Circa due anni fa arrivava su Netflix - ci verrebbe da dire quasi in sordina - la serie TV Master of None, ideata e scritta da Aziz Ansari e Alan Yang, rispettivamente già interprete e sceneggiatore/produttore della comedy di successo Parks and Recreation. Ci siamo permessi di dire "quasi in sordina" soltanto perché in Italia purtroppo la serie è poco nota e apprezzata, ma è bene far notare che negli USA la prima stagione dello show ha ottenuto un consenso praticamente unanime dalla critica (un punteggio di 91 su Metacritic e addirittura il 100% su Rotten Tomatoes) e quattro nomination agli Emmy, tra cui un premio vinto per la migliore sceneggiatura per una commedia.
Nel momento in cui sta per arrivare la seconda stagione, di cui abbiamo visto in anteprima i primi cinque episodi, Master of None non è solo quindi l'ennesima scommessa vinta da Netflix, ma anche una delle poche comedy (o forse sarebbe meglio dire dramedy) degli ultimi anni che è riuscita ad unire originalità, divertimento ed un lucido sguardo sull'America e sulle sue (più o meno) meravigliose contraddizioni. In questo anno e mezzo di attesa per la nuova stagione per il talentuoso Ansari è arrivato addirittura un degno rivale, l'altrettanto fenomenale Donald Glover con Atlanta, altra geniale serie rivelazione che affronta in modo quasi speculare molti degli stessi argomenti: stereotipi socio-culturali e difficoltà di integrazione soprattutto nel mondo dello showbiz.
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Se Atlanta è però anche una satira feroce, uno show che non ha paura, anche attraverso provocazioni vere e proprie, di parlare in modo chiaro di razzismo, intolleranze ed anche violenza, Master of None ha il grande merito di essere qualcosa di diverso: più semplicemente uno spaccato ironico ma anche romantico e divertito sulla vita, sul lavoro e sull'amore visto dal punto di vista di Ansari. Ovvero un trentenne newyorchese che cerca di portare avanti (non troppo convinto a dire la verità) la sua carriera da attore e la sua vita sentimentale, ma che deve fare i conti - oltre che con le difficoltà quotidiane di tutti noi - anche con il suo essere figlio di genitori indiani e per questo con il suo essere vittima di tabù, regole familiari e religiose quanto di generalizzazioni e stereotipi che in realtà non gli apparterrebbero. Perché sia Aziz l'attore/autore che il personaggio che interpreta, Dev Shah, è ormai newyorchese al 100%.
An indian-man in New York
Con l'ironia che lo contraddistingue, Ansari già nella prima stagione aveva colpito nel segno con alcuni episodi davvero perfetti in cui scherzava, ma al tempo stesso criticava, l'industria cinematografica e televisiva americana che non può permettersi di offrire ruoli ad attori indiani se non quelli che siamo abituati a vedere sempre: alzi la mano chi non ha mai visto un tassista indiano sullo schermo! Ecco, Dev e Aziz non ci stanno: non vogliono sempre i soliti ruoli, non vogliono fare un finto accento indiano solo perché il pubblico se lo aspetta e non vogliono che lo spettatore della serie si aspetti uno show "etnico" o comunque di protesta solo per il suo colore delle pelle.
Master of None è invece uno show newyorchese fino al midollo, tanto che in alcuni momenti ci si aspetta quasi di veder spuntare un giovane Woody Allen. E Ansari non nasconde mai questo suo ispirarsi al più alto dei modelli in fatto di commedie metropolitane ed incredibilmente riesce benissimo ed esserne un degno erede. Così come riesce benissimo a far pensare al famoso "nulla" di Seinfeld senza mai imitarlo: di simile resta solo quella quotidianità apparentemente banale ma raccontata sempre con una vivacità ed una freschezza che difficilmente ha avuto eguali negli ultimi anni.
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Mangiare oh, oh
Se per molti di questi aspetti appena citati anche questi nuovi episodi sembrano rimanere in linea con i precedenti, nel cominciare questa seconda stagione non si può che notare subito un grande cambiamento: fotografia in bianco e nero in stile neorealista, un titolo (Il ladro) che fa pensare al capolavoro di Vittorio De Sica, l'inconfondibile voce di Mina (Più di te), luoghi splendidi e familiari e il fascino immortale del cibo più amato del mondo. Insomma sì, siamo in Italia e più precisamente a Modena (non diciamo la patria del tortellino per non far arrabbiare i bolognesi ma se Aziz ha scelto di girare qui un motivo ci sarà... quindi prendetevela con lui!) dove il buon Dev ha deciso di trasferirsi temporaneamente dopo gli eventi della stagione precedente e la dolorosa rottura con la spumeggiante Rachel per imparare a fare la pasta artigianale. E per mangiarne, tanta!
Il cibo è sempre stato un elemento importante dello show, ma mai quanto nei primi due episodi ambientati in Italia, tanto che, tra decine di meravigliose portate che fanno venire l'acquolina in bocca perfino a noi che siamo abituati (figuriamoci agli americani!), compare addirittura sua maestà Massimo Bottura e la sua celeberrima Osteria Francescana. E se, soprattutto nel primo episodio, ogni tanto affiora qualche luogo comune di troppo così come qualche problema tipico di pessimo casting locale - un vizio che purtroppo è condiviso da quasi tutte le coproduzioni internazionali ambientate da noi, possibile che nessuno se ne sia mai reso conto? - è anche vero che proprio davanti al trascinante e coinvolgente entusiasmo di Ansari e il suo degno compare Eric Wareheim (che interpreta il miglior amico Arnold ma è anche regista di molti episodi) per il cibo, la lingua ("Alooora?") e le ambientazioni nostrane non si può certo rimanere indifferenti. Oltre ad uno degli chef più famosi del mondo, va comunque notato che sono presenti in ruoli più o meno piccoli sia Riccardo Scamarcio che la bella e convincente Alessandra Mastronardi, una giovane italiana al cui fascino Dev fatica a resistere.
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L'amore (e la vita) ai tempi delle app
Se il cibo è probabilmente il primo grande amore del nostro protagonista, la sua vita sentimentale è sempre piuttosto movimentata e la ricerca di una sostituta di Rachel, per nostra fortuna, molto divertente. In particolare l'episodio quattro di questa seconda stagione, intitolato appunto First Date, rappresenta un piccolo gioiello di comicità ed un esempio di come le serie non solo siano ormai eccellenti da un punto di vista tecnico (montaggio, script e recitazioni sono semplicemente perfetti) ma anche di come siano in grado di cogliere, molto più del cinema o di qualsiasi altra arte, tendenze ed atteggiamenti dei nostri giorni. E così ad esorcizzarle. Sfidiamo chiunque, dopo la visione di questo episodio, ad usare o semplicemente pensare a Tinder o app analoghe senza trattenere un sorriso. E magari canticchiare ba-bop-ba-dop-bop come Scatman Joe!
Ma proprio perché Master of None è una serie molto intima e personale, capita che con l'episodio immediatamente successivo (con Bobby Cannavale e John Legend come guest star d'eccezione) si cominci ridendo a crepapelle e si finisca profondamente immalinconiti (complice anche la bellissima Say Hello, Wave Goodbye dei Soft Cell), vicini e solidali a Dev. Un personaggio così lontano da tutti noi per origini, tradizioni e modo di vivere eppure capace di rappresentarci nella quotidiana ricerca di un qualcosa che ci faccia stare bene e che dia un senso alla nostra vita. Perché ormai tutti oggi, proprio come Dev/Aziz, siamo esperti di tutto e maestri in nulla. Meno che mai in amore.
Movieplayer.it
4.0/5