Nella sua recensione di The Producers - Una gaia commedia neonazista, il compianto Roger Ebert ricorda un'esperienza particolarmente memorabile in compagnia di Mel Brooks quando uscì il primigenio Per favore non toccate le vecchiette, nel 1968: "Eravamo in un ascensore a New York. Una signora entrò, vide Mel e gli disse: "Signor Brooks, ho visto il suo film, ed è volgare!" Brooks rispose: "Signora, il mio film si innalza al di sotto della volgarità!" Un riassunto perfetto della mente comica di un autore/regista/attore che delizia il pubblico da quasi sette decenni (il debutto professionale, come sceneggiatore televisivo, risale al 1949, quando aveva appena ventitré anni). Dopo aver contribuito alla creazione di una serie di culto come Get Smart, è poi passato al cinema, imponendosi come un maestro della parodia con quasi tutte le sue regie, fino al congedo con Dracula morto e contento nel 1995 (ma è stato anche produttore esecutivo di The Elephant Man, chiedendo però di non essere menzionato nei titoli di testa al fine di non trarre in inganno gli spettatori circa il contenuto del film). Da allora continua a lavorare come attore e doppiatore (lo scorso anno ha prestato la voce al padre di Dracula in Hotel Transylvania 2), portando avanti una carriera illustre che lo ha reso una delle poche persone sulla lista EGOT (vale a dire, ha vinto un Emmy, un Grammy, un Oscar e un Tony). Una carriera che noi vogliamo ricordare, in occasione del suo novantesimo compleanno, con alcuni momenti imprescindibili.
10. I titoli di testa di Robin Hood: un uomo in calzamaglia
Penultimo film diretto da Brooks, questo omaggio scanzonato alle rappresentazioni cinematografiche del celebre arciere non ha la freschezza dei primi lavori del regista, ma vanta almeno una gag veramente spassosa: i credits iniziali. Questi, infatti, sono rappresentati da diverse frecce infuocate che formano le scritte relative a cast e troupe sui tetti delle case. Di per sé un'idea simpatica e, nel contesto dei film d'avventura in costume, abbastanza plausibile. Brooks, però, mette alla berlina questa convenzione rivelando che la realizzazione dei titoli di testa sta effettivamente distruggendo un villaggio inglese, il che porta al commento esasperato degli abitanti, dopo l'ultima scritta: "Lasciaci in pace, Mel Brooks!". Un po' di sana autoironia che, purtroppo, rimane un caso piuttosto isolato in una parodia alquanto povera di idee veramente brillanti.
9. Continua... O no?
Anche La pazza storia del mondo è un'operazione molto altalenante, dove le trovate divertenti sono abbastanza scarse. La migliore è conservata per il finale, dove i titoli di coda sono preceduti da spezzoni di quello che dovrebbe essere il sequel (in inglese il titolo del film contiene la dicitura Part I). In realtà il seguito non è mai stato realizzato, né doveva esserlo, per via di un inside joke di natura storica: Brooks si è infatti ispirato al testo The History of the World, scritto dal britannico Sir Walter Raleigh durante la sua prigionia nella Torre di Londra e interrotto dopo il primo volume a causa della decapitazione dell'autore. Pertanto, il regista si è volutamente fermato alla Rivoluzione francese nel suo excursus parodistico, lasciando il resto all'immaginazione dello spettatore (la trovata del finto sequel è stata poi riciclata sia in Balle Spaziali che in Robin Hood: un uomo in calzamaglia).
8. Risate a tutto gas
Era inevitabile, in un film dove un personaggio si chiama Le Petomane (un nome presente già nella versione originale, e non inventato per il doppiaggio italiano o francese), che si costruisse una gag intorno al concetto della flatulenza, fino ad allora un tabù al cinema, stando ai produttori (difatti la Warner chiese di far tagliare la scena in questione, ma Brooks aveva diritto al final cut e rifiutò). Questo momento di scatologia in Mezzogiorno e mezzo di fuoco nasce da una convenzione del western cinematografico, dove i personaggi tendono a consumare pasti a base di fagioli, e il regista ritenne giusto portare tale tradizione al suo epilogo logico. All'epoca un intermezzo controverso, oggi è considerato una delle punte di diamante della carriera di Brooks, anche se forse non tutti lo conoscono: in alcune versioni censurate per la messa in onda televisiva in America, i rumori dei gas intestinali sono sostituiti da nitriti di cavallo.
7. L'invasione del cinema
Sempre nella parodia dei western assistiamo al primo vero momento metacinematografico della carriera di Brooks, che chiude il film con la distruzione letterale della quarta parete e l'uscita dal set, fino all'arrivo in sala per assistere alla conclusione delle avventure di Black Bart. Un vero e proprio oceano di cinefilia, che fa un ottimo uso dei teatri di posa della Warner Bros. a Burbank ed omaggia anche un altro grande genere come il musical, con il cameo di Dom DeLuise nei panni di un regista che deve gestire un cast palesemente effeminato durante le riprese di un numero da fare invidia a Busby Berkeley. Un autentico tocco di classe, nonché un'esplosione di ambizione per un cineasta che all'epoca era al terzo lungometraggio.
