C'è qualcosa di magico, o taumaturgico, a rivestire il mondo del cinema. Chiuso nel buio della sala cinematografica, lo spettatore è avvolto da un'atmosfera onirica; cullato dall'illusione del sogno, si autoconvince di essere parte integrante di vite straordinarie vissute tra le pagine di romanzi o della Storia, quella con la "S" maiuscola. Chiusa la porta della sala, azionato il proiettore, ecco che inizia un nuovo viaggio nell'aldilà, e il pubblico, come un moderno Orfeo, si avvia lungo i sentieri degli inferi per riportare alla luce fantasmi di epoche passate.
Intermediati da grandi performance, sotto strati di trucchi e vestiti, gli attori si trasformano in uomini e donne le cui gesta sono impresse nella memoria collettiva, senza esimersi dal mostrare quel loro lato oscuro tenuto lontano dalle luci della ribalta. Perché nel mondo del cinema, confessionale esperienziale, anche i difetti, le fobie, vengono a galla così da assimilarle, farle proprie ed esorcizzarle.
Sono i biopic, film biografici dedicati a personaggi illustri, che nel bene - o nel male - hanno segnato la nostra storia in tutti i suoi campi. Si tratta di soffi leggeri che levano la patina di perfezione e il filtro dell'ostentata bellezza, per rivelare l'umana imperfezione che sottende a queste esistenze. Sono tantissimi i film biopic prodotti nel corso degli anni. Abbiamo selezionato per voi i 20 migliori film biografici della storia del cinema, quelli da vedere assolutamente su vite straordinarie realmente esistite.
1. TORO SCATENATO (1980)
Sul ring il pugile non combatte solamente contro il proprio avversario, ma anche e soprattutto contro se stesso. Ogni pugno sferrato con violenza e precisione, è un colpo assestato al proprio io interiore. E Jack La Motta (Robert De Niro), campione del mondo di boxe dal 1949 al 1951 e passato alla storia come "il toro del Bronx", è stato per anni nemico di se stesso. Boxando con la propria ombra sale sul ring e, sulle note della "Cavalleria Rusticana" di Mascagni, si fa portavoce - e allo stesso tempo nemesi - di una società verso cui scagliarsi in tutta la sua impulsività, aggressività e maschilismo. Un viaggio a ritroso, quello realizzato da Martin Scorsese in Toro Scatenato, tra i fantasmi di un passato che aleggiano sul proprio presente, enfatizzato magistralmente da una fotografia in bianco e nero che rende ogni inquadratura un'istantanea in movimento atta a immortalare per sempre pregi e difetti di un uomo in balia di se stesso. Un film biografico sullo sport che ha fatto anche la storia del cinema.
2. AMADEUS (1984)
Vienna, 1781. Tra le vie dell'impero si fa largo la genialità di un musicista alquanto rozzo e sfacciato, ma destinato a entrare nella storia come uno dei più celebri compositori di tutti i tempi: Wolfgang Amadeus Mozart. Hollywood, 1984. Al cinema arriva l'ultimo film di Milos Forman, Amadeus. Biopic dedicato alla figura di questo giovane genio musicale, morto a soli 35 anni in circostanze misteriose, il film è tratto dall'opera teatrale di Paul Shaffer. Mentre i brani composti da Mozart riecheggiano in tutta la loro potenza all'interno della sala cinematografica, il film porta a casa 7 premi Oscar, prenotando un posto di diritto tra le pagine della storia del cinema. Lontano da intenti documentaristici, la bellezza del film di Forman risiede nel voler partire dai vicoli ciechi e dagli oscuri misteri che adombrano la morte di Mozart per delineare con sapiente maestria un ritratto quanto più onesto di un uomo che con la sua musica seppe incantare il mondo intero, con buona pace del suo acerrimo e storico avversario, Antonio Salieri.
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3. IL MIO PIEDE SINISTRO (1989)
I limiti a volte esistono solo nella nostra testa, e la storia di Christy Brown, nono di tredici figli di una famiglia operaia irlandese ne è la prova. Il piccolo Christy nasce paraplegico, riuscendo a esprimersi solo con il proprio piede sinistro. Raccogliendo le proprie forze su quell'arto così prezioso, Brown abbatterà ogni ostacolo diventando marito, pittore e scrittore. Potendo contare su una performance tormentata e disarmante come quella di Daniel Day-Lewis, il regista Jim Sheridan con Il mio piede sinistro costruisce un'opera dai toni poetici e a tratti ironici, seppur ammantata da una ruvida sobrietà nella descrizione dell'ambiente operaio irlandese.
