Marlina - Omicida in quattro atti: la vedova col machete

Feroce ed essenziale, il film di Mouly Surya si scaglia contro gli orrori del patriarcato e della condizione della donna nell'Indonesia rurale. Splendida la protagonista Marsha Timothy, e da applausi il commento musicale che sposa atmosfere morriconiane con la tradizione indonesiana.

Un anno dopo aver perso il suo unico figlio, Marlina è di nuovo in lutto. In qualche modo, suo marito è ancora con lei: il cadavere mummificato siede in un angolo della sua modestissima dimora, in attesa che la giovane vedova, sola e senza mezzi, riesca a mettere da parte abbastanza denaro per un costoso funerale tradizionale. Le sue speranze di dare una sepoltura degna al marito sono spazzate via quando un uomo di nome Markus le fa visita, annunciandole che i suoi amici banditi stanno per raggiungerlo. Le porteranno via i risparmi, il bestiame, e poi, uno dopo l'altro, la renderanno "la donna più fortunata del mondo".

Marlina, omicida in quattro atti: un'immagine tratta dal film
Marlina, omicida in quattro atti: un'immagine tratta dal film

Nel cuore solitario dell'isola di Sumba, Marlina non ha nessuno a cui rivolgersi per chiedere aiuto. Prepara la cena per i suoi aguzzini, ma la sua ottima zuppa di pollo contiene un ingrediente speciale. In serbo per Markus, che salta la cena, c'è un altro genere di delizia.

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Sola, ma non inerme

Marlina, omicida in quattro atti: un'immagine del film
Marlina, omicida in quattro atti: un'immagine del film

"Sei bella, ma sei sola", dice il bandito alla sua vittima, che risponde a monosillabi, pietrificata nel terrore e nell'impotenza. Con pochi tratti incisivi come questo, Mouly Surya (che ha basato il suo film su un soggetto di Garin Nugroho, con lei uno dei più importanti cineasti indonesiani) delinea la condizione della donna nella regione: perso il compagno, Marlina diventa priva di qualsiasi possibilità di agire, di qualsiasi protezione, di qualsiasi dignità umana. I delinquenti l'hanno osservata, conoscono la sua situazione e sanno che una donna sola è una preda semplice, che non opporrà resistenza e che non ha speranza di soccorso.

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Marlina, omicida in quattro atti: un'immagine del film di Mouly Surya
Marlina, omicida in quattro atti: un'immagine del film di Mouly Surya

Lo script di Marlina - Omicida in quattro atti è costellato di elementi che illuminano la degradante e disperata condizione femminile, un fiume di discredito e umiliazioni nei confronti delle donne "che amano fare le vittime" e "creano sempre problemi". Non che abbiamo bisogno di arrivare fino all'unica sgangherata stazione di polizia di Sumba per vedere come viene trattata una donna che denuncia uno stupro, visto che scene del genere continuiamo a vederle anche nel civilissimo occidente. Ma per lo meno l'alfabetizzazione e le ecografie ci mettono al riparo da sciagure come quella che capita a Novi, amica di Marlina accusata di aver tradito il marito a causa di una gravidanza post-termine ("Se non nasce è perché il bambino è podalico, quindi frutto di adulterio").

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Questa non è una vendetta

Di questi tempi parlare di femminismo spavaldo, rabbioso e pienamente giustificato può farci incorrere immediatamente nelle ire della gente urtata e spaventata dal "temporaneo" (?) potere mediatico delle donne, foriero di giustizialismo, puritanesimo, processi sommari e quant'altro. Ma quella di Marlina non è vendetta: è legittima difesa. Non ha alternative se non quella di subire, e stavolta non ci sta. Le grida e gli applausi del pubblico durante la proiezione di Cannes, dove il film è stato presentato nell'ambito della Quinzaine des Réalisateurs nel maggio dello scorso anno, non inneggiavano a una sadica rivalsa sul maschio oppressore ma a un giusto e auspicabile rifiuto dello status perenne di vittime inermi.

Marlina, omicida in quattro atti: una scena del film
Marlina, omicida in quattro atti: una scena del film

A parte il discorso sui contenuti, indubbiamente fertile, Marlina è anche un film di fattura più che pregevole, soprattutto per quanto riguarda la fotografia, tutta giocata sul contrasto tra la penombra dei miseri interni e gli sfolgoranti esterni, e il commento musicale, un entusiasmante connubio tra sonorità morriconiane che ci portano nella dimensione del western al femminile e tradizione indonesiana. E poi c'è lei, Marsha Timothy, che costruisce la sua performance lavorando in sottrazione ed incarna un'eroina convincente, umile e complessa, non certo una monolitica e sanguinaria vendicatrice.

Movieplayer.it

3.5/5