I 5 migliori film di Federico Fellini

In occasione del centenario della sua nascita ecco i 5 migliori film di Federico Fellini, per riscoprire l'universo unico, in bilico tra sogno e realtà, del geniale regista riminese.

Wallpaper di Federico Fellini
Wallpaper di Federico Fellini

Cent'anni sono passati dalla nascita di Federico Fellini, il regista italiano quattro volte premio Oscar, un vero gigante del nostro cinema, una personalità così straordinaria che ha pochi eguali nella storia della settima arte. Durante la sua carriera Fellini ha portato sul grande schermo un enorme catalogo di personaggi (fragili, comuni eppure straordinari) e ha raccontato storie che tutt'oggi continuano ad affascinare gli spettatori di tutto il mondo. A partire dalle prime commedie di costume, toccando i generi più disparati (dal dramma, alla commedia fino all'horror) e arrivando a contagiare la realtà dell'Italia con l'universo dei sogni, la filmografia del regista originario di Rimini presenta opere dall'altissimo valore qualitativo. Abbiamo scelto i cinque migliori film di Fellini, quelli che meglio lo identificano e che costituiscono un essenziale punto di partenza per addentrarsi nella magia del suo cinema.

5. Le notti di Cabiria (1957)

Giulietta Masina in Le notti di Cabiria di Fellini
Giulietta Masina in Le notti di Cabiria di Fellini

Seconda grande collaborazione tra marito e moglie (e non sarà l'ultima) dopo lo straordinario successo de La strada dell'anno prima, Fellini torna a dirigere Giulietta Masina in Le notti di Cabiria, un film che, fatta eccezione per una sequenza con un mago ipnotizzatore, rimane ben ancorato alla realtà, tanto da avvalersi dell'aiuto ai dialoghi del miglior autore di storie sul sottoproletariato romano, Pier Paolo Pasolini. Il film si apre con la giovane prostituta Cabiria derubata da un suo corteggiatore che la getta in un fiume prima di scappare con la borsetta. Scampata alla morte, Cabiria non si perde d'animo e ricomincia la sua vita tra notti insieme a un attore famoso e le giornate in pellegrinaggio e nuovi corteggiamenti.

Se a prima vista il film può sembrare appartenere a quei drammi sociali derivanti dalla corrente neorealista che hanno fatto fortuna nell'Italia degli anni Cinquata, il maggior pregio de Le notti di Cabiria è quello di non affrontare l'argomento in toni troppo drammatici e realistici. Complice la recitazione della Masina, Cabiria è sì una prostituta per necessità, ma conserva un aspetto angelico, pudico, un agnello spaurito in un mondo di lupi. Fellini sembra fare le prove generali del successivo La dolce vita: il film prosegue in maniera episodica tra momenti più leggeri e momenti più spirituali documentando le notti della donna. Nel finale, una chiusura circolare rispetto all'inizio, ancora una volta illusa e tradita, Cabiria e troverà la forza di sorridere in una delle inquadrature più celebri e commoventi. I due coniugi non furono sempre d'accordo sulla personalità da dare al personaggio di Cabiria: Fellini preferiva una bambolina mentre Masina, stanca della sua carriera attoriale in cui le venivano offerti solo ruoli secondari di prostituta e in competizione con il successo della Magnani, cercava di dimostrare la sua bravura nel melodramma. Il risultato è dei migliori tanto da far vincere a Fellini l'Oscar al miglior film straniero per il secondo anno consecutivo.

4. Amarcord (1973)

Amrcord
Una scena di Amarcord

"Io mi ricordo", questo il significato di Amarcord, uno dei tardi capolavori di Federico Fellini. Insieme a Tonino Guerra, il regista rievoca un tempo perduto, quello della sua giovinezza, composto da episodi che si legano e si slacciano, in una struttura che procede come procedono le memorie. Per la maggior parte divertente, spesso emozionante, intriso di una malinconia nostalgica data dalla visione di un uomo ormai nella fase più matura della sua vita, Amarcord ci porta in una Rimini degli anni Trenta ricostruita completamente a Cinecittà. Non cerca il realismo, Fellini, bensì la "sua" Rimini, operazione che in tempi recenti è stata replicata da Giuseppe Tornatore nel suo Baarìa, popolata da personaggi comuni eppure unici.