4. MAN ON THE MOON (1999)
È una lettera d'amore scritta con sincera devozione quella che Miloš Forman compone con le proprie immagini in Man On The Moon. Il destinatario della sua missiva filmica - Andy Kaufman - non potrà mai leggere e comprendere la profondità poetica che vive tra gli interstizi di ogni inquadratura, ma grazie a Jim Carrey egli può rivivere e, insieme, irridere la morte con un semplice sguardo in camera. Man On The Moon è forse uno dei film più sottovalutati tra quelli interpretati da un attore come Jim Carrey. Vittima della sua stessa comicità, l'attore canadese è legato da un filo invisibile a Andy Kaufman, ora reso immortale grazie all'obiettivo di una cinepresa che, attraverso la mediazione di Carrey, lo ferma sulla pellicola destinandolo all'eterno ricordo. E così, grazie a Jim Carrey, Andy Kaufman potrà rivivere per sempre.
5. THE AVIATOR (2004)
Regista, aviatore, produttore: quante vite si possono ritrovare all'interno di una sola esistenza? Se vi chiamate Howard Hughes, la risposta è "tante". Con The Aviator Martin Scorsese, coadoiuvato dal suo attore feticcio Leonardo DiCaprio, si incammina lungo i viali del tramonto illuminati dagli ultimi fuochi fatui di un uomo accecato di ambizione e successo; un uomo, che a ogni caduta ha saputo sempre rialzarsi. Perché in vent'anni di vita (dal 1925, al 1947) tra successi e ricadute, amori e delusioni, Howard Hughes di pugni allo stomaco e conseguenti rialzamenti, ne ha conosciuti molti, forse troppi.
6. WALK THE LINE - QUANDO L'AMORE BRUCIA L'ANIMA (2005)
Walk the line, film biografico musicale di James Mangold, è una storia d'amore a doppio binario; perché quella di Johnny Cash (Joaquin Phoenix) è un'esistenza votata all'amore per due entità distinte, ma fortemente legate tra loro: la musica e June Carter (Reese Witherspoon). Nell'arco di due ore lo spettatore ha l'illusione di conoscere a fondo Cash; lo vede crescere nel countryside americano, disperarsi per la morte del fratello, arruolarsi, fare i primi passi nell'universo del rock'n'roll, amare, soffrire, amare di nuovo e poi esibirsi nel 1968 nella prigione di Folsom. Tratto dall'autobiografia dello stesso Johnny Cash, The Man in Black, Walk The Line è un viaggio alla scoperta dell'uomo all'ombra del mito. Perché per vedere la luce devi prima toccare il fondo, e Cash gli inferi li ha incontrati veramente. A tendergli una mano c'è sempre stata lei, June, interpretata da una Reese Witherspoon capace di tenere testa a un Joaquin Phoenix perfetto, melanconico e dolce allo stesso tempo.
7. TRUMAN CAPOTE - A SANGUE FREDDO (2005)
Truman Capote - a sangue freddo è considerato tra i più importanti film biografici dedicati a uno dei più grandi scrittori mai esistiti. In realtà la sceneggiatura di Dan Futterman non vuole ripercorrere l'intera vita dell'autore americano, quanto concentrarsi sui sei anni (1959-65) impiegati Capote per scrivere il suo progetto più ambizioso: A sangue freddo, ispirato sul quadruplice omicidio che Perry Smith (Collins Jr.) e Dick Hickock (Pellegrino) commisero nella notte tra il 14 e il 15 novembre 1959 a Holcomb, Kansas. Una vicenda di cronaca che diventa per Capote un'ossessione e che, a sua volta, si traveste in un biopic sui generis, perché incentrato solo su una piccola parentesi di vita, pregna però di significati, tormenti personali e ombre difficili da rischiarare. L'opera unisce spesso la vita sulla carta e quella dell'autore, virando l'attenzione sul punto di vista del narratore e del suo lavoro. A fagocitare un'esistenza orientata all'ossessione, ci pensa una fotografia dai tratti crepuscolari, perfettamente in armonia con lo stato d'animo dello scrittore, un Philip Seymour Hoffman nel ruolo della vita.
