La commedia "casalinga" secondo Maurizio Ponzi: Ci vediamo a casa segna il ritorno del regista romano al cinema, dopo un periodo di inattività seguito a una lunga parentesi televisiva (sue erano infatti fiction come Il bello delle donne ed E poi c'è Filippo). Il film mescola, in tre storie indipendenti, i temi della crisi (con riferimento particolare, com'è facile intuire dal titolo, alla ricerca della casa) alla precarietà dei rapporti personali, declinati su tre coppie dei nostri giorni. Ponzi, già assistente di Pier Paolo Pasolini e regista di alcuni interessanti film negli anni '70, ha presentato la sua commedia alla stampa romana, insieme a gran parte del ricco cast: tra i presenti, Nicolas Vaporidis, Primo Reggiani, Edoardo Leo, Myriam Catania, Antonello Fassari, Giulio Forges Davanzati e Giuliana De Sio.
Ponzi, lei torna al cinema con una commedia leggera, ma con temi di una certa attualità, che giustificano un cast "giovanile".
Maurizio Ponzi: Avevo voglia di fare questo film da due, tre anni: alla fine, mi sono rifatto coraggio, visto che fare dei film oggi è sempre più diffcile, e l'aspetto "generazionale" conta. Potendo contare su un produttore giovane e su un cast di amici, sono riuscito a mettere su questo progetto; ne sono contento, è uno dei miei film che preferisco, e tratta temi importanti con una certa leggerezza e disinvoltura.
La scena di sesso più esplicita è tra Gaia e Stefano dopo che lui le "regala" le chiavi di casa: quella doveva necessariamente essere una scena esplicita. Quello tra Enzo e Andrea invece è un idillio, una storia tenera, che sarebbe stata guastata da scene più esplicite. Poi, certo, c'è anche il fatto che siamo in Italia...
Vaporidis e Reggiani, volete raccontarci il clima di questo film, e i vostri personaggi?
Nicolas Vaporidis: Avevo timore, all'inizio, non sapevo se un ruolo gay era nelle mie corde, e se potevo davvero raccontare qualcosa di nuovo. Ma Enzo non è un personaggio che deve scoprire la propria omosessualità, non deve dichiararsi: è un'omosessualità consapevole, la sua, la vive tranquillamente senza ostentarla. Si guardava più al sentimento. L'approccio è esattamente lo stesso di una storia etero, e per me ciò è stato in qualche modo anche istruttivo.
Primo Reggiani: A me dispiace solo parlare oggi di un film fatto un anno fa... lavorare con Nicolas e Maurizio è stato istruttivo, comunque. La storia l'abbiamo preparata insieme. Il film l'ho trovato di un'eleganza e di una delicatezza rare.
Edoardo Leo: Il mio personaggio è un ragazzo che ha avuto problemi con la giustizia, la sua è una storia come spesso ne leggiamo. Ho trovato la convivenza forzata col personaggio di Antonello molto divertente. Ho avuto la volontà, proprio oggi che non faccio il regista, di farmi dirigere, lasciarmi guidare da uno come Maurizio.
Giuliana De Sio, lei interpreta un personaggio particolare, una specie di figlia dei fiori sui generis.
Giuliana De Sio: E' un "mostro" simpatico, diciamo... un personaggio originale, una fricchettona fuori tempo che però, di quel mondo, ha solo il ricordo di vecchi scontri con la polizia. La sua è una visione sessualmente democratica della vita, accetta senza problemi il figlio gay, si fa le canne con lui, ma poi è anche razzista e avida. E' un personaggio non inscatolato, con varie contraddizioni. Ce ne vorrebbero di più, di personaggi così.
Quello tra lei e Maurizio Ponzi è ormai un rapporto trentennale. Come si è evoluto, nel tempo?
Non credo si sia evoluto, non ne aveva bisogno. Abbiamo iniziato con Hedda Gabler, un film per la tv tratto da Ibsen, che era una cosa anche molto nordica... siamo amici, abbiamo condiviso comunque cose ben più importanti dei film. I ricordi più importanti che ho di lui sono fuori dai set. Quando lui mi chiamerà, io ci sarò sempre.