Un film più che mai collettivo che parla, ovviamente, di crescita e di passaggio all'età adulta, di un mondo idealizzato e apparentemente perfetto (nemmeno i fascisti fanno paura nella Rimini felliniana) che, però, di fatto, non esiste se non nella memoria. Ed è il rumore del vento, sempre un'epifania nei film di Fellini, che caratterizza il finale mentre i festeggiamenti del matrimonio della Gradisca si concludono e tutti i personaggi abbandonano il luogo conviviale lasciando una terra arida. Il vento che ricorda il rumore dei fantasmi nelle storie per bambini, fantasmi impressi nella memoria e non più esistenti. Inutile cercare dei forti legami storici sull'Italia e la società: Amarcord è semplicemente una favola. Una bellissima e toccante poetica favola.

3. La strada (1954)

La strada: una scena con Anthony Quinn e Giulietta Masina
La strada: una scena con Anthony Quinn e Giulietta Masina

Quando nasce Federico Fellini? La risposta da manuale sarebbe una data: 20 gennaio 1920. Oppure, lasciando perdere le semplici cifre, potremmo dire che Federico Fellini nasce a Roma lavorando nel giornale Marc'Aurelio. E ancora nasce come aiuto alle sceneggiature per Lattuada o Rossellini. Anzi, no: Federico Fellini nasce con Lo sceicco bianco, il suo primo lungometraggio da solista (prima aveva co-diretto Luci del varietà). Tutto vero e tutto falso, perché in realtà il Fellini, il marchio, la firma vera e propria, l'aggettivo Fellini, nasce nel 1954 con La strada. Scritto insieme all'amico e collaboratore Tullio Pinelli, La Strada racconta la storia di Gelsomina, una giovane ragazza fragile e con un lieve handicap mentale che viene venduta dalla famiglia poverissima a un circense pellegrino, tale Zampanò, interpretato da Anthony Quinn.

Zampanò si dimostra un padrone individualista e l'odissea di Gelsomina la porterà a scontrarsi con le realtà più povere del Paese fino ad arrivare ad un epilogo tragico. È in questo capolavoro che alcuni dei temi più importanti di Fellini fanno la loro prima apparizione: l'importanza del circo (dedicherà, più avanti negli anni, un intero film ai clown), l'ingenuità e la sacralità dei personaggi di buon cuore (Cabiria, per certi versi, ne è una naturale prosecuzione), l'imprevedibilità della vita, l'atmosfera che unisce il reale al mondo onirico. Proprio per quest'ultimo motivo, inizierà in quegli anni uno scontro, più che altro ideologico, con Luchino Visconti, autore in quello stesso anno di Senso. Due registi che pur partendo da una base comune costituiranno due modi di intendere il cinema del post-neorealismo: l'uno più melodrammatico, borghese, reale; l'altro più legato alla dimensione del sogno, dell'eccezionalità, della fantasia. Ma è nel personaggio di Gelsomina che il film fa breccia nel cuore dello spettatore: quasi completamente muta, dotata di uno sguardo fanciullesco e innocente in un mondo crudo e arrivista, sembra vedere la versione femminile del vagabondo Charlot, il celebre personaggio interpretato e creato da Charles Chaplin. Seppur accolto con giudizi contrastanti in Italia all'inizio del suo iter distributivo, La strada farà conoscere al mondo intero il nome di Federico Fellini. Innumerevoli i premi raccolti dal film tra cui l' Oscar al miglior film straniero nell'edizione del 1957.

2. La dolce vita (1960)

Mastroianni e la Ekberg in una leggendaria scena de La dolce vita
Mastroianni e la Ekberg in una leggendaria scena de La dolce vita

Il 1960 è un anno che sancisce la fine di un'era e l'inizio di una nuova per il cinema italiano in generale. Tre registi diversi danno alla luce tre film che rappresenteranno i tre filoni sul quale la cinematografia nazione si svilupperà. Michelangelo Antonioni si fa portavoce del dramma esistenziale con L'avventura, Luchino Visconti celebra il racconto sociale realista con Rocco e i suoi fratelli, Federico Fellini consacra la commedia di costume. La dolce vita, titolo che diverrà un vero e proprio modo di dire così come i fotografi dei rotocalchi verranno denominati "paparazzi" proprio grazie al termine inventato nel film, nasce da un progetto più volte accarezzato, modificato e sempre accantonato. Doveva chiamarsi Moraldo in città e originariamente la trama richiamava l'esperienza autobiografica di Fellini costretto ad abbandonare la sua Rimini per cercare fortuna a Roma fungendo da sequel de I vitelloni. Non solo il personaggio diventò poi Marcello (per meglio incollarlo alla persona di Mastroianni), ma il film si trasformò perdendo la patina nostalgica e malinconica dell'idea originale per abbracciare la raffigurazione della vita mondana di Via Veneto. Il film racconta una settimana di eventi nella vita di perdizione di Marcello tra miracoli divini, ristoranti, bagni nella fontana di Trevi e feste orgiastiche (l'ultimo segmento del film, in particolare, creò scandali e polemiche all'uscita del film). Noi seguiamo Marcello sprofondare sempre più, come in un girone dantesco, fino a ritrovarsi in una spiaggia a faccia a faccia con un pesce mostruoso e innaturale.

