fra teatro, cinema e TV
Dal debutto sullo schermo nel 1945, un paio d'anni dopo gli esordi in palcoscenico, alla consacrazione negli anni Cinquanta, quando si afferma come il più popolare interprete shakespeariano in Italia, passando per Riso amaro di Giuseppe De Santis, che nel 1949 lo consegna per la prima volta all'immaginario cinematografico con un personaggio ambiguo e opportunista, e per il kolossal Guerra e pace di King Vidor, che nel 1956 lo vede dividere la scena con Audrey Hepburn, Vittorio Gassman ha saputo unire un carisma innato a un talento malleabile e versatile. Da lì a breve sarebbe stato soprannominato il Mattatore, dal titolo di un fortunato varietà televisivo del 1959 e dell'omonimo film di Dino Risi del 1960, ma è negli anni a venire che Gassman avrebbe dato vita ai suoi ruoli più iconici.
Vale la pena ricordare, fra l'altro, che non di rado le sue doti sarebbero state messe a frutto anche nel cinema internazionale: oltre a Guerra e pace di Vidor, Vittorio Gassman è stato diretto da registi quali Robert Z. Leonard, Irving Rapper, Richard Fleischer e soprattutto Robert Altman, che nel 1978 lo ha voluto nel cast corale di Un matrimonio e un anno dopo nell'anomalo thriller di fantascienza Quintet. Da lì a breve sarebbe stata la volta di autori quali Paul Mazursky e Alain Resnais, mentre nel 1996 Gassman ha lasciato il segno nel ruolo del gangster King Benny in Sleepers di Barry Levinson; e quello stesso anno, il Festival di Venezia gli avrebbe tributato il prestigioso Leone d'Oro alla carriera. Una carriera che vogliamo ripercorrere in ordine cronologico attraverso sette grandi titoli della sua sterminata filmografia.
1. La grande guerra (1959)
Un anno dopo un classico quale I soliti ignoti, Mario Monicelli realizza la sua seconda collaborazione con Vittorio Gassman in quello che è forse il vertice assoluto nella produzione del regista romano. Ne La grande guerra, Leone d'Oro al Festival di Venezia 1959, Gassman forma una straordinaria accoppiata al fianco di Alberto Sordi nei panni di due uomini arruolati loro malgrado nell'esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale, e costretti a far fronte alla durezza della vita in trincea e ai pericoli del conflitto. Contraddistinto dalla perfetta fusione fra quello spirito ironico tipicamente monicelliano e un senso di dramma che deriva direttamente dal neorealismo, La grande guerra costituisce uno dei titoli fondamentali del cinema italiano di ogni epoca.
I migliori film di Alberto Sordi
2. Il sorpasso (1962)
Oltre a Mario Monicelli, il regista che meglio ha saputo mettere a frutto le capacità di Vittorio Gassman è stato senz'altro Dino Risi, che nel 1962 gli ha affidato un ruolo indelebile (concepito, fra l'altro, per Alberto Sordi) nel capolavoro Il sorpasso: quello di Bruno Cortona, edonista e superficiale, che in un'assolata giornata di Ferragosto incrocia il proprio destino con quello di Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant), giovane studente timido e posato. Scritto da Risi insieme a Ettore Scola e Ruggero Maccari, Il sorpasso presenta uno sguardo scanzonato, ma pure disincantato sull'Italia del Boom economico, di cui il Bruno di Gassman, che sfreccia a bordo della sua Lancia Aurelia punzecchiando il riservatissimo Trintignant, finisce per incarnare il fascino, la leggerezza e la vacuità.
3. L'armata Brancaleone (1966)
L'istrionismo di Vittorio Gassman e la sua verve comica trovano un veicolo perfetto nel 1966 in uno dei maggiori successi nella carriera dell'attore e di Mario Monicelli: L'armata Brancaleone, esilarante parodia degli antichi racconti d'avventura. E Gassman è un mattatore impagabile nei panni di Brancaleone da Norcia, nobile decaduto alla guida di un gruppo di spiantati compagni di viaggio coinvolti in un'improbabile spedizione attraverso l'Italia dell'undicesimo secolo. Corredato da strepitose invenzioni linguistiche che mescolano latino maccheronico e voci dialettali, L'armata Brancaleone entra da subito nell'immaginario collettivo, tanto da portare nel 1970 alla realizzazione di un sequel, Brancaleone alle crociate.
