Ancora oggi, quando Santa Maradona viene proiettato in pubblico, la gente accorre in massa. E dice le battute prima che le dicano gli attori. Questo accade solo quando un film assurge allo status di film cult. E Santa Maradona di Marco Ponti è stato, ed è, un piccolo grande cult movie che diciassette anni fa (ma sembra ieri) ha cambiato un po' le cose nel cinema italiano, dimostrando che era possibile fare qualcosa di diverso, che avesse un respiro internazionale. Senza Marco Ponti, probabilmente, oggi non ci sarebbero stati film come Lo chiamavano Jeeg Robot, Smetto quando voglio, Veloce come il vento.
Nel frattempo Marco Ponti, cinquant'anni, torinese, ha girato un altro ottimo film, A/R Andata + Ritorno, e poi è scomparso un po' dalle scene. Si è occupato di musica, girando un film con Jovanotti e un video per Vasco Rossi, ha scritto diverse sceneggiature, ha fatto la regia di alcuni film più classicamente italiani, come Io che amo solo te e La cena di Natale. Ma il Ponti di Santa Maradona ci mancava molto. Così, ritrovarlo nel suo nuovo film, Una vita spericolata, che per lui è una sorta di ritorno a casa, è una bella sorpresa. Ponti è di una simpatia e di un'umanità coinvolgenti, e parlando con lui si capisce da dove vengano certe sceneggiature così particolari. Abbiamo parlato del suo ultimo film, dei suoi esordi, di figli e di musica rock. Il senso di Ponti per la musica è sempre stato particolare, dai Motel Connection che firmavano la colonna sonora di Santa Maradona, a Samuel, che chiude il film con una nuova canzone, Dove scappi. Ma nel suo nuovo film c'è anche un certo Tom Morello, il chitarrista dei Rage Against The Machine...
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Una sceneggiatura orribile e un titolo respingente...
Quali sono stati i fattori e tutte le congiunzioni astrali che hanno fatto sì che nel 2001 potesse nascere un film come Santa Maradona?
In qualche modo è stato un passaggio a vuoto del cinema italiano: io avevo scritto una sceneggiatura, e mi era stato detto che era orribile, e aveva un titolo respingente. E che non sarebbe diventata mai nulla. Dopo molti rifiuti - non conoscevo nessuno nel mondo del cinema e avevo spedito per posta la sceneggiatura a vari produttori che non rispondevano o mi dicevano che la sceneggiatura era un affronto - un produttore, Mikado, mi aveva detto che era interessato perché era stramba. Allora mi hanno detto: "Bisogna trovare un regista". Ho detto che l'avrei fatto io. E non erano d'accordo, perché non avevo mai girato niente. Io ho detto: "O è così o lasciamo perdere". A quel punto mi hanno dato un budget ridottissimo, il minimo immaginabile per fare un film. Il che è un privilegio enorme: un film che non aveva alcun tipo di aspettativa, che secondo loro non avrebbe segnato niente, equivaleva a una pressione abbastanza relativa. Alla fine il film venne prodotto, nel disinteresse più assoluto, e uscì in sordina, in pochissime sale. E fu molto amato, soprattutto nel tempo. Erano forse anni in cui si accettava di produrre un prototipo, strano, slegato da tutto. Dicendo: male che vada, non abbiamo speso niente.
Fino a quel momento, in Italia, nessuno aveva pensato di fare un cinema in cui si parlasse come nella vita reale, tra amici...
Raccontavo una generazione che conoscevo, che era la mia. Una cosa che mi ha colpito molto è che, tre settimane fa, la Film Commission di Torino ha fatto una proiezione di Santa Maradona: mi immaginavo che non interessasse a nessuno, e invece la sala era strapiena, con la gente in piedi. E, prima delle battute, il pubblico le diceva, le sapeva a memoria. È come The Rocky Horror Picture Show! Ero fuori di me. E ho chiesto: chi di voi ha visto il film al cinema? Nessuno. Il novanta per cento delle persone lo aveva scaricato. Ed è incredibile come oltre 15 anni dopo questo film abbia ancora una sua vitalità. Santa Maradona è stato un bug del Sistema, non era il Sistema...
