Il pubblico del FIPILI Horror Festival 2023 ha accolto l'arrivo di Michele Soavi con un caldo abbraccio. Ressa per guadagnarsi un autografo sulle edizioni home video dei suoi horror, italiane e straniere, e c'è chi è arrivato perfino dalla Francia per incontrare il cineasta in una delle sue rare partecipazioni a eventi pubblici. "Non amo molto i revival, non sono un nostalgico" ci confessa "ma il festival mi ha corteggiato per 19 anni e alla fine ho ceduto".
A Livorno, Soavi è intervenuto per introdurre uno dei suoi lavori più celebri, Dellamorte Dellamore, firmato da Tiziano Sclavi, di cui era un grande fan, uscito nel 1994. "Amavo molto l'opera di Sclavi e quando sono andato a trovarlo è stato lui a propormi questo scritto, bocciato dalla casa editrice perché troppo cupo e triste" ricorda. "Ero molto spaventato dall'idea di fare qualcosa di diverso dai miei precedenti. E poi sono molto severo con me stesso, ma alla fine ho trasformato la storia adattandomela addosso e infondendovi le mie ossessioni". Il film era una sfida sotto molti punti di vista, soprattutto per via della natura "eccentrica" della storia. "Non siamo davanti a un horror classico. Il protagonista è una specie di adolescente adulto, la sceneggiatura incanalava lo humor inglese nell'horror, fa ridere nei momenti in cui dovrebbe far paura. Mescola vari generi, il fantastico, il romanticismo...".
La gavetta sul set
Le opere più celebri di Michele Soavi, come La chiesa e La setta, sono state realizzate con la "factory" di Dario Argento, di cui Soavi è amico e collaboratore. Limitarsi a parlare di horror con un regista così eclettico, in grado di passare dal dramma alla commedia, dal cinema alla tv, e con alle spalle una lunga esperienza come attore, sarebbe un errore. Ma come è nata la relazione stretta e fruttuosa con Dario Argento? "Sono uno che si adatta in ogni situazione" ci racconta il regista. "Prima di fare cinema ho fatto il vigile del fuoco, eravamo pronti a gestire ogni situazione. Vedere e fotografare i corpi martoriati dal fuoco mi ha anestetizzato. L'attore è stato un modo per sfuggire allo studio, anche se ho fatto il classico non ero tagliato. Ma non potevo lavorare tre giorni l'anno e poi aspettare che qualcuno mi chiamasse. E poi amavo il set, mi piacevano quei momenti magici, mi piaceva il lavoro di notte. Così ho cominciato a fare l'aiuto macchinista e mi sono reso conto che era il ruolo in cui stavi più vicino alla macchina da presa in assoluto. Sentivo tutto ciò che diceva il regista e condividevo il suo punto di vista".
Michele Soavi ha imparato tutti i misteri del cinema grazie a una lunga gavetta, ma il suo vero sogno era diventare l'aiuto regista di Dario Argento: "Volevo essere l'amico del capo. Avere il suo potere, ma senza responsabilità. Alla fine ce l'ho fatta".
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Dario Argento e Terry Gilliam, la luna e il sole
Michele Soavi ha fatto da assistente alla regia di Dario Argento in Tenebre, Phenomena e Opera, e lo ha avuto come produttore dei suoi La chiesa e La setta. Ma c'è un altro cineasta fondamentale per la sua carriera, si tratta di Terry Gilliam. "Aveva apprezzato il mio Deliria, poi ci siamo incontrati in aereo e ci siamo piaciuti. Mi ha offerto la regia della seconda unità de Il barone di Munchausen in cui avevo scene molto impegnative, poi ho fatto il bis con I fratelli Grimm e l'incantevole strega". Confrontando i suoi maestri, Soavi prosegue: "Dario una persona schiva, cupa, notturna. Terry è il contrario, sempre esuberante, sorridente, con la battuta pronta. Sono la luna e il sole. Io sono un po' l'uno un po' l'altro quindi mi sono trovato bene con entrambi".
I fratelli Grimm e l'incantevole strega ha permesso a Soavi di lavorare col compianto Heath Ledger. "Ho avuto delle scene impegnative con lui" ricorda. Ho girato la battaglia in aria mentre volano lui e Matt Damon. Ogni volta che gli dicevo qualcosa rispondeva 'Yes sir'. Aveva un'educazione spaventosa. Era molto introverso. Aveva fatto fatica ad arrivare dov'era arrivato, si vedeva che soffriva".
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Colpevole di aver "ucciso" 4.300 persone
Dai mondi esplosi e immaginifici di Terry Gilliam all'orrore claustrofobico di Deliria o La chiesa il passo è breve, almeno per Michele Soavi. Rievocando le caratteristiche del genere, il regista ricorda che si trattava di scelte obbligate per via degli scarsi budget. "La formula era chiudere gli attori in pericolo dentro una location unica. Deliria è al 95% dentro il teatro. Per La chiesa ci siamo inventati le morti più assurde". Il tono di Soavi si fa più confidenziale mentre chiede: "Posso confessarti una cosa? Ho fatto un calcolo. Dall'inizio della mia carriera a oggi ho ucciso 4.300 persone. Ne il Barone di Munchausen ho girato due scene da 500 morti l'una. Solo ne La chiesa ne avrò fatti fuori 300 dentro la buca".
L'horror degli anni '70 e '80 segna il tripudio di effetti speciali artigianali, terrificanti grazie al contributo di artisti del set come Sergio Stivaletti. Ma Michele Soavi non è un nostalgico e ammette: "Rivedere oggi gli effetti di film come Dellamorte Dellamore fa tenerezza. Alcune cose funzionano ancora, alcune per niente. Essendo cresciuto con quel tipo di film artigianali ancora oggi sono abbastanza legato a quel mondo, anche se trovo che sia importante trovare un equilibrio col digitale". Quando il cinema, per un motivo o per un altro gli ha chiuso le porte, il regista si è concentrato sulla tv ottenendo successi enormi come nel caso di Rocco Schiavone, la serie tratta dai romanzi di Antonio Manzini giunta alla quinta stagione. "Mi ero letto i romanzi proposti dal produttore e mi erano piaciuti proprio per via del personaggio contro corrente" ci confessa. "Avevo pensato subito a Marco Giallini, ma la direttrice della fiction Rai voleva a tutti i costi che lui facesse il provino e lui, che era già affermato, si rifiutò. Alla fine ho combinato un pranzo in cui Giallini, che è un istrione, ha fatto il suo show. Il segreto del successo della serie per me è proprio il fatto che Giallini ha tante cose in comune col suo personaggio".
Se oggi le soddisfazioni principali di Michel Soavi provengono dalla tv, il regista appare sconsolato di fronte al panorama horror italiano: "Parlare di eredi oggi nel cinema italiano è difficile, gli eredi del nostro cinema li vedo nelle serie americane come Stranger Things o in certi horror americani che magari fanno incassi da capogiro anche se non sono un granché". E se arrivasse un'offerta diretta a lui? "Il mercato al momento non ti sostene, non c'è più la libertà degli anni '70, ma se mi proponessero un horror accetterei di corsa".