Negli occhi vuoti e fissi del pesce, Marcello vede sé stesso e il suo essere un mostro, metafora che tre anni più tardi Dino Risi svilupperà in un celebre film a episodi seppur in chiave comica. Dall'altro lato della spiaggia, un'angelica bambina dice qualcosa a Marcello, forse con intenti salvifici, ma lui è troppo distante e non riesce a sentirla. Che finale! A distanza di anni non perde la propria forza. La dolce vita è anche la chiusura della prima metà di carriera di Fellini: a partire dal successivo lungometraggio la sua maturità e la sua vena poetica si faranno sempre più presenti abbandonando sempre più il realismo (tutto quello che si vedrà nei film di Fellini è ricostruito in studio) e lasciando che la sceneggiatura diventi più fumosa, più vitale, più libera.

Federico Fellini: da La dolce vita ad Amarcord, i suoi film da Oscar

1. 8 ½ (1963)

812
Marcello Mastroianni in 8½

Ovviamente al primo posto della nostra classifica sui migliori film di Fellini non poteva che esserci il suo ottavo film (e mezzo), uno dei film più citati, amati, importanti della storia del cinema. 8 ½ diventerà una pietra miliare replicata da vari registi di diverse nazionalità (Attenzione alla puttana santa di Fassbinder, Stardust Memories di Woody Allen, Effetto notte di Truffaut o lo stesso Sogni d'oro di Nanni Moretti, giusto per citarne alcuni tra i più celebri). Riassumere il film, il primo che abbraccia totalmente il subconscio del regista che troverà in Marcello Mastroianni e nel suo Guido il suo alter ego e l'ultimo girato in bianco e nero, è un'impresa ardua: 8 ½ interseca realtà, visioni, sogni, immaginazione, frustrazione nel raccontare la crisi artistica del regista protagonista. Tutto sembra alquanto sincero e, in effetti, è storia nota quella che vede Fellini stesso incapace e indeciso nel trovare un'idea per il suo prossimo film con il produttore Rizzoli che, per stimolarlo, fa già partire la produzione. Fellini, da bravo bugiardo, per un po' riesce a fare buon viso a cattivo gioco se non che si rende conto di non potercela fare.

Mentre sta scrivendo una lettera a Rizzoli per confessarsi e abbandonare i lavori, Fellini viene invitato dalla troupe a festeggiare il compleanno del macchinista. L'entusiasmo degli addetti ai lavori che acclamano Fellini e si dimostrano euforici all'idea di lavorare con lui spinge il regista a tornare sui suoi passi e onorarli nella maniera migliore: dare vita a un film. 8 ½ ha il pregio di poter essere visto dall'appassionato felliniano, capace di leggere tra le righe le note autobiografiche dello stesso Fellini, e dallo spettatore medio che, invece, troverà nel protagonista molti dei dubbi interiori e delle esperienze personali comuni di tutti gli uomini. A differenza de La dolce vita, 8 ½ si conclude senza alcun tipo di angoscia o drammaticità. Si chiude con un girotondo, una danza piena di vita, quasi un contraltare alla danza (di morte) che chiudeva Il settimo sigillo di Ingmar Bergman (non sappiamo se Fellini, personaggio che non si interessava al cinema come spettatore, si sia ispirato al film del regista svedese nonostante abbia più volte dichiarato di amare molto Il posto delle fragole) accompagnato dalla famosa marcia sulla passerella dell'immancabile Nino Rota, qui in totale alchimia col regista. Ennesimo Oscar per Fellini che mai come in questo film ci rende partecipi della magia, del divertimento circense, del sogno che il grande schermo ci regala.