N.B. Per omaggiare il cult movie di Christopher Nolan che compie 15 anni abbiamo scelto di impaginare il nostro approfondimento alla rovescia proprio come è stato concepito il film di cui andiamo a parlare. Se invece preferite leggere dall'inizio alla fine come sempre, partire dal fondo della pagina.
5. Un cast tra le righe
Memento si insabbia nella mente contorta di Leonard, si focalizza sul trauma mnemonico di un uomo afflitto dal passato e la regia di Nolan è coerente con ognuna di questa priorità. Il suo secondo film abusa dei primi piani, disdegna il più possibile campi lunghi e panoramiche per fissarsi sui volti e sugli occhi di tutti i suoi attori. Se fai questa scelta, non puoi sbagliare interpreti. E infatti non c'è un solo personaggio, anche secondario, che non sia perfettamente in parte. Guy Pearce, scavato e imploso, con gli zigomi in bella vista e lo sguardo a volte spaesato, altre iniettato di forza, offre una prova fisica e allo stesso tempo psicologica, denudata di virtuosismi e affidata solo a lampi d'istinto (che ricordano vagamente il Brad Pitt di Seven).
Leggi anche: I 20 anni di Seven: sette ingredienti per un cult da brivido
E se Joe Pantoliano e Carrie Anne-Moss, entrambi freschi reduci di Matrix, sono perennemente equivoci e indecifrabili, i due coniugi Jenkins, immersi in un bianco e nero dolente, trovano in Stephen Tobolowsky e in Harriet Sansom Harris due attori perfetti per raccontare la straziante vicenda di due persone rese estranee dalla malattia. "Ricordati di Sammy Jenkins" recita il tatuaggio sulla mano sinistra di Leonard. E infatti quell'uomo non lo si dimentica.
4. Montaggio emotivo
Un thriller che inizia con la fine e termina con l'incipit, svelando già elementi apparentemente risolutori, non può che essere incentrato su un intreccio ardito piuttosto che su una fabula classica. Bene, in Memento il montaggio è sconnesso e segmentato, costretto a tenere insieme due linee narrative opposte; una (quella a colori) che procede a ritroso e l'altra (quella in bianco e nero) che, nonostante qualche flashback, avanza in maniera graduale; due percorsi sconnessi che viaggiano insieme sino ad incontrarsi nel finale. Questa frammentazione del racconto non fa che calarci ancora di più nei panni di Leonard, dentro un fugace susseguirsi di fatti realmente accaduti e verità presunte.
La maestria di Nolan è stata quella di fare del montaggio un mezzo espressivo coerente con la psiche malmessa del suo protagonista. In questo modo il film stesso traballa, assai simile alla memoria balbettante di Lenny, ai suoi dubbi, per poi metterci in guardia sul potere affabulatorio del cinema e dei racconti, elevandosi così a discorso metacinematografico. Perché crediamo a tutto quello che vediamo? Ciò che ci viene mostrato è sempre vero? E se ogni tanto fosse meglio dubitare? Il dubbio persiste ed è uno dei meriti di questa opera ancora sfuggente e sempre inquieta.
Leggi anche: Gli insoliti finali: i colpi di scena più sconvolgenti degli ultimi 20 anni
Non riesco a ricordarmi di dimenticarti
3. Come rileggere un libro
Tra i tanti, confusi ricordi di Leonard che emergono poco alla volta, come schegge, ce n'è uno particolarmente significativo. Sua moglie è a letto mentre sfoglia un libro, lui la guarda e le chiede perché lo stia rileggendo. Lei risponde con un secco "è bello". E allora lui incalza, perplesso: "Si, ma lo hai già letto un migliaio di volte. Credevo che il bello dei libri fosse nello scoprire cosa succede dopo". Una frase che appare quasi beffarda all'interno di un film del genere, di un'opera dove quel "succede dopo" non viene mai rispettato.
Nolan sembra quasi auto-criticarsi, ma in realtà è consapevole di aver girato un'opera che assomiglia a quel libro, ovvero aperta alla "rilettura". Memento è uno di quei film che necessita di una seconda visione (e anche di una terza), che si apre al piacere della vivisezione, fotogramma per fotogramma, per essere meglio digerito, compreso, rimontato da uno spettatore che ha bisogno di confrontarsi con altri per venire a capo della trama. Questo è uno dei grandi pregi della pellicola, ovvero sfidare la decodifica del pubblico e invitarlo a pensare, a mettere e a mettersi in discussione, stimolandone lo spirito critico. Nolan crea così la sua prima grande architettura complessa, sotto la quale, però, non c'è soltanto un gusto cervellotico fine a se stesso, ma il desiderio pulsante di raccontare un dramma intimo. Ecco quale.
2. Il senso dei ricordi
Non c'è persona a cui Leonard non racconti del suo disturbo. Il suo disturbo è la sua carta d'identità, la sua prima stretta di mano. Così facendo, quest'uomo mostra subito una grande fragilità (non a caso verrà più volte sfruttato), vincolata ad una routine fermamente ancorata a delle ferree certezze: i post-it, le fotografie, i tatuaggi. Dopo la morte della moglie, quello che gli resta sono briciole da seguire tutti i giorni, compagni di viaggio necessari per continuare a vivere e soprattutto a raggiungere la fatidica vendetta. Ma per quanto lui tenti di orientarsi verso il futuro, andando in avanti, non fa altro che girare in tondo, guardare indietro, ancorato ad un dramma troppo pesante da ricordare: il senso di colpa, l'amara consapevolezza di essere stato la causa di quella morte. E allora l'amnesia di Leonard non è più amnesia, ma rimozione, una necessaria uscita di sicurezza per salvare se stesso dal rimorso, un'elaborazione del lutto che si compie attraverso un nemico immaginario.
