Michelle Yeoh, all'anagrafe Michelle Yeoh Choo-Kheng, è nata ad Ipoh in Malesia il 6 agosto 1962. Fin da bambina si appassiona al settore delle arti e alla tenera età di quattro anni inizia a studiare danza. Da giovanissima si trasferisce poi in Inghilterra dove si focalizza sul balletto, danza contemporanea e jazz. Il culmine londinese arriva con il diploma di Bachelor of Arts - in danza - ottenuto presso la prestigiosissima Royal Academy of Dance. A questo punto, la futura attrice torna in patria e a 21 anni vince Miss Malaysia. Visto il fermento artistico in quel di Hong Kong, decide di trasferirsi nell'ormai ex colonia britannica laddove viene subito segnalata al magnate Dickson Poon; Poon aveva da poco lanciato una nuova e proficua casa di produzione cinematografica, la D & B Films, e voleva rivoluzionare il nascente crime-movie locale puntando forte su un volto femminile audace ed intraprendente: Michelle Yeoh, perlappunto, e il resto è storia. Di seguito vedremo 5 imprescindibili cult della celebre attrice, tre dei quali realizzati proprio per la D & B Films.
1. Yes, Madame: tra calci ed eleganza
1985, Hong Kong sta vivendo la primissima fase della sua età dell'oro; in patria una schiera di giovanissimi registi, stanchi dei soliti wuxia o gongfupian, danno vita a vibranti crime-movie ambientati tra le strade affollate della loro Hong Kong, abbandonando quindi scenari bucolici e medievali. Kirk Wong e Alex Cheung stanno gettando le basi, basi ben recepite dal giovane ma già espertissimo Corey Yuen che nel 1985 con Yes, Madame realizza un cult fragoroso. Il film è un crime-movie progressista, interpretato da due ragazze abilissime ma ancora sconosciute: Michelle Yeoh e Cynthia Rothrock, nei panni di due agenti della polizia impegnate ad incastrare un pericoloso uomo d'affari. L'opera è clamorosa e condensa alla perfezione tutto ciò che ha reso grande il cinema di Hong Kong, a partire dall'eccelsa, diacronica ed armoniosa amalgamazione dei generi.
L'inizio è vertiginoso: inquadratura supina e pillow-shot frontale mostrano la maestosità di un grattacielo di Central, a questo punto l'attenzione vira su Michelle Yeoh rilassata in una libreria. Ora, un manigoldo dall'aria buffonesca la importuna denudandosi davanti a lei; il pazzo viene subito arrestato, la Yeoh si fa una risata e s'incammina verso casa; nel momento esatto in cui lei esce dal quadro visivo, entrano in gioco un gruppo di rapinatori che seminano caos e morte. Segue uno scontro a fuoco sanguinolento ed estremamente realistico, a cui partecipa anche la nostra protagonista che, tra acrobazie marziali e pistolettate, arresta ed uccide i malviventi. Come potete capire, nel giro di due secondi si passa con nonchalance da una commedia cartoonesca-demenziale, al noir urbano crudo e violento. Benvenuti ad Hong Kong. L'opera altresì genera il nuovo sottogenere girls with guns e lancia le due protagoniste nell'Olimpo delle star d'azione equiparabili, senza mezzi termini, ai loro colleghi Jackie Chan o Chow Yun-fat. Il film è poi arricchito da incredibili sparatorie, ampie o claustrofobiche, e da una serie di chicche registiche d'avanguardia post-moderna: come il replay cinematografico o falsi piani sequenza temporali, laddove l'ultimo segmento di una scena viene immediatamente ripreso e riproposto in quella dopo ma in ambienti e luoghi differenti (le due scene poi convergeranno in un punto d'incontro). Michelle Yeoh è iconica con un taglio alla moda, vestiti sportivi, idonei al ruolo, e tantissimo charme ed una preparazione atletica mastodontica: i suoi calci volanti e le raffiche di pugni sono eseguiti con un dinamismo ed un'eleganza tipica del balletto classico. Il film genera anche una vera e propria saga amatissima ad Hong Kong: In the Line of Duty. Infine segnaliamo uno spassosissimo Tsui Hark, nei panni di un furbesco bombarolo.