Maurizio Ponzi: No, il contributo di De Cataldo è stato importante ma non per la trama: lui ci ha aiutato nel personaggio del poliziotto che perseguita Ambra, e anche nella costruzione della sequenza finale in chiesa. Ma i tratti salienti delle tre storie erano già delineati, lui non ha aggiunto altri elementi.
E' stato più difficile trovare una distribuzione che una produzione? Dario Argento, recentemente, ha detto che le commedie di bassa lega, in Italia, sono le uniche che vanno. Nel vostro caso, però, il percorso del film verso le sale è stato travagliato...
In effetti spesso è più difficile distribuire un film che produrlo. Quando si esce dalle due, tre distribuzioni maggiori si diventa degli "alieni" che a fatica devono trovare spazio nelle sale. Il nostro ritardo è dovuto anche alla canzone di Dolcenera, scritta appositamente per il film e andata al Festival di Sanremo: siamo arrivati a marzo-aprile con la situazione ancora in sospeso, allora abbiamo rovesciato il tavolo e abbiamo trovato l'incontro felice con Microcinema. La stagione stava concludendosi, quindi abbiamo aspettato l'autunno. Non credo che basti proporre una commedia per uscire al cinema, e poi ci sono commedie e commedie: questa ha una sua costruzione narrativa, non è a sketch.
Dal punto di vista pratico, la chiesa era una location quasi obbligatoria per il matrimonio: in realtà c'è un motivo più profondo e sottile. Il finale del film è una specie di piccolo giudizio divino sulle tre coppie: quella omosessuale culmina in una specie di matrimonio, Ambra ed Edoardo restano in una sorta di purgatorio, perché resta il dubbio su come sia avvenuta davvero la morte di Giulio, mentre gli altri due non sono neanche degni di entrare in chiesa: loro, infatti, non hanno formato una coppia, ma sono stati capaci solo di fare una società.
Myriam Catania, il suo personaggio le somiglia?
Miriam Catania: No, io non sono uguale a Gaia, lei è una privilegiata abituata ad avere tutto, che si vede regalare persino una casa e sbatte i piedi quando le viene portata via. C'è anche il tema della convivenza, di due ragazzi che si trovano a convivere subito, dopo pochi mesi. Lei cambia nel corso della storia, ma forse non in meglio. Ho dovuto lavorare sul personaggio, perché non è che mi somigli molto: è furba, arrivista.
Giulio Forges Davanzati: La nostra coppia è quella più difficile da narrare, perché loro sono due mostri di superficialità. Era interessante, però, vedere anche il loro lato umano; sono comunque persone vere, con degli slanci di umanità, e pur nella tranquillità economica hanno problemi di convivenza, come tutti.
Antonello Fassari: La bellezza del personaggio è che non è parente di nessuno, non è nonno come molti personaggi anziani che vediamo al cinema e in televisione. Inoltre è una persona sola, come raramente mi è capitato di interpretare, se non in ambiti drammatico-criminali: gli sono rimaste più che altro delle nostalgie. Mi piace il modo in cui esce di scena, salendo su un tram, visto che i tram sono stati la sua vita. A me sinceramente dispiace non aver conosciuto un regista come Maurizio prima. Ho già compiuto i 60, e non ho nessuna paura di invecchiare: questo è un lavoro che ti permette di invecchiare con i personaggi.
Ponzi, ci sono differenze tra questa commedia e quelle che faceva anni fa? Maurizio Ponzi: Io non credo di essere cambiato, rispetto alle commedie che facevo anni fa. Alcune hanno avuto un tono più comico, altre più sfumato, ma non credo di aver mai cambiato il mio approccio ai personaggi.
Continuerà col cinema o tornerà in televisione?
Continuerò con il cinema, credo. In televisione è diventato più faticoso lavorare, e poi ora non mi accontenterei più dei risultati di prodotti come Il bello delle donne: sono diventato più esigente, ora, specie visti i risultati delle serie americane. Ora sto preparando un altro film, una nuova commedia, forse anche più divertente di questa.