Fare il secondo film è così difficile come fare il secondo album per una band?
La pressione ce la metti tu. Gli inglesi hanno un termine per definire gli studenti del secondo anno di università: sophomore. Al secondo anno sei ancora cinquanta per cento in gamba e cinquanta per cento stupido. E al secondo film sei così. Fai delle cose fichissime e delle cazzate colossali...
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Il prototipo è l'energia del Sistema
Crede che Santa Maradona abbia influenzato molto del cinema italiano che sarebbe venuto negli anni seguenti?
Mi è capitato di assistere a delle scene e dire: ""Guarda!". Mi ha colpito molto che in Smetto quando voglio il personaggio di Libero De Rienzo si chiamasse Bart, stesso attore e stesso nome del mio personaggio. In vari film italiani mi è sembrato di vedere delle piccole cose, magari uno scazzo tra due attori che sembrava quello tra Stefano Accorsi e De Rienzo.
Crede che senza Santa Maradona anche un film come Lo chiamavano Jeeg Robot, altro film per cui abbiamo gridato al miracolo, non ci sarebbe potuto essere?
Mi piacerebbe essere così presuntuoso da dire che, sì, viene tutto da me. Ma non lo so, non credo. Penso che Gabriele Mainetti abbia un suo talento e abbia pensato a una bella equazione: supereroe + Italia. E che Matteo Rovere abbia anche lui una bella testa. Mi ricordo quando, qualche anno fa, mi aveva detto che avrebbe voluto girare un film sulle corse e la gente gli diceva che era matto. A me era sembrata subito una figata. Secondo me, ciclicamente, il cinema italiano deve produrre prototipi: perché se produciamo solo auto di serie dopo un po' l'industria cessa di esistere. Il prototipo non è l'eccentricità del Sistema. È l'energia del Sistema.
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Cinema, figli e rock'n'roll
Dopo A/R Andata + ritorno, dal 2004 al 2013 non ha girato film. Dove è finito Marco Ponti per tutto quel tempo?
Ho fatto quattro bimbi.... il desiderio del cinema in me era fortissimo. Contemporaneamente c'era il desiderio della famiglia. Il cinema, come sappiamo, ti porta via tutto quello che hai. Non ho avuto un figlio, né due, ne ho avuti quattro. Poi apri gli occhi e dici: che anno è? Come mai non ho fatto un film? Poi vedo loro, e penso che siano loro il film.
Ha sempre avuto un grande rapporto con la musica: dai Motel Connection a Jovanotti e Vasco Rossi, per il video Il mondo che vorrei...
Ho tanti amici musicisti. In Una vita spericolata c'è un bellissimo ritorno, quello di Samuel, che aveva lavorato a Santa Maradona con i Motel Connection, che erano lui, Pierfunk e Pisti. Pierfunk, che è stato il bassista e il fondatore dei Subsonica, era un mio compagno di scuola. Ricordo i Subsonica quando non erano ancora Subsonica, e Samuel e Boosta venivano da una band che si chiamava Gli amici di Roland, che facevano cover di sigle di cartoni animati, mentre Ninja studiava al Politecnico e Max Casacci era il chitarrista degli Africa Unite. Era il nostro contesto, e mi è rimasto molto dentro. L'incontro con Vasco è stato bellissimo: è l'unico mito assoluto che, quando lo incontri, è all'altezza. Gli ho detto: Vasco, ma tu sei come le piramidi, ci sei sempre stato e ci sarai sempre. Ed è davvero una persona meravigliosa. Con Jovanotti abbiamo fatto un film sulla tournee di Safari, Nessuna ombra intorno, sono stato molto con lui. E adesso c'è stata questa collaborazione con Tom Morello dei Rage Against The Machine...