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2. Royal Warriors: guerriera di città
Yes, Madame è un successone, costa poco ed incassa tantissimo per cui Dickson Poon si adopera a realizzare una serie di film simili: film focalizzati intorno ad una trama semplice, esile ma accattivante, laddove azione ed Hong Kong sono i protagonisti assoluti.
Royal Warrios, del 1986, nasce in quest'ottica e ritroviamo Michelle Yeoh protagonista indiscussa; il film appartiene alla saga In the Line of Duty, ma non presenta richiami cronologici-narrativi alla pellicola precedente.
La Yeoh questa volta non è spalleggiata da un'abile fanciulla ma dalla nascente star giapponese Hiroyuki Sanada.
Il lungometraggio è diretto dal poliedrico e talentuoso David Chung, che tra fotografia e montaggio dimostra anche abilità interessanti con la macchina da presa.
L'avvicendarsi dei generi, senza soluzione di continuità, è qui nuovamente riproposto, però il regista riesce ad utilizzare ancora meglio lo spazio scenico andando a sfruttare ogni centimetro e ogni oggetto di scena.
Memorabile la sequenza in un lounge bar, altamente alla moda, tra insegne al neon e luci accecanti. Locale messo a soqquadro da una pioggia di proiettili, proiettili che si amalgamano con lo scenario tra drink luminescenti che saltano in aria, vetrate distrutte e corpi che si ammassano esanimi perforati dai bozzoli di pallottole, generando pertanto uno spettacolo visivo senza eguali. La Yeoh, ancora una volta, dimostra destrezza nelle arti marziali ed abilità sopraffine nell'impugnare un'arma da fuoco. Abilità unite ad un carisma fuori dai canoni: il suo sguardo deciso, inquadrato dalla televisione, che promette di uccidere a tutti i costi un criminale, non potrebbe essere più eloquente. Epitome hongkonghese del cinema della vendetta, Royal Warrios è un film importante osservato attentamente da un certo John Woo, pronto a replicare con A Better Tomorrow.
3. Magnificent Warriors: "indiana Yeoh"
Il binomio D & B Dilms e Michelle Yeoh sembra indissolubile, confermato tra l'altro dal matrimonio tra quest'ultima ed il magnate della società. I due film precedenti si piazzano ai vertici del box-office locale e soprattutto sono richiesti a gran voce dal mercato estero. Pertanto il sodalizio artistico tra le parti continua, ed ecco che nel 1987 l'ormai super-star Michelle Yeoh partecipa a Magnificent Warriors, diretto ancora una volta dall'efficiente e multiforme David Chung.
La pellicola sembra essere una trasposizione in chiave esotica dei due precedenti successi dello Yeoh, il tutto filtrato da un nuovo punto di vista. Il film è infatti camaleontico, un po' war-movie in costume, ambientato nel 1938 (guerra sino-giapponese), un po' action-adventure laddove il riferimento primario è nientepopodimeno che Indiana Jones. La celeberrima saga, ideata da Lucas & Spielberg, è richiamata dalle atmosfere, dal ritmo incessante e pure dalla colonna sonora.
La Yeoh, che divide lo schermo con Derek Yee (futuro maestro del noir) e Richard Ng (star comica assoluta), come sempre ci delizia con esibizioni acrobatiche al limite dell'umano tra folli cavalcate, scontri a fuoco palpitanti e corpo a corpo incredibilmente scenografici ed avvincenti. Il film altresì presenta una lodevole doppia struttura con una prima parte tuonante, incentrata sulle acrobazie della protagonista ed un secondo segmento formulaico, ma altrettanto spettacolare, dove i calci volanti lasciano il posto alle armi da fuoco.
Al termine delle riprese, senza riposarsi un attimo, l'attrice gira anche l'esplosiva commedia Easy Money (Stephen Shin, 1987), ennesimo successo al botteghino.
Dopo quattro pellicole da regina assoluta, l'attrice inaspettatamente decide di ritirarsi temporaneamente dalle scene per poi rientrare, più forte che mai, nel 1992.
