Il tema del ricordo e i legami familiari sono al centro del nuovo film dei cineasti Joana Hadjithomas e Khalil Joreige, coppia d'oro del cinema libanese. Un'opera multiforme che attinge all'eclettico background dei due autori per restituire la complessità del passato, come rivela la nostra recensione di Memory Box, delicato excursus sul dramma della guerra civile in Libano. In un continuo rimbalzo tra il presente della contemporanea Montreal e il Libano dei primi anni '80, tre generazioni di donne si confidano e scavano nei ricordi riportando a galla antichi segreti di famiglia.
Il Natale canadese di Alex e della nonna Téta viene turbato dall'arrivo di un voluminoso pacco proveniente da Parigi. Quando Maia, la madre di Alex, lo scopre, ne rimane profondamente scossa. Il pacco contiene tutti i diari, le audiocassette e le fotografie inviate dall'adolescente Maia alla migliore amica Lisa, che si era trasferita con la famiglia in Francia durante la scuola e adesso è morta in un incidente stradale. Sarà Alex, di nascosto dalla madre, a ricostruire l'intensa storia familiare esplorando questo incredibile materiale in cui la genitrice ha raccontato l'orrore della guerra, i conflitti coi genitori e la passione amorosa per l'affascinante deejay Raja.
Un patchwork di tecniche per dare l'idea del senso del tempo e dei ricordi
Pur essendo Memory Box un film incentrato sui sentimenti, l'approccio alla materia di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige è sofisticato e cerebrale. I due cineasti attingono al loro background multidisciplinare, che comprende incursioni nell'arte contemporanea e nel mondo delle installazioni, per rendere visivamente il concetto di memoria. I registi non si accontentano dell'uso di flashback tradizionali, ma raccontano il passato attraverso centinaia di foto, negativi, immagini ritoccate, articoli di giornale, Super 8 amatoriali invecchiati grazie agli effetti digitali e perfino musicassette. A sequenze in cui la voce di Maia descrive con raccapriccio l'esperienza nei rifugi sotterranei per sfuggire alle bombe corrispondono le scene ben più artificiose in cui Maia e Raja si ritrovano sotto un bombardamento realizzato in animazione mentre si baciano in auto o la corsa in moto dei due giovani attraverso le vie di Beirut mentre intorno a loro si moltiplicano le esplosioni.
L'intento - esplicitato fin dal titolo - di Memory Box è quello di usare questa fusione di elementi diversi per dare l'idea del senso del tempo e dei ricordi. In questo patchwork, il film mostra grande sensibilità nell'affrontare il dramma della guerra, ma anche nel toccare temi personali come la ribellione giovanile all'autorità, l'incomprensione tra generazioni, l'emancipazione femminile e l'autoaffermazione di sé. I problemi di Maia, cresciuta in un paese arabo in guerra, sono ben diversi da quelli della figlia, che vive un'adolescenza ben più spensierata in Canada, eppure Alex gioisce nello scoprirsi simile alla madre quando questa si preoccupa dei brufoli, dell'aspetto fisico o degli incontri clandestini con il suo Raja. Ovunque la si attraversi, l'esperienza dell'adolescenza segue gli stessi riti. Lo dimostrano le immagini di Maia che danza sulle note dell'hit Fade to Black o abbraccia gli amici in mezzo alla pista mentre risuona il brano di Blondie One Way or Another. In questo caso l'uso delle musiche serve non solo come spia dell'epoca in cui gli eventi si collocano, ma evidenzia inoltre l'universalità dei comportamenti giovanili.
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La dimensione emotiva ha la meglio sulla ricostruzione cronologica
A differenza di tante pellicole sulla guerra in Medio Oriente, il tragico passato bellico a cui il film da riferimento appare secondario rispetto al vero fulcro tematico: la relazione madre-figlia che abbraccia tre diverse generazioni. Al rapporto conflittuale tra Maia e la madre Téta, dolente e apprensiva, si oppone la relazione più moderna e ricca di fiducia tra Maia e Alex. Grazie all'impegno delle tre interpreti, a cui si aggiunge la fiammeggiante Manal Issa nel ruolo di Maia da adolescente, la storia si dipana mediante l'adesione a diversi punti di vista femminili in un intrigante confronto in cui la speranza si fa largo oltre la tragedia.
Nonostante il montaggio accurato, un po' di confusione generata dall'abbondanza e varietà dei materiali rischia di confondere lo spettatore nella ricostruzione dei fatti. La bussola del film, però, non sta tanto nella dimensione cronologica quanto in quella emotiva, come chiarisce il finale. Basta avere un po' di pazienza per vedere i pezzi del puzzle tornare ognuno al proprio posto.
Conclusioni
La recensione di Memory Box ci introduce al nuovo lavoro dei cineasti libanesi Joana Hadjithomas e Khalil Joreige, confronto generazionale e viaggio nel passato alla (ri)scoperta del dramma della guerra civile in Libano. Ricchissimo di materiali e tecniche finalizzate alla ricostruzione degli eventi bellici, il film trova la sua piena realizzazione nella sua riflessione sull'adolescenza e nel rapporto genitori-figli.
Perché ci piace
- La ricostruzione del passato è intrigante.
- Il punto di vista femminile, per lo più di un'adolescente, sulla guerra ci aiuta a mettere in evidenza ancor di più l'incomprensibilità e l'ingiustizia della pratica bellica.
- Notevole la cura formale dell'uso del patchwork di tecniche per permette di ricostruire il passato...
Cosa non va
- ...anche se questa ricchezza di materiali genera un po' di confusione nello spettatore.