8. THE QUEEN (2006)
Ancor prima di The Crown, la regina d'Inghilterra è stata portata sullo schermo nel 2006 da Stephen Frears in The Queen. Grazie all'interpretazione magistrale di Helen Mirren, Elisabetta II si sveste del suo ruolo rappresentativo (ma non dei suoi abiti sgargianti) per mostrare quel lato umano, e decorosamente nascosto, dietro una maschera fatta di inflessibilità. Una maschera che a stento è riuscita a cadere anche in un momento delicato come la morte di Lady D. Ed è proprio in quel annus horribilis che fu il 1997, che il film è ambientato. La popolarità della regina è ai minimi storici, nel paese è lutto nazionale, e nell'animo della regnante si gioca una partita di ping-pong tra una forza di carattere che non stenta a cedere, e timori personali sempre più ingombranti. E così, per una volta, quella che abbiamo davanti (seppur nella sua versione finzionale), non è più una semplice regina - come invece suggerisce il titolo - ma una semplice donna.
9. LA VIE EN ROSE (2007)
Non è Parigi senza in sottofondo una canzone di Édith Piaf. Eletta a simbolo di un paese, quella piccola donna dalla voce inconfondibile, ha dovuto conoscere ogni lato oscuro della vita per poter apprezzare la luce del successo. Olivier Dahan trova in Marion Cotillard la musa perfetta per ricucire il mito della Piaf. Via ogni segno di beltà; sul volto dell'attrice (premiata con il premio Oscar) cicatrici e segni indelebili di sofferenze impresse come impronte sul cemento fresco. In La vie en rose a vita della cantante si fa puzzle disordinato, un andirivieni temporale sostenuto dalla grande costanza in un'esistenza come la sua, vissuta tra case di piacere e fiumi di alcool: la musica.
10. IL DIVO (2008)
Giulio Andreotti, l'uomo di Stato dai mille soprannomi: la Sfinge, il Gobbo, La Volpe, il Papa nero, Belzebù, il Divo. Andreotti, il politico che a ogni scandalo, o pagina cruenta della storia italiana, si fa perfetto rappresentante dei mali del nostro paese. Ma quello di Paolo Sorrentino non è un film biografico con risvolti agiografici, e men che meno di remissione dei peccati. Il divo è uno sguardo grottesco su uno dei più influenti politici italiani, ridotto a maschera. Ed è in queste vesti che si apre la stessa opera, con un Andreotti in preda all'emicrania con numerosi spilloni in volto per una terapia di agopuntura. A sostenere la colonna vertebrale della pellicola è una visione grottesca, ma mai divertente, perché Il divo è un racconto spietato, amarissimo, doloroso e lancinante; un memento cinematografico della politica italiana a cavallo tra il 1991 e 1996 (anno dell'inizio del maxi-processo per mafia che vide coinvolto lo stesso Andreotti). Eppure, di politica ne Il divo non ce n'è molta. La caduta dei governi e gli scandali vengono spesso relegati nell'off-screen. La lente indagatrice di Sorrentino è tutta su di lui, su quel Divo reso in chiave deformante, grottesca, maschera tragica e ironica a cui solo un attore come Toni Servillo poteva ribaltare a proprio piacimento, digerendolo e risputandolo con fare mai caricaturale, ma simbolico. Come se nella sua immobilità si fosse fossilizzata la politica intera, rea di "tirare a campare piuttosto che tirare le cuoia".
11. IO NON SONO QUI (2008)
Per un artista così fuori dagli schemi come Bob Dylan un biopic tradizionale non era abbastanza, così come non era abbastanza un solo interprete a portare in scena un cantautore che ha vissuto non una, ma mille vite. Uscito nel 2007, Io non sono qui di Todd Haynes è un puzzle di momenti di vita, nascita e rilancio di una carriera immortale. Suddiviso in capitoli, l'estro poliedrico di Bob Dylan rivive nei volti di Richard Gere, Ben Whishaw, Heath Ledger, Christian Bale e della camaleontica Cate Blanchett.