4. Police Story 3: Super "Yeoh"
Siamo giunti al 1992, la Yeoh è ormai stanca della vita domestica e decide di rimettersi in gioco con un rientro in grande stile. L'attrice a sorpresa entra nel cast del terzo capitolo di Police Story, forse la saga hongkonghese più celebre al mondo; prodotto perfetto, concepito ad hoc da Jackie Chan. Police Story 3 propone diverse novità, in primis non è diretto da Jackie Chan bensì dal suo grande amico Stanley Tong, "yes-man" fedelissimo all'attore. La seconda grande sorpresa riguarda il ruolo della Yeoh: l'attrice non soltanto spalleggia il grande Chan ma lo supera per minutaggio di scene action. Poi, come Chan, non usa controfigure, rischiando la vita praticamente in ogni scena. Il film rispetto ai primi due capitoli espone un taglio ed un'atmosfera internazionale con un finale ambientato in Malesia, omaggio alla Yeoh. Ovviamente non manca l'amalgamazione dei generi e pertanto bastano pochi secondi e dalla commedia slapstick si passa al gangster-movie o al film di spionaggio. Ad ogni modo, l'opera stupisce e non poco in quanto le sequenze action sono di una complessità clamorosa. Vedere la Yeoh volteggiare sopra la testa dei nemici, nella rissa al villaggio, oppure aggrappata, a fatica, ad un furgone lanciato a folle velocità sulle strade di Kuala Lumpur è magia pura; infine impossibile non citare il segmento in cui salta, da un tetto, su un treno in corsa mentre è in sella ad una moto. Sequenze folli in cui la controfigura non esiste, almeno ad Hong Kong.
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5. The Heroic Trio: tra espressionismo e modernismo
1993, l'enfant prodige Johnnie To ed il Re Mida delle coreografie marziali Ching Siu-tung decidono di unire le forze e partorire una novità rivoluzionaria per il cinema di Hong Kong. Il film è scioccante sotto tutti i punti di vista; per prima cosa riunisce un cast interamente al femminile, raggruppando tre delle più grandi attrici asiatiche di tutti i tempi: Michelle Yeoh, Anita Mui e Maggie Cheung. Attrici diverse per stili e ruoli, qui impegnate ad affrontare un nemico demoniaco che rapisce infanti e bambini. The Heroic Trio è un'opera d'arte astratta e modernista, un film che riesce ad amalgamare la magia effettistica di un Georges Méliès, filtrata però da un taglio fotografico tipico del cinema espressionista tedesco; film che abbraccia poi un'estetica retro-futurista, da spy-movie di serie b degli anni Sessanta, fino ad iconicità oltraggiose e politicamente scorrette tipiche di Hong Kong: i CAT.III, lungometraggi rivolti ad un pubblico adulto e soprattutto opere folli ed impensabili per uno spettatore occidentale. Nel film infatti moriranno neonati, oppure vedremo ragazzini incatenati e costretti a cibarsi con resti umani. Non aggiungiamo altro.
Ottima Michelle Yeoh, la quale ancora una volta dimostra eccelse doti atletiche unite da venature drammatiche non indifferenti. Dopo tutto lei è la personificazione di una Cina che prova ad insinuarsi sotto pelle ad Hong Kong, facendo più danni che bene. Il film è infatti un allegoria politica, dato che il fatidico handover si stava avvicinando (Il 1º luglio 1997, Hong Kong tornava a far parte della Cina, come regione amministrativa speciale). Proteiforme e ricercata la regia, con un Johnnie To che mescola uno stile elegante e modernista, distinto da enfatici movimenti di macchina, replay cinematografici incalcolabili o jump-cut fulminei. Il tutto avvicendato da tocchi tanto patinati quanto underground, che rendono la Hong Kong del film metropoli atemporale concettualmente vicina alla Gotham City di Tim Burton. The Heroic Trio non è un semplice lungometraggio, bensì un saggio di cinema in video, un testo di regia in grado di trasmettere tutte le potenzialità rivoluzionare del cinema di Hong Kong. Film imperdibile, fieramente interpretato da Michelle Yeoh.