Quello di The Batman è un uomo pipistrello nuovo, diverso. Ve lo abbiamo raccontato in vari modi in questi giorni, e vi abbiamo raccontato tutti gli ingredienti per un cocktail dal sapore nuovo. Che sono un Batman ispirato a Kurt Cobain, la musica dei Nirvana, l'idea di farne un vero e proprio thriller alla Seven di David Fincher. E ancora, la Catwoman di Zoe Kravitz, e i villain, l'Enigmista di Paul Dano e il Pinguino di Colin Farrell. È un Batman oscuro, nero come la pece, un film dall'impianto visivo di quelli che non ci si scorda facilmente. Ma chi c'è dietro a tutto questo? A dare una nuova impronta a Batman è Matt Reeves, regista che forse non ha ancora un nome come quello di grandi autori che lo hanno preceduto nella saga, o che hanno firmato altri cinecomic. Ma è un artista in grado di confezionare sempre ottimi film, a volte sorprendenti. La sua cifra è proprio quella di costruire, o meglio ri-costruire mondi e immaginari, anche quando questi erano piuttosto impressi chiaramente nel pubblico. Forse di Matt Reeves non si ricorda il nome, ma si ricordano i suoi film.
Cloverfield: riscrivere il Monster Movie
Ai tempi di Cloverfieldil nome di Matt Reeves era rimasto praticamente in secondo piano, visto che il film era stato lanciato ovunque come l'ultimo progetto di J.J Abrams, che all'epoca era sulla cresta dell'onda per la sua serie Lost, e aveva anche diretto il terzo episodio di Mission: Impossibile. Cloverfield è a tutti gli effetti la prima riscrittura di Matt Reeves. Che ha preso il Monster Movie, il film alla King Kong o alla Godzilla, e ne ha fatto qualcosa di completamente nuovo. E da diversi punti di vista. Il palcoscenico della vicenda è una New York sconvolta dall'attacco di qualcosa, ferita e devastata in questa storia di fantasia come lo era stata nella realtà dell'11 settembre 2001. New York è ancora trafitta: la testa della Statua della Libertà sradicata dal suo corpo che precipita in strada, l'Empire State Building che crolla mentre fogli volano e la gente corre coperta di polvere ci rimandano angosciosamente a quel martedì del settembre 2001, mentre come allora i TG cercano di mostrare quello che hanno colto della tragedia. L'altra idea che riscrive il Munster Movie è aver scelto come mezzo espressivo la tecnica del found footage, lanciata da The Blair Witch project - Il mistero della strega di Blair. Cloverfield è girato come se fosse la ripresa di un video amatoriale, e come se le immagini fossero registrate cancellando una precedente cassetta. Le cui scene appaiono ogni tanto sulla registrazione più recente. Sono immagini di felicità che stridono con quelle della tragedia in corso, e per contrasto la rendono ancor più terribile, ineluttabile. È un modo originale per far vivere i flashback e alternarli al racconto del presente. Il mostro, in Cloverfield, all'inizio si vede poco, si vede in maniera parziale, come è normale che sia in quella che è una ripresa amatoriale. Ecco come Reeves ha riscritto un genere.