12. HUNGER (2008)
In inglese "hunger" significa "fame". E Bobby Sands su quel termine ha costruito un'intera ribellione, uno sciopero con cui opporsi, gridare e ribellarsi al governo Thatcher. Ogni boccone rifiutato era una bomba lanciata contro il proprio Parlamento come forma di protesta contro il regime carcerario a cui erano sottoposti i detenuti repubblicani. E intanto il peso scendeva, le costole si mostravano, spuntando come cime di montagne. Attivista e politico nordirlandese, Bobby Sands morì il 5 maggio del 1981 nel carcere di Maze. Quei giorni bui, disperati, sospesi, rivivono in Hunger, film di Steve McQueen del 2007 con protagonista un intenso Michael Fassbender. Ancora una volta l'attore di Shame dimostra come la somiglianza fisica con il proprio protagonista è un dato ininfluente quando è nello sguardo, negli occhi e nella profondità dell'interpretazione che si ritrova l'anima del proprio personaggio, anche quello più difficile e complesso come Bobby Sands.
13. BRONSON (2009)
Dal paradiso di una vita agiata, all'inferno delle rapine, delle ribellioni e della violenza: è l'esistenza dicotomica di Michael Peterson, in arte Charles Bronson, soggetto dominato da un forte egocentrismo e mania di grandezza che tra scazzottate e ribellioni riesce a raggiungere il proprio obiettivo, ossia diventare il più famoso prigioniero d'Inghilterra. A prestare l'anima scissa in mille schegge impazzite, e un corpo possente, di rado coperto da tute e divise, è un impressionante Tom Hardy. Nel film di Nicolas Winding Refn, l'attore riporta in vita l'indole eccentrica, violenta e furba di un carcerato che pur non essendosi mai macchiato di omicidio, ha vissuto trent'anni in isolamento. Una vita fuori dall'ordinario tradotta cinematograficamente da Refn in una rapsodia di quadri artefatti da cui è difficile staccarsi.
14. BRIGHT STAR (2009)
Non avrà vissuto un'esistenza ricca di incontri e avventure come quella di Lord Byron, o conosciuto una morte tragica come quella di Percy Bysshe Shelley, ma quella di John Keats è stata una vita romantica nel senso più profondo del termine. Timido, esile, fragile nell'anima e nella salute, il poeta ha impresso il proprio nome sui libri di storia con la profondità dei propri componimenti. Ed è proprio abbracciando quella stessa introspezione e dolce empatia sgorganti da ogni singolo verso del poeta, che la regista Jane Campion realizza Bright Star, film biografico dedicato agli ultimi anni di vita di John Keats (uno straordinario Ben Whishaw) e al suo rapporto sincero, ma ostacolato dalla malattia, con l'adorata Fanny Brawne (Abbie Cornish). Se "una cosa bella è una gioia per sempre", la regista di Lezioni di piano costruisce una gemma rara dove lo stile di Keats diventa il suo, così da elevare a componimento poetico privo di facile retorica un'intera esistenza.
15. NOWHERE BOY (2009)
Basato sul libro Imagine: Growing Up with My Brother John Lennon scritto da Julia Baird (sorellastra del leader dei Beatles), Nowhere Boy racconta l'adolescenza del cantante, i suoi primi approcci alla musica, l'amicizia con Paul McCartney e il rapporto del giovane Lennon con la zia Mimi, e la madre Julia. Corollario commovente di musica, ricordi e performance attoriali di grande impatto emozionale, il film di Sam Taylor-Wood vanta la fotografia di Seamus McGarvey che con tonalità vintage colora l'opera di nostalgia per un tempo ormai perduto e per molti mai veramente vissuto. Dar vita a John Lennon non deve essere stata cosa facile, ma Aaron Taylor-Johnson (qui al suo primo, grande ruolo da protagonista) accetta la sfida e porta a casa una delle sue performance migliori.
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16. THE SOCIAL NETWORK (2010)
Chi l'avrebbe mai detto che nel 2004 un nerd di nome Mark Zuckerberg, deciso a vendicarsi della propria ragazza, sarebbe diventato da lì a poco non solo l'inventore di Facebook, ma anche il più giovane miliardario sulla faccia della terra? David Fincher, insieme a Aaron Sorkin, dà vita a una delle migliori pellicole del decennio. The Social Network nasce dal cuore di un tribunale privato per diramarsi in tanti flashback, tanti quante sono le versioni di coloro che intendono ottenere la paternità (totale, o in parte) del padre putativo dei social media. Il tutto sostenuto da un'inespressività capace di comunicare più di mille parole, messa a punto da un magistrale Jesse Eisenberg.