Ecco: come è nata la collaborazione con Tom Morello? Anche lui è all'altezza del suo mito?
È un figo pazzesco. Ma devo dire che ero in una soggezione tale che ho fatto il rischio scena muta. Ho provato a parlare di baseball, e dei Chicago Cubs, e mi sono detto: ma che stai dicendo? Morello l'ha contattato Gigi Meroni, compositore italo americano che ha lavorato alle musiche del film. Lui lo conosceva, tramite altri musicisti, gli ha fatto vedere il film e lui ha detto: ok, ci sto. Inizialmente doveva suonare su un piccolo pezzo, poi si è entusiasmato e ha suonato su tutta la colonna sonora. E anche nel pezzo di Samuel dei titoli di coda. Siccome aveva molta voglia, si è messo anche a fare degli assoli di chitarra di sound design, che noi abbiamo usato in maniera non narrativa: gli elicotteri del film, che si sentono in lontananza, sono stati fatti da Tom. Ha un modo di suonare unico. Lo guardi, e rimani ipnotizzato.
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C'è commedia e commedia
I suoi ultimi film rientrano nel filone della commedia classica italiana...
Io che amo solo te e La cena di Natale per me sono stati due film molto importanti perché voleva dire misurarmi con il sistema classico, fare un film con le star famose e le aspettative che ne conseguono. C'erano temi che mi interessavano, il rapporto padre-figlio, quello tra fratelli. È una voglia di misurarsi, è come se un pittore astratto decidesse di fare il figurativo.
Una vita spericolata è un ritorno alla commedia di Santa Maradona, e allo stesso tempo un'evoluzione..
È ovvio che la forza della commedia è che puoi declinarla in mille modi: puoi farla romantica, generazionale, surreale, grottesca, folle. Qui per me è stato una specie di ritorno a casa, di libertà. Il che non vuol dire prendere le distanze dall'altra. A me piacerebbe da matti poter dire che ogni mio film è diverso, che il prossimo sarà ancora diverso da questo.
In una vita spericolata c'è molto cinema americano, Quentin Tarantino, Ridley Scott. Quali sono stati i riferimenti?
Come dico sempre: i Fratelli Coen, Niccolò Ammaniti, Bud Spencer e Terence Hill, Sugarland Express, il cinema politico americano degli anni Settanta dove c'è il singolo contro il sistema, il povero contro tutti, i poliziotti che ti inseguono e tu devi scappare. Un cinema un po' eversivo.
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Noi siamo i buoni
Uno dei protagonisti dice due volte "noi siamo i buoni". Credo che questo intercetti qualcosa che oggi c'è nella nostra società: va tutto male, gli onesti non lo sono fino in fondo, e c'è una grande voglia, nella gente, di stare dalla parte giusta, di essere i buoni senza sapere veramente come...
Io ci credo. Ci credo tantissimo. Oggi come oggi quando a volte senti parlare di uno che ha evaso il fisco, o ha fatto delle truffe, dicono: "sei stato stupido a farti prendere". Dico: no. Non si fa. Non è che se ti rubo il telefonino in un tuo momento di distrazione è perché tu sei un pollo. È che io sono un ladro. I miei personaggi fanno le scelte sbagliate, ne combinano di tutti i colori, ma non perdono di vista il fatto che loro sono i buoni. Quando BB va da Massimiliano Gallo, con la macchina in fiamme, e dice: "Tranquillo, noi siamo i buoni", vuol dire anche "noi non siamo quella roba lì". Se vedi i telegiornali è molto facile che la gente abbia dimenticato che c'è qualcuno che certe scelte le fa, e non sono i buoni. Uno che concepisce di mettere i migranti messicani in delle gabbie, separando i bambini dagli adulti, e noi sappiamo cosa voglia dire, quello non può essere un buono. È un enorme passaggio a vuoto dell'umanità. E uno dice: no, io no. Poi lo raccontiamo sotto forma di commedia. Ma il messaggio è quello.