Così come sarà in True Detective tanti anni dopo, anche in Memento l'indagine è un pretesto per indagare nell'uomo, e in questo caso dare un peso specifico ai ricordi, un senso alla memoria di ognuno di noi. E così anche quella dimensione rassicurante e tutta nostra come quella del ricordo viene smossa dall'incertezza, alterata dalla nostra percezione della realtà. Perché persino i ricordi, a volte, dissimulano e sono come cuscinetti utili ad attutire il dolore, come fanno le storie che Leonard (si e ci) racconta. Tra questi ci sono i suoi tatuaggi che sembrano cicatrici, per poi rivelarsi cerotti su ferite ancora aperte.
Fatti, non ricordi. È così che si indaga.
1. Tracce di poetica
Rivedere Memento nel 2016 significa guardarlo sotto un nuova luce: quella della filmografia nolaniana. Se l'aspetto puramente registico potrebbe apparire ancora acerbo e molto classico, senza i voli pindarici tra grattacieli, realtà oniriche e buchi neri che seguiranno, il desiderio di esplorare realtà "invisibili" è già fortissimo. Anche nel 2001, a poco più di 30 anni, il regista britannico si impegna in una missione difficile, quella di dare forma a dimensioni apparentemente astratte, dove il genere serve come etichetta utile a definire una storia.
Se con Memento ha dato sostanza alla memoria e senso ai ricordi attraverso un thriller, con Insomnia e Inception ha indagato l'incubo e poi il sogno, definito i meccanismi della messa in scena attraverso il dramma epistolare di The Prestige, affrontato la paura con la trilogia di Batman e parlato di amore come forza indistruttibile nel tempo e nello spazio di Interstellar. L'universo narrativo di Nolan si serve del cinema per andare dentro l'uomo, per viaggiare lontano e in profondità, con la voglia incessante di un autore che concepisce il cinema come provocazione continua. Le sue sfide intricate (amate da molti e detestate da alcuni) sono un segno di rispetto nei confronti del pubblico, a cui far vivere sempre l'emozione del ragionamento. E questo Memento lo fa sempre, ogni volta, come un grande puzzle a cui manca puntualmente un pezzo.
Leggi anche: Interstellar e il cinema di Nolan: in viaggio tra il sogno, la memoria e le stelle
Anatomia (alla rovescia) di un film indimenticabile
Non esiste cosa più affidabile di una fotografia. Un'immagine che fissa un ricordo, ferma un istante e crea certezze affidabili, immobili nel tempo che scorre. Ma Christopher Nolan non è d'accordo, perché è spesso allergico alla rassicurazione, quasi fosse una dimensione anestetica per la mente. Lui, invece, il cervello preferisce sempre scuoterlo, inquietarlo, sfidarlo, costringendo lo spettatore a diventare come i suoi protagonisti, ingabbiati dentro labirinti celebrali non per forza da risolvere, ma di cui analizzare le fondamenta, capirne la struttura . A Nolan non interessa sempre la soluzione, ma il motivo che spinge a perdersi, il trauma alla base del disorientamento. E Memento non fa eccezione anzi, dopo l'altrettanto ossessivo Following, segna la via e caratterizza lo stile di un autore interessato ad esplorare gli spazi più reconditi dell'essere umano. Così, torniamo a quella fotografia che apre Memento, il suo thriller al contrario, il suo noir affidato ad una voce narrante inaffidabile.
Quella polaroid appena scattata è la prova evidente di un omicidio appena commesso che man mano svanisce, si sfoca, viene agitata mentre l'immagine dentro di lei evapora. Questo incipit insolito vale come un indizio, una prova per quello che seguirà: la realtà è difficile da acciuffare, da contenere, anche semplicemente in una foto. Questo perché durante tutta la durata del film noi seguiamo le parole, le confessioni e le azioni di Leonard, un uomo affetto da un grave disturbo della memoria a breve termine che gli impedisce di ricordare quanto visto o successo nella sua vita anche solo pochi minuti prima. Quello che invece Lenny ricorda benissimo è il suo passato remoto, segnato da un dolore immenso: la morte di sua moglie, stuprata e uccisa da John G..
Un nome che, come tanti altri indizi, l'uomo si è tatuato addosso; una serie di frasi e spunti che valgono come una molla per andare avanti, darsi un senso per vivere. Ecco, Nolan ci vincola ad essere presi per mano da un uomo incapace di orientarsi senza appunti sparsi, guidati da ricordi confusi e dalle azioni convulse di un personaggio afflitto da due problemi paradossali: non riuscire a ricordare e non riuscire a dimenticare. Tutti elementi che fanno di Memento, tratto da un racconto di Jonathan Nolan (fratello del regista) e candidato a due Premi Oscar (sceneggiatura non originale e montaggio), un film difficile, complesso, aperto ancora oggi a tante interpretazioni. E proprio sulla scia delle infinite discussioni scaturite da questa opera nebulosa, noi, a 15 anni dalla sua uscita, vogliamo affrontare ancora una volta il labirinto di Leonard e capire come Nolan sia riuscito a fare di questo titolo un avvertimento per il pubblico. "Memento", un imperativo latino che invita lo spettatore a ricordare, come fanno i tatuaggi e ancora meglio le cicatrici di ogni dolore.