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17. SAVING MR. BANKS (2013)
Saving Mr. Banks è la storia di un corteggiamento lungo 20 anni portato avanti con perseveranza da Walt Disney nei confronti della scrittrice Pamela Lyndon Travers (Emma Thompson). Nessun legame sentimentale a scandire il tempo che passa e le missive inviate. Solo un desiderio nato da una promessa: trasformare il romanzo di Travers in un musical con pinguini animati. Quello narrato da John Lee Hancock è sì un romanzo popolare tramutato in opera cinematografica, ma allo stesso tempo uno sguardo diretto e privilegiato a quel dietro le quinte che non solo ha dato vita a uno dei grandi classici della fucina disneyana (Mary Poppins), quanto della creazione dell'opera che ne è alla base. Vive di ricordi Saving Mr. Banks. Non solo dei battibecchi giocati con humor e acume intellettuale tra Disney e Travers, ma dei flashback che svelano allo spettatore finestre su un passato spesso ignorato e dalle quali si fa largo quel vento del nord pronto a soffiare per stuzzicare la fantasia della donna capace di salvare tutti i Mr. Banks del mondo, primo su tutti, il suo adorato papà (Colin Farrell).
18. STEVE JOBS (2015)
Vi sono uomini che vivono la propria esistenza come un eterno spettacolo teatrale, e quella di Steve Jobs è stata a tutti gli effetti una continua performance. A essere declamate sul palco con invidiabile sicurezza non sono più battute create dalla mente geniale di grandi drammaturghi, ma istruzioni, statistiche, o indecifrabili caratteristiche di modelli nati dalla sua stessa, fervida, immaginazione. Perché Steve Jobs sulla scena non teneva stretto tra le mani un teschio, bensì un Mac, una Black Box, un iPhone. Nessuna agiografia nata con l'intento di omaggiare il mito del patron della Apple; con Steve Jobs il regista inglese Danny Boyle, (co-adiuvato da Aaron Sorkin in sceneggiatura), intende catturare i momenti salienti in cui il mito si denuda mostrandosi nelle vesti di semplice uomo. Due ore, tre atti (ascesa, caduta, redenzione ): tanto è bastato a Michael Fassbender per distruggere l'icona del suo personaggio e far uscire il vero Jobs, l'uomo ordinario preso dalle proprie paure, dalla propria intollerabile megalomania e dalla sua inspiegabile incapacità di far fronte ai propri sentimenti.
19. JACKIE (2016)
Dopo Neruda, Pablo Larrain torna al genere del biopic e lo fa omaggiando l'eleganza e l'ostinatezza vestita di glamour dell'amata first lady americana Jacqueline "Jackie" Kennedy. Ciò che Larraín esegue nel suo primo film dal sapore hollywoodiano non è un'operazione esegetica volta a santificare la persona di Jackie. Tutt'altro. Soffermandosi sugli ultimi, dolorosi, momenti da First Lady, il regista frammenta ogni ricordo, ricomponendolo come tassello di un puzzle disordinato. È la vera indole della protagonista quella che vuole scovare il regista; è la Jackie donna, imperfetta, timorosa e vanitosa quella che vuole indagare attraverso reiterati primi e primissimi piani sul volto di un'impeccabile Natalie Portman. Quello che ne consegue è il ritratto di una donna sicura di sé, ma anche vanitosa, decisa e attenta affinché tutto vada come da lei previsto, senza per questo denunciare un velo di insicurezza.
20. NICO, 1988 (2017)
Chi è Nico? È la musa di Lou Reed, la modella prestata a cantante dalle movenze sensuali, l'angelo dalla voce piena di malinconia e carnalità. Posta tra le mani di Susanna Nicchiarelli questa immagine si fa carta straccia, mera illusione da cancellare sul foglio del passato, facendo così fuoriuscire il fantasma più oscuro e tormentato della cantante, alimentato di LSD, eroina e poca serenità. Sono tre gli anni su cui la regista ha deciso di incentrare questo biopic (dal 1986, al 1988, anno della morte dell'artista), che forse biopic non è. Alla base di questo film vi è il desiderio della Nicchiarelli di omaggiare con sincera onestà Nico, scalfendone il marmo di perfezione aleatoria, liberandone così la sua vera essenza fatta di traumi, rimpianti e paure. È una catartica distruzione dell'immagine impressa nella memoria collettiva, Nico, 1988, e l'atroce liberazione di Christa Päffgen.