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Blood Story: Riportare i vampiri nel mondo horror, nell'America di Reagan
Proprio J.J. Abrams, quando era a Roma per presentare il suo Star Trek, si era sentito chiedere se aveva opzionato i diritti di Lasciami entrare. "Purtroppo no, li ha presi Matt Reeves" aveva risposto. Segno che quella storia gli piaceva. Blood Story è il titolo italiano di Let Me In, che è il remake hollywoodiano di Lasciami entrare, il film svedese tratto dal famoso romanzo omonimo. Ancora una volta si è trattato di riscrivere, di reinventare. Il Lasciami entrare originale era un film molto particolare, un horror raggelato e raggelante arrivato dalla Svezia, e molto diverso dai film di vampiri che avevamo visto fino a quel momento. La storia è quella di un bambino di dodici anni, dai genitori perennemente assenti, che è vittima di episodi di bullismo. Un giorno arriva nel suo condominio una ragazzina della stessa età, accompagnata da un uomo più anziano, che potrebbe essere suo padre. Mentre i due ragazzini legano, l'uomo si rende protagonista di efferati delitti. Matt Reeves riscrive completamente il film. Dalla Svezia passa a Los Alamos, New Mexico, Stati Uniti d'America. Matt Reeves rilegge bene l'opera originale, lascia intatta la storia e l'atmosfera desolata e raggelata. A cambiare sono i momenti delle aggressioni, più horror che nell'originale. La piccola protagonista ha gli occhi malati e i movimenti velocissimi di un ragno indemoniato, andando a posizionarsi in un immaginario tra L'esorcista e i mostriciattoli di Cloverfield. Ma Reeves riesce a trovare un suo stile personale: filma con la macchina da presa addosso a corpi, volti e oggetti, dove l'originale prediligeva di più i campi lunghi e il fuoricampo. In fondo, con Blood Story ha accentuato il lato horror di un film che in fondo è horror fino a un certo punto, che parla in fondo dell'orrore dell'adolescenza, di un'età in cui si è in trasformazione e capire la propria identità è sempre complicato. Matt Reeves, poi, sposta l'azione nell'America del 1983, e in scena, attraverso le tv, vediamo spesso Ronald Reagan. Un personaggio che arriva dai ricordi del Reeves adolescente, ma che qui rappresenta anche l'impossibilità di distinguere il bene dal male.
Il pianeta delle scimmie: Riscrivere una saga storica
Ed è un'opera di riscrittura anche Il pianeta delle scimmie, operazione nata dichiaratamente come un reboot. Matt Reeves qui è entrato in scena con il secondo capitolo, dopo che la saga era ripartita con una grande idea: L'alba del pianeta delle scimmie, primo film della nuova saga (diretto da Rupert Wyatt), allo stesso tempo reboot e prequel di tutta la serie classica, mostrava come tutto aveva avuto inizio, con una serie di esperimenti dell'uomo (per trovare una cura contro l'Alzheimer), con un finale che apriva sviluppi a ogni possibilità, e con un protagonista assoluto. Parliamo di Caesar, lo scimpanzé interpretato da Andy Serkis (che in The Batman torna al fianco di Matt Reeves per fare un inedito Alfred) grazie alla tecnica della performance capture. Nei film di Rupert Wyatt e Matt Reeves questo ha fatto sì che le scimmie diventassero "umane" ed espressive pur restando scimmie, in modo molto diverso dagli ingenui make up dei film degli anni Sessanta, che in qualche modo le rendevano comunque antropomorfe. Con Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie (Dawn Of The Planet Of The Apes in originale) e poi The War - Il pianeta delle scimmie Caesar diventa il leader della nazione delle scimmie. Matt Reeves, anche se subentrato in corsa, anche qui è riuscito a riscrivere un mondo già noto. Nei suoi film una saga che conoscevamo come fantasy e fantascienza diventa più chiaramente un action e un war movie. Allo stesso tempo c'è più azione e anche più approfondimento dei personaggi. Sì, parliamo proprio delle scimmie e di quel Ceasar di Andy Serkis, forse il miglior personaggio creato in motion capture. Le scimmie diventano protagoniste e non solo "specchio" degli umani. Curiosamente Matt Reeves ha dato la sua interpretazione della saga dopo che, con scarso successo, ci aveva provato Tim Burton. Qualche anno dopo si sarebbe cimentato in un altro campo in cui aveva operato Burton, quello di Batman. E, anche stavolta, senza sfigurare affatto. Il suo nuovo Batman è ancora una volta una riscrittura originale. Ma questa è un'altra storia, è storia di oggi. Da vedere, al cinema.