Da quasi un anno e mezzo stiamo vivendo quella che è la Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe, una fase ancora più ricca del solito perché, dal 2019, i Marvel Studios si sono messi a produrre in proprio anche le serie TV, realizzate per Disney+. E se già con i film talvolta c'è l'impressione che possa servire un ripassino (questo soprattutto per i crossover nei lungometraggi dedicati agli Avengers), con l'aggiunta dei racconti seriali in streaming qualche dubbio in più su quanto tempo vada dedicato a questi personaggi per capire tutto è lecito. Alla luce delle uscite più recenti, proviamo a fare il punto della situazione, partendo da un elemento ormai defunto noto come Marvel Television. Attenzione, questo articolo contiene alcuni spoiler per le miniserie Marvel realizzate finora.
In principio fu un altro reparto
Nell'autunno del 2013 arrivò sul piccolo schermo Agents of S.H.I.E.L.D., la prima serie teoricamente ambientata nel Marvel Cinematic Universe. Diciamo "teoricamente" perché la canonicità di quello show, così come quella degli altri prodotti seriali targati Marvel Television (quelli per Netflix, ad esempio), è sempre stata oggetto di controversia, principalmente perché se da un lato la serie approfondiva elementi dei film, dall'altro i lungometraggi, fino al 2019, non menzionavano manco per sbaglio gli eventi delle serie (con la parziale eccezione di Avengers: Endgame, dove appare Edwin Jarvis, introdotto in Agent Carter). Il motivo, in realtà, era soprattutto pratico: mentre era possibile far leggere agli showrunner le sceneggiature dei film, diventava impossibile fare l'opposto perché nell'arco di tempo che ci vuole per completare uno dei lungometraggi la troupe televisiva può aver già consegnato due stagioni. Aggiungiamo che tra i Marvel Studios e l'unità televisiva non correva buon sangue a livello burocratico, perché la seconda era sotto il controllo di Ike Perlmutter, estromesso dal ramo cinematografico dopo che rischiò di mandare in malora la lavorazione di Captain America: Civil War (voleva ridurre o addirittura eliminare del tutto il ruolo di Tony Stark).
Diverso il discorso per le miniserie avviate con la Fase Quattro, in quanto prodotte direttamente dai Marvel Studios e supervisionate da Kevin Feige: WandaVision, The Falcon and the Winter Soldier, Loki, Hawkeye e compagnia bella sono indubbiamente parte del MCU, con attori che appaiono su entrambi i tipi di schermo e, in alcuni casi, gli showrunner che danno manforte ai colleghi cinematografici (Michael Waldron, che ha curato la prima stagione delle avventure di Loki, ha anche riscritto il copione di Doctor Strange nel Multiverso della Follia dopo l'ingaggio di Sam Raimi). E non mancano elementi importanti in queste serie, come tutta la nozione del Multiverso o i primi indizi su una possibile formazione dei cosiddetti Young Avengers, per non parlare del debutto (indiretto) del prossimo grande antagonista ricorrente del franchise, Kang il Conquistatore. Un bel calderone di materiale, insomma, proprio come nell'universo fumettistico.
Loki, la spiegazione del finale: la fine è il nuovo inizio
Troppa roba?
Al che sorge spontanea la domanda: queste nuove avventure seriali made in Marvel sono una visione obbligata per chi vuole seguire i film? Non per forza, così come non è necessario aver visto tutti i lungometraggi per capire quello che succede, salvo casi eccezionali. Prendiamo in considerazione quello che accade nelle miniserie viste finora: alla fine delle rispettive storyline, Wanda Maximoff è nuovamente da sola, Sam Wilson è confermato come nuovo Captain America, e Clint Barton rimane felicemente in pensione. Tutte cose che fanno sì che i loro ritorni al cinema non risultino poco comprensibili agli spettatori occasionali. Sì, anche per Wanda nel sequel di Doctor Strange: le informazioni essenziali ci sono tutte, con tanto di allusione ironica al legame tra i due titoli ("Non sono qui per parlare di Westview", dice Strange). Anche il Multiverso risulta di facile fruizione spettatoriale, senza aver visto le serie in cui è tirato in ballo, e difficilmente sarà necessario sapere che c'è una variante di Loki in libertà per apprezzare Thor: Love and Thunder. Anche perché, con il franchise in continua espansione, sarebbe controproducente rendere la macrostoria troppo contorta, trasformando il mondo Marvel in fenomeno di nicchia che non sarebbe più in grado di attirare nuovi spettatori. Perché c'è chi segue tutto questo fin dall'inizio (incluso chi scrive), e chi invece vi si avvicina adesso, tramite Ms. Marvel, per esempio. Ed entrambe le tipologie di spettatore hanno la stessa importanza, in qualunque universo.