21. LA BATTAGLIA DEI SESSI (2017)
I registi Jonathan Dayton e Valerie Faris vanno al di là del semplice biopic. La loro è una sovrapposizione di sostrati tematici e di genere che rendono difficile la semplificazione archivistica del film entro i confini di un'unica categoria cinematografica. Perché La battaglia dei sessi, raccontando la storica sfida tennistica tra Billie Jean King (Emma Stone) e Bobby Riggs (Steve Carell), non è solo un biopic sportivo, ma anche film politico, d'amore, drammatico e comico. Una commistione di generi che i registi riescono a organizzare e maneggiare con maestria ed eleganza, complici le ottime performance dei due protagonisti.
22. L'ORA PIU BUIA (2017)
Inghilterra. Anni Quaranta del 1900. Chiusi al riparo tra le alte pareti di Westminster, i politici si elevano a divinità pronte a decidere autonomamente sulla sorte della società; ed è in questa accezione, quella di un Monte Olimpo infernale, dove politici urlano, tramano e nascondono verità sotto la menzognera etichetta degli "affari di stato", che Joe Wright affida l'incipit del suo film L'ora più buia. Il regista concepisce gli sforzi compiuti dal Primo Ministro inglese per trascinare il paese fuori dagli orrori della guerra, come un grande spettacolo teatrale in cui a rivestire il ruolo di primattore è proprio lui: Winston Churchill. Una personalità iconica, ingombrante, gettata giù dal piedistallo dell'intoccabilità per toccare la terra dell'ordinaria umanità. Pieno di timori, paure e rimorsi, Churchill rivive grazie a un'impeccabile performance offerta da Gary Oldman e giustamente premiata con il premio Oscar nel 2018.
23. TONYA (2017)
La vita, a volte, è come una gara di pattinaggio sul ghiaccio; ti trovi in alto, a compiere acrobazie che sfidano la logica gravitazionale, ma basta una piccola incertezza, o passo falso, che ti ritrovi con la schiena per terra, agonizzante, le gambe spezzate, e lontana da successi e vittorie. Quella di Tonya Harding è stata una vita che ha sfidato il ghiaccio, la società, il perbenismo. Eppure lo spettatore con Tonya non può fare a meno di stringere un rapporto simpatetico con l'irascibile e impulsiva protagonista. Un attaccamento dovuto anche alla regia dinamica di Craig Gillespie e a una sceneggiatura sempre giocata su un sapiente equilibrio di ironia e verità, Perché Tonya (Margot Robbie in stato di grazia), la madre LaVona (Allison Janney), il marito Jeff (Sebastian Stan) e Shawn sono umoristi inconsapevoli di una pagina nera dello sport travestita da farsa satirica e commedia dell'inganno.
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24. FIRST MAN (2018)
Danzavano Sebastian e Mia sulle note di una canzone jazz improvvisata in La La Land; sbatteva con fragore sanguineo le proprie bacchette Andrew, quasi per esorcizzare la paura della propria mediocrità in Whiplash. In First Man, Neil Armstrong (Ryan Gosling) guarda verso il cielo, verso quello spettacolo trasognante a cui affidare il ricordo di una perdita, il dolore che non smette di pulsare e far male. È dinnanzi a quel paesaggio infinito, che Damien Chazelle (come potete leggere nella nostra recensione di First Man) spoglia il proprio personaggio della sua immortalità per mostrarlo come semplice uomo. Il primo ad andare sulla luna, l'ultimo a piangere per una vita a lui sottratta.
25. ROCKETMAN (2019)
C'è chi vive la vita come uno spettacolo teatrale, e chi come uno show psichedelico e colorato. Elton John fa sicuramente parte di questo secondo club. Sebbene non priva di ombre, quella del cantante inglese (all'anagrafe Reginald Dwight) è una performance lunga quasi 70 anni: pirotecnica, sfavillante, accecante e illuminata da abiti sgargianti, la carriera di Elton John è la nemesi perfetta di un'infanzia ordinaria. Ed è in questi termini dicotomici e contrastanti che il regista Dexter Fletcher ha concepito il suo Rocketman, film biografico onirico guidato sulle ali della fantasia, con a capo un Taron Egerton sublime e perfettamente in parte.
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