4. In nome del popolo italiano (1971)
Tra i film più acuti e corrosivi di Dino Risi si annovera In nome del popolo italiano, firmato nel 1971 dalla magnifica penna di Age & Scarpelli: una commedia che dipinge con sopraffino humor nero la società italiana dell'epoca e i rapporti di potere legati al sistema di classi. Vittorio Gassman presta il volto al cinico imprenditore Lorenzo Santenocito, indiziato di omicidio e disposto a qualunque compromesso pur di evitare guai con la giustizia (e un potenziale scandalo), mentre Ugo Tognazzi è Mariano Bonifazi, il solerte magistrato incaricato delle indagini e pronto a tutto pur di inchiodare l'odiato Santenocito.
5. Profumo di donna (1974)
Dal registro della commedia a quello del dramma, sempre per la regia di Dino Risi, nel 1974 Vittorio Gassman regala una delle sue interpretazioni più apprezzate di sempre in Profumo di donna, trasposizione del romanzo Il buio e il miele di Giovanni Arpino, che gli vale il premio come miglior attore al Festival di Cannes. Il film è costruito interamente attorno alla figura di Fausto Consolo, capitano in pensione in seguito a un incidente che gli ha fatto perdere la vista, il quale parte per Napoli in compagnia di un giovanissimo soldato, Giovanni Bertazzi (Alessandro Momo), e nel corso del viaggio si troverà ad affrontare i propri demoni interiori. Alla grande notorietà di Profumo di donna contribuirà anche l'omonimo remake americano del 1992, diretto da Martin Brest e con Al Pacino nel ruolo principale.
Al Pacino: da Il Padrino a The Irishman, i suoi migliori ruoli al cinema
6. C'eravamo tanto amati (1974)
Nello stesso anno di Profumo di donna, Vittorio Gassman è il protagonista di un altro classico del cinema italiano, ancora più celebre e ricordato: C'eravamo tanto amati, il capolavoro di Ettore Scola. Uno straordinario affresco storico e generazionale sospeso fra umorismo, nostalgia e disillusione, in cui si intrecciano le esistenze di quattro personaggi dalla Seconda Guerra Mondiale fino al presente e agli anni della maturità. Gassman, comprimario accanto a Nino Manfredi, Stefania Sandrelli e Stefano Satta Flores, recita nella parte di Gianni Perego, ex partigiano che intraprende la carriera d'avvocato, ma tradirà i propri ideali di gioventù entrando in affari con suo suocero, il palazzinaro corrotto Romolo Catenacci (Aldo Fabrizi). Ideale punto d'arrivo della tradizione della commedia all'italiana, C'eravamo tanto amati rimane tra i film più importanti e rappresentativi del decennio.
L'avevamo tanto amato: Ettore Scola, cinque classici imperdibili di un regista "più oltre"
7. La famiglia (1987)
Ed è ancora Ettore Scola, dopo C'eravamo tanto amati e il successivo La terrazza (1980), a consegnare a Vittorio Gassman il film più memorabile dell'ultima fase della sua carriera: La famiglia, altro malinconico ritratto della società italiana, elaborato stavolta attraverso la prospettiva di un grande gruppo familiare della borghesia romana dagli inizi del Novecento fino agli anni Ottanta. Gassman è impegnato nel doppio ruolo del nonno del protagonista Carlo e, in seguito, dello stesso Carlo da adulto e da anziano, diviso tra l'affetto per la moglie Beatrice (Stefania Sandrelli) e la passione mai sopita per la cognata Adriana (Fanny Ardant); e la sua performance, percorsa da una trattenuta commozione, si è imposta fra le migliori di tutta la filmografia dell'attore, in un'altra pellicola diventata parte integrante del nostro immaginario.
Fanny Ardant a Roma 2019: il nostro incontro con la diva della porta accanto