6. La VHS strategica
Balle Spaziali non è tra i lavori più riusciti di Brooks, ma si sorride ripetutamente, soprattutto nell'inevitabile momento autoreferenziale, che raggiunge l'apice in questa parodia dei film di fantascienza (imperdibile il cameo di John Hurt che rifà la sua celebre uscita di scena da Alien). Per l'esattezza, parliamo del momento in cui il perfido Lord Casco (Rick Moranis) decide di rintracciare gli eroi... seguendone le gesta tramite una copia in VHS del film che noi stessi stiamo guardando. Un'allusione molto simpatica all'allora emergente mercato del home video (nonché un riferimento allo sfruttamento commerciale del film dopo l'uscita in sala, legato ad una gag ricorrente sul merchandising che, per ragioni legali, non esiste nella realtà), ma anche, nel bene e nel male, un segno dell'età di Balle spaziali. È fin troppo facile immaginare, al giorno d'oggi, un giovane spettatore che, vedendo la scena, si chiederà: "Che cos'è un VHS?"
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5. Il mostro e il cieco
All'epoca dell'uscita del film molti spettatori non sapevano che in Frankenstein Junior ci fosse anche Gene Hackman, allora noto esclusivamente per parti drammatiche e desideroso di recitare in una commedia. Gli venne affidata la parte, non accreditata, dell'eremita cieco che accoglie in casa la creatura di Frankenstein (Peter Boyle), e l'incontro che ne risulta è strepitoso, grazie all'alchimia fra i due interpreti, la prestanza fisica di Boyle e il talento comico di Hackman, che arrivò addirittura ad improvvisare la sua battuta di commiato, facendo morire dal ridere la troupe. Oggi è difficile rivedere la scena originale, ne La moglie di Frankenstein, senza pensare alla deformazione comica targata Brooks.
4. La vita imita l'arte
Brooks si è spesso prestato a camei nei panni di "se stesso", ma raramente con l'intelligenza autoironica esibita nella quarta stagione di Curb Your Enthusiasm, dove il creatore/protagonista Larry David viene ingaggiato per recitare nella versione teatrale di The Producers insieme a David Schwimmer. Ebbene, nel finale di stagione salta fuori che la scelta di Larry per la parte di Max Bialystock è un tentativo di truffa da parte dello stesso Brooks, che spera di avere tra le mani un flop e poter intascare qualche milione in seguito al naufragio dello spettacolo, esattamente come nel testo teatrale/cinematografico a cui si fa riferimento. Ovviamente, come nella finzione, la truffa non ha un esito positivo, con grande dispiacere di Brooks e della moglie Anne Bancroft (alla sua ultima apparizione sullo schermo prima della morte nel 2005).
3. Igor, al suo servizio
Sono innumerevoli le gag da applauso in Frankenstein Junior, ma nessuna di queste funzionerebbe senza l'alchimia personale tra Gene Wilder e Marty Feldman, in piena evidenza già durante il loro primo incontro, tutto giocato sui nomi: Frederick Frankenstein, nipote del celebre scienziato, vuole distanziarsi dalla cattiva fama del nonno pronunciando in modo diverso il proprio cognome ("Fronkenstiin"), il che suscita parecchia ilarità da parte di Igor, con tanto di risposta altrettanto ridicola sul suo nome di battesimo: "No, si pronuncia 'Aigor'". Un piccolo gioiello linguistico per gli spettatori che capiscono l'inglese (la pronuncia alternativa combina i suoni eye, riferimento agli occhi inconfondibili di Feldman, e gore, sangue), e un dialogo piacevolmente ridicolo che pone le basi per la creazione del duo più memorabile del cinema di Brooks.
2. Il rifiuto di Marceau
Tra le varie operazioni cinefile del regista la più ambiziosa è forse L'ultima follia di Mel Brooks (in originale Silent Movie), omaggio bislacco e al contempo sincero al cinema muto. Questo film contiene anche quella che è forse l'intuizione più geniale di tutta la carriera del regista, a livello di pura costruzione della gag: il cameo di Marcel Marceau, celebre mimo francese e, per via della sua professione, una scelta logica per apparire in un film che gioca sul silenzio. Solo che Brooks porta tale strizzatina d'occhio ad una conclusione esilarante, regalando a Marceau l'unica, fondamentale battuta udibile in tutto il film: quando il regista Mel Funn (interpretato dallo stesso Brooks) gli telefona per offrirgli una parte nel suo nuovo film, che sarà girato senza sonoro, la risposta del mimo è "Non!". Impagabile anche la reazione di Funn, che dice ai colleghi di non capire il francese.
1. Springtime for Hitler
Esordio registico di Brooks, Per favore non toccate le vecchiette è la sintesi perfetta del suo genio comico, mettendo alla berlina il mondo dello spettacolo con una combinazione perfetta di satira, slapstick e grande musica. Il tutto culmina nel numero canoro più celebre della filmografia di Brooks, che gli è valso tre Tony e due Grammy per la trasposizione teatrale (il film ha inoltre vinto l'Oscar per la sceneggiatura): Springtime for Hitler, delirante ed orecchiabile ode alla gloria del dittatore nazista, ridotto ad una caricatura senza dignità nelle mani di un regista le cui origini ebraiche lo rendono perfetto per satirizzare una delle figure storiche più detestabili del ventesimo secolo. Senza dimenticare la partecipazione personale di Brooks, che ci regala la migliore delle sue tante apparizioni nei propri film: in originale, è sua la voce che recita la battuta "Don't be stupid, be a smarty, come an join